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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

lunedì 17 febbraio 2014

I due marò sono innocenti. Chiaro?


Allora, per chi non avesse capito il mio pensiero:

1) i due marò sono innocenti, come d'altronde attesta indirettamente il fatto stesso che ad oggi dopo due anni di prigionia ancora le autorità indiane non abbiano formulato un capo d'imputazione, pur leste sin dal primo giorno ad accusare apertamente i nostri due soldati (per fare solo due nomi, il capo del governo locale del Kerala, Oommen Chandy: "Siamo di fronte ad un caso chiaro di crudele assassinio" e il ministro della marina del Kerala, G.K. Vasant: "Uomini italiani armati hanno sparato contro pescatori indiani");

2) i fori calibro 7,62 dei proiettili riscontrati sul barcone indiano St. Antony e sui corpi dei due pescatori uccisi,  Ajesh Binki, di 25 anni, e Valentine Jelastine, di 45,  sono incompatibili col calibro 5,56 NATO dei fucili mitragliatori Beretta SC 70/90 usati dai due fucilieri (oltre che delle mitragliatrici leggere belghe FN Minimi, comunque presenti nella nave italiana): però, guarda la combinazione, essi sono perfettamente compatibili con le munizioni adottate dalle mitragliatrici PKM di cui sono provviste le Arrow Boats della marina e della guardia costiera dello Sri Lanka, l'antica Ceylon, vicina alle coste del Kerala indiano ed in perenne conflitto col gigantesco vicino per la territorialità delle pescosissime acque tra i due Stati;


3) da anni infatti in quel conteso tratto di mare si verificano continui assalti dei barchini srilankesi contro i pescherecci indiani che sconfinano nelle acque territoriali dell'isola per andare a pescare tonni nel Golfo di Palk, e che vengono bersagliati ad alzo zero e senza tanti avvertimenti: almeno 80 pescatori indiani (c'è chi parla di addirittura 530 dall'80 in poi) hanno perso la  vita nel corso degli ultimi anni a causa di queste sanguinose dispute territoriali, cui non è estranea la orribile guerra interetnica col movimento terroristico separatista delle Tigri Tamil (la maggioranza dei pescatori indiani in queste acque proviene infatti dallo stato indiano del Tamil Nadu), tanti altri languono in condizioni assai precarie nelle prigioni dello Sri Lanka e l'India non riesce a venire a capo della questione, con le conseguenti polemiche che ciò comporta;


Due Arrow Boats dello Sri Lanka durante le speciali celebrazioni del 61° Anniversario dell'Indipendenza dello Sri Lanka, il 4 febbraio 2009, davanti alle coste della Capitale Colombo, munite di mitragliatrici di squadra PKM


4) per risolvere l'enpasse, gli inquirenti indiani hanno avanzato la teoria che le munizioni fossero sicuramente italiane perché quel calibro 7,62 è utilizzabile (cambiando però la canna ed alcune altre parti dell'arma) dal fucile italiano Beretta ARX 160, ma la stessa Marina Militare Italiana con un comunicato ufficiale ha smentito seccamente questa autentica fesseria, in quanto quest'ultima arma non è in dotazione dei reparti imbarcati nelle operazioni anti pirateria né tanto meno in quelli a bordo dell'Enrica Lexie: in effetti l'ARX 160 è arma sperimentale tuttora in corso di valutazione presso le forze armate italiane ma ancora non distribuita ai reparti (a proposito, ci si domanda perché a Roma degli agenti segreti indiani siano stati sorpresi sul fatto da Daniele Ranieri del Foglio, che puntualmente ne ha parlato sul suo giornale,  mentre cercavano in tutti i modi di impadronirsi di alcuni esemplari di tale arma, peraltro senza successo);

Mitragliatrice leggera di squadra FN Minimi
Beretta ARX 160


Beretta SC 70/90


5) i rilievi balistici compiuti sugli stessi fori, svolti anch'essi senza che i due maggiori dei carabinieri giunti apposta apposta da Roma, Paolo Fratini e Luca Flebus, potessero assistervi direttamente (salvo il test di tiro delle armi sequestrate ai due fucilieri), hanno comunque indiscutibilmente dimostrato una traiettoria orizzontale, cosa impossibile dato l'enorme dislivello in altezza tra il peschereccio indiano e l'Enrica Lexie dell'armatore napoletano D'Amato su cui operavano i due marò in servizio di scorta armata, che avrebbe giustificato invece un percorso dall'alto verso il basso (impossibile ovviamente se i colpi fossero venuti dall'Enrica Lexie, ma possibilissima se i colpi fossero venuti da bordo di un barchino srilankese...);



