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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

giovedì 6 marzo 2014

Ma davvero "La Grande Bellezza" è un film di sinistra?

Avevo promesso agli amici su fb di parlarne, ieri sera, finita la visione su Canale 5.
Mi ero solo riservato di dormirci un po' su, per potere riflettere con calma e dare una mia interpretazione la più serena e oggettiva, per quanto possibile.
Ammetto: non ho mai nascosto il mio pregiudiziale e profondo scetticismo su questo film, uno scetticismo dovuto agli evidenti richiami felliniani della sceneggiatura (e io Fellini non sono mai riuscito a reggerlo), al solido substrato culturale sinistrorso in cui sono comunemente ritenuti immersi, e senza che nessuno abbia mai smentito alcunché (perché avrebbero dovuto, poi?), il regista Paolo Sorrentino, l'attore protagonista Toni Servillo, tutte le prime e seconde file, tutte però di altissima risonanza in Italia (da Sabrina Ferilli a Carlo Verdone, da Iaia Forte a Pamela Villoresi, da Isabella Ferrari a Galatea Ranzi e così via), che fanno quasi da sfondo alla non vicenda descritta nell'opera, un lungo percorso visivo in una Roma splendida e corrotta, avvolgente e un po' puttana, nei suoi paesaggi e nelle sue feste inutili, nei suoi monumenti e nei personaggi marci che la costellano, col solo Servillo praticamente quale mattatore unico, un autentico Virgilio dantesco che ci conduce mano per mano in questo vortice di colori, suoni ed emozioni (Inferno? Purgatorio? Paradiso?) ed attorno al quale gli altri appaiono semplici spalle, ma più o meno tutte sullo stesso piano...
Soprattutto, mi irritava il fatto che se ne parlasse come di una pellicola che descriveva un certo mondo immorale, finto perbenista, sporco dentro, quasi stanco, inadeguato, profondamente triste nonostante la ricchezza esibita e la rutilanza delle feste che segna le perenni notti senza sonno dei suoi protagonisti, un mondo insomma fondamentalmente decadente, vacuo, morto dentro: un mondo che la vulgata culturale corrente, senza nemmeno tanti sforzi di fantasia, aveva avuto gioco facile ad accostare a quel milieu volgare e parassitario che di solito viene attribuito al babau dei nostri tempi, a colui senza il quale non si saprebbe mai a chi dare la colpa di tutto ciò che è male, perversione, ribrezzo...
Il berlusconismo come misura e paragone di tutte le cose umane più schifide, perverse, ignobili, insomma, questo era il significato del film secondo la gran parte dei pareri interessati dati dal momento della sua presentazione a Cannes fino all'Oscar come Miglior Film straniero ricevuto l'altra sera.
Ma allora io mi domando...Ma chi ha detto queste cose, il film, l'ha visto sul serio?

Jep Gambardella (Toni Servillo)  nella scena iniziale della festa


Badate bene, tutte le mie perplessità su come era costruito l'intero impianto narrativo si sono dimostrate assolutamente giustificate e confesso che, soprattutto dopo i primi venti minuti di totale delirio visivo e sonoro, a mio parere un misto tra Federico Fellini (assolutamente predominante ovviamente), Marco Ferreri e Michelangelo Antonioni, con spunti documentaristici che sembravano tratti dal National Geographic, pensavo proprio che non avrei retto a lungo...
Vedevo all'inizio un film indubbiamente a suo modo affascinante ma senza una vera trama, che dopo aver aperto con la cerimonia del cannone del Gianicolo nella Roma assolata di mezzogiorno tra la massa dei turisti, tra i quali un giapponese che dopo aver visto il panorama mozzafiato della città si becca un coccolone definitivo a causa dell'emozione provata, proseguiva con una galattica festa di compleanno nella grande terrazza con vista sul Colosseo del festeggiato, il neo 65enne Jep Gambardella (Toni Servillo)raffinato e annoiato giornalista di costume, per poi dipanarsi senza soluzione di continuità attraverso una lunga peregrinazione nella Roma più splendida, mondana, corrotta, in definitiva più bacata dentro che c'è, con begli attori, lunghi silenzi, atmosfere particolari...
Ma quello che vedevo in quei primi, interminabili minuti, prima della provvidenziale pausa pubblicitaria (credevo non ce ne fossero e invece ci sono state, benedette devo dire, perché tutto insieme è un film veramente poco facile da affrontare...), era però solo una pedantissima, visionaria esercitazione d'autore, un onanismo intellettuale che non avevo dubbi potesse aver colpito quei bambinoni degli americani, gente che non ha storia e che a vedere certi paesaggi romani, all'alba e al tramonto, tra il Colosseo e Piazza Navona, i ponti sul Tevere e Villa Borghese, non può non pensare con tristezza che, possono dire e fare ciò che vogliono, ma tutte le Manhattan del mondo non avranno mai il fascino di Trastevere...
Insomma, una cagata, una cagata sia ben chiaro suggestiva, seduttiva, di gran classe, con tante citazioni colte la maggior parte delle quali mi sarà sicuramente sfuggita...
Ma che cagata restava...


Poi però ho cominciato a cambiare lentamente idea.
Il momento di svolta è stato quando Jep, che dopo essersi trasferito a Roma a ventisei anni aveva scritto un  romanzo di successo, "L'apparato umano", vincitore del Bancarella, per poi non riuscire più a scriverne uno, ha uno scontro verbale durissimo con una sua amica, Stefania (Galatea Ranzi), una scrittrice 53enne di sinistra, una che si definisce "donna con le palle" e che accusa lui e tutti gli altri amici presenti di essere, a differenza di lei, tutta dedita all'impegno civile sia nella vita professionale che in quella privata e familiare, fatui, vuoti, immorali, senza altro scopo nella vita che non sia il piacere e trascorrere le giornate per evitare la noia...


Viola (Pamela Villoresi) e Stefania (Galatea Ranzi)

Ecco, in quel preciso momento tutto il catalogo di fregnacce lette, dette e scritte sino a lì dai soliti soloni  sul film diretto contro il berlusconismo imperante e a favore dell'impegno militante viene drammaticamente ridicolizzato dalla pacata, ma implacabile requisitoria che in circa un minuto Jep fa nei confronti di Stefania, che l'aveva sfidato a contraddirla se ne aveva