Mi irrita il politicamente corretto. Sono milanista, conservatore prima che liberale, cattolico, polemico, un po' contraddittorio: rispetto le idee di tutti, nessuno ha il monopolio della Verità, ma più ancora rispetto le mie Tradizioni, le mie Radici, la mia Gente. Nessuno mi tocchi l'Italia, perché m'incavolo: sono Il Forcone del Diavolo, mica Santa Maria Goretti!!!
domenica 9 febbraio 2014
Lavori in corso: il post Napoli-Milan
Subito dopo il disastroso Mondiale del 1974, dove un'Italia tecnicamente fortissima ed all'inizio data favorita, ma concettualmente vecchia e anagraficamente datata, si era fatta sbattere fuori a sorpresa al primo turno da un'Argentina discreta e nulla più
e dalla sconosciuta Polonia di Deyna, Lato e Tomacevsky, al posto di Valcareggi vennero chiamati alla guida tecnica Enzo Bearzot e Fulvio Bernardini.
In un panorama tecnico desolato e desolante, dove le nuove idee olandesi stavano facendo irruzione nelle casamatte del vecchio calcio all'italiana ma i vecchi draghi erano ancora alla ribalta, senza che ci fossero apparentemente all'orizzonte chissà quali sostituti all'altezza, la coppia dei neotecnici azzurri si lanciò in un lavoro di ricerca e selezione intensissimo, convocando decine di giovanotti spesso sconosciuti al grande pubblico, magari improbabili, sicuramente mai considerati o quasi fino ad allora: tuttavia quel lavoro di semina, che ad un certo punto sembrava anche fine a sé stesso, tra i vari Pulici e Orlandini, Pecci e Cordova consentì di scoprire e portare alla ribalta perle come Antognoni e Tardelli, Scirea e Gentile, Causio e Bettega, che sarebbero stati tra le architravi della fantastica nazionale che Bearzot (Bernardini aveva lasciato l'incarico nel '77) avrebbe guidato in Argentina nel '78 al quarto posto per poi portarla al trionfo madrileno di quattro anni dopo.
Ecco, la situazione del Milan adesso mi ricorda molto quella della nazionale azzurra del post '74.
Clarence Seedorf è stato chiamato a rianimare una squadra uscita a pezzi dal ciclo allegriano (non solo per colpa di Allegri, chiariamolo subito) e nel bel mezzo di una sanguinosa transizione societaria: non ci sono pretese particolari in questo momento, solo un intento di sperimentare uomini, moduli, filosofie di gioco e capire, capire fin dove si può arrivare con chi c'è ora, dove intervenire a giugno col bisturi, dove con l'accetta, dove lasciare le cose come stanno, come migliorare l'organico attuale.
In questo momento è tutto finalizzato al doppio confronto con l'Atletico Madrid, evidentemente: carichi di lavoro, scelte degli uomini, modulo di gioco, persino un sottile ma profondo lavorìo psicologico.
I primi giudizi VERI sulla prima fase del lavoro di Seedorf si potranno dare solo al termine della partita di Madrid: sparare a zero sugli uomini, sulla società e persino sull'allenatore, ora, è ingiusto, inutile e fuorviante: l'allenatore è e resta questo, col suo carisma, la sua professionalità, la sua indubbia intelligenza, ma anche con tutta la sua inesperienza nel ruolo, i suoi spiazzanti percorsi mentali ed i conseguenti errori (tipo la sua formazione iniziale di ieri, troppo cerebrale, in cui lui per primo si è perso); allo stesso modo, i giocatori ormai non si possono cambiare più da qui a fine stagione, la preparazione fisica svolta a luglio è storia e persino le dinamiche societarie hanno preso un corso che è e resta quello.
La stagione in qualche modo deve finire, nella maniera più decorosa e proficua possibile: quindi inutile strepitare, ormai si deve cercare di prendere solo il meglio di quest'anno in vista della riscossa che ci dovrà essere nel prossimo anno, quando le idee saranno finalmente più chiare, gli obiettivi più certi e ambiziosi e, soprattutto, la borsa della società dovrà essere più vuota al 31 agosto di quanto lo sia al 1° luglio.
Il Taarabt di ieri a Napoli fa ben sperare, Rami si sta confermando sempre di più ed Essien, lento, impreciso, macchinoso e pesante nel primo tempo, ha dato evidenti segni di ripresa nel secondo.
Ripartiamo da qui, per ora, un passo per volta.
E chissà che questa stagione, che sotto certi versi mi ricorda quella rossonera dell''86/'87, non sia semplicemente l'avvio di un percorso analogo a quello della nazionale azzurra del post '74.
Speriamoci.
Male non fa.
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