6) c'è incertezza sul numero dei colpi sparati: si è parlato addirittura di un minuto e mezzo di fuoco, il che implicherebbe un profluvio incredibile di colpi data l'alta celerità di tiro di queste armi, e di conseguenza un peschereccio ridotto praticamente a un groviera ed i corpi dei due marinai uccisi fatti praticamente a pezzi, ma in realtà al massimo ne possono essere stati sparati 20, tanti sono quelli disponibili nei caricatori in dotazione alle munizioni dei due militari: le autorità indiane tuttavia in un primo momento hanno parlato di 60 colpi, poi di 16 contro il peschereccio e svariati altri (quanti? boh...) sui cadaveri dei due poveracci, solo che poi hanno fatto l'autopsia per conto loro (se poi sia stata una vera e propria autopsia in realtà non si sa, pare si sia trattato di semplici rilievi superficiali), tenendone lontana l'apposita commissione italiana precipitatasi sul posto, e non hanno accettato esami da parte nostra, se non superficiali e a mezzo di foto, per una sorta di non ben definito rispetto religioso delle salme oltre che di orgoglio nazionale;

7) fatto sta che misteriosamente dopo un anno il St.Antony è affondato e anche i corpi dei due pescatori sono stati cremati dopo tre giorni;


8) è sicuro, lo provano il satellite e lo stesso libro mastro della nave italiana, che l'Enrica Lexie al momento dell'uccisione dei due indiani transitasse a 33 miglia dalla costa, in acque internazionali, ben lontane dal luogo del tragico incidente, che è a 22 miglia dalla costa del Kerala, quindi nemmeno in acque territoriali, ma semmai "contigue";

9) come rivelato da un'approfondita inchiesta condotta dal giornalista Toni Capuozzo per il Tgcom24 



il 30 agosto scorso è altrettanto certo invece che sul posto e all'ora del fattaccio, le 21,30 ora indiana (come affermato dal comandante ed armatore del St.Antony, Freddy Bosco, in ben due occasioni diverse al momento del suo arrivo in porto a Neendakara, alle 23,15 ora indiana), ci fosse un mercantile battente bandiera greca, e con "contractors" (non militari) a bordo, la Olympic Flair (assai somigliante per sagoma e colori, rosso e nero, all'Enrica Lexie);



10) questa nave, però, dopo aver riferito alla Organizzazione Marittima Internazionale alle 22,20 ora locale, quindi circa un'ora dopo il fatto come attestato da Freddy Bosco, di aver subito un tentativo di abbordaggio da parte di due imbarcazioni pirata, prontamente sventato dall'allerta dell'equipaggio (come?...boh...), è stata rapida a svicolare via e chi s'è visto s'è visto;

11) attestano il falso pertanto i verbali della polizia e della guardia costiera di Kochi quando parlano di un arrivo in porto del St.Antony alle 18,20 locali, quando il sole sarebbe stato alto mentre è in effetti tramontato quel giorno solo alle 19,47 locali, cosa facilmente verificabile visionando i filmati dell'arrivo in porto del natante indiano con i corpi dei due marinai deceduti, che mostrano indiscutibilmente come fosse ormai notte;

L'arrivo in porto del St. Antony. Si notino sia l'ora notturna sia il fatto che, incredibilmente, il peschereccio sia praticamente intatto...
12) invece è provato che i due fucilieri a bordo della nave italiana abbiano aperto il fuoco contro dei pirati presumibilmente somali intorno alle 16/16,30 ora indiana, cioè ben cinque ore prima dei fatti contestati, come attesta anche una mail inviata all'Enrica Lexie alle ore 20,36 locali dal Centro di controllo marittimo indiano di Mumbay con la richiesta di invertire la rotta verso il porto di Kochi a causa di "un incidente a fuoco di pirateria con un sospetto skiff "(un tipo particolare di battello usato dai pirati, n.d.r.), dopo che a seguito dell'allarme diramato per il sospetto attacco pirata  dal comandante della nave Umberto Vitelli gli indiani gli avevano chiesto telefonicamente di dirigersi in quel porto, inducendolo pertanto a chiedere loro conferma scritta di tale richiesta;

13) risulta prova anche della risposta affermativa inviata dallo stesso comandante Vitelli undici minuti dopo, quindi pur sempre un bel tre quarti d'ora prima dell'uccisione dei due marittimi indiani,  con la conferma dell'inversione di rotta in direzione del porto di Kochi, ove l'Enrica Lexie sarebbe giunta intorno alla mezzanotte ora locale;

14) appena attraccata in porto l'Enrica Lexie, le autorità locali del Kerala avrebbero dapprima chiesto ai due militari di scendere dalla nave (pur essendo questa territorio italiano, quindi extraterritoriale) per rispondere semplicemente a delle domande e poi, dopo averli tenuti praticamente consegnati per quattro giorni sull'unità, li avrebbero costretti manu militari a scendere dalla stessa per trarli formalmente in arresto non appena sbarcati, con l'accusa di omicidio dei due pescatori, laddove invece l'Olympic Flair beatamente se la batteva a gambe levate, subodorato l'inghippo in cui avrebbe rischiato di trovarsi, e tutto questo accadeva nonostante la presenza in quei giorni sulla nave italiana di varie autorità diplomatiche e militari di altissimo livello, tra cui l'addetto militare presso l'ambasciata italiana, il Contrammiraglio Franco Favre, lo stesso Console generale italiano a Mumbay, Giampaolo Cutillo, nonché l'Ammiraglio Alessandro Piroli, capo del Reparto Operazioni della Marina, giunto nel frattempo a Kochi con un'apposita delegazione;

15) le autorità indiane, consapevoli che sul fatto non fosse competente la loro giurisdizione, si sono inventate al riguardo (nonostante molteplici rassicurazioni date a livello ufficiale alle autorità italiane sul contrario) l'applicabilità al caso in esame della SUA ACT, la legge antiterrorismo, che estende appunto anche oltre le normali prerogative la competenza indiana, il che è però intollerabile, considerato che è come dire che due rappresentanti ufficiali dello Stato italiano nell'esercizio delle loro funzioni, QUINDI LO STATO E IL POPOLO ITALIANO, sono terroristi;

16) a questo punto, che ci sia la condanna a morte o una pena alla reclusione di dieci anni è perfettamente indifferente (ovviamente non per i due militari e le loro famiglie), visto che il marchio del terrorismo continuerebbe a pesare come un macigno sulla coscienza italiana;

17) le modalità con cui i due soldati italiani sono stati tratti in arresto sono un'offesa al buon senso, alla correttezza dei rapporti bilaterali con l'Italia e in definitiva al popolo italiano;

18) oltre a tutto questo, aggiungiamo lo spregio con cui è stato trattato il nostro ambasciatore in India, Giacomo Sanfelice di Monteforte, quando i due marò sembrava non dovessero ritornare più, ad un certo punto tratto praticamente anche lui in arresto contro tutte le convenzioni internazionali;

19) citiamo poi solo di sfuggita e per completezza d'informazione, come puro dato di cronaca, le polemiche inerenti i forti interessi politici indiani connessi alla vicenda, legati alle elezioni locali nel popoloso stato del Kerala, in cui è al potere un partito all'opposizione del Partito del Congresso Nazionale Indiano di cui leader riconosciuta è la piemontesissima (si fa per dire) Sonia Maino vedova Ghandi, la quale sembra aver del tutto dimenticato, o forse se ne vergogna, le sue solide radici italiane e mai ha detto una parola che fosse una sulla spiacevole vicenda in difesa dei suoi due connazionali (d'altronde, per le abitudini di quelle lande, è già tanto se la signora non sia stata messa al rogo dopo la morte violenta del marito Rajiv, figlio di Indira Ghandi, ucciso come la madre oltre vent'anni fa, in un attentato esplosivo), e quelle relative alle forniture italiane soprattutto militari (siluri ed elicotteri) e infrastrutturali al gigante asiatico, che avrebbero almeno in parte dettato la reazione alquanto timida delle nostre pavide autorità governative ai ripetuti soprusi subiti.

Sonia Maino vedova Ghandi
Si può non essere d'accordo con queste mie convinzioni sull'innocenza dei due fucilieri di marina, si possono anche avere dei dubbi, i due marò possono pure stare antipatici, addirittura tutti i militari possono essere per chi mi legge attaccabrighe e guerrafondai, si può essere "Peace and Love", tutto quello che si vuole, ma una cosa è certa: stante l'evidenza di certi dati di fatto, tutto si può fare, tranne che negare a prescindere l'innocenza dei due marò, se solo si ha l'onestà intellettuale per ammetterlo, per pregiudizio ideologico, culturale, mentale, politico, pacifista, terzomondista...

Se non si è proprio sicuri dell'innocenza, a maggior ragione bisogna non esserlo della colpevolezza, e non si può non convenire che le autorità indiane si siano comportate malissimo, con un'inchiesta frettolosa e sotto più profili condotta con imperizia e vera e propria malafede, in totale spregio delle norme internazionali e con un atteggiamento vessatorio e offensivo verso i due militari italiani per cui, non foss'altro che per questo, sui due sfortunati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone deve pronunciarsi tutt'al più e proprio per non voler dare una pubblica umiliazione all'India (come meriterebbe) un arbitrato internazionale.

Con tutte le garanzie del caso.

E con i due ragazzi in Italia. Ovviamente.






Per ulteriori informazioni,  si posta qui di seguito un'analisi tecnica completa, per quanto ci sia possibile allo stato, dell'Ing. Luigi Di Stefano:

Per completezza d'informazione aggiungiamo anche un'analisi tecnica balistica effettuata sulla base dei dati ufficiali resi noti da Alfredo d'Ecclesia per il sito AltraInformazione:
http://alfredodecclesia.blogspot.it/2012/11/i-due-maro-la-balistica.html

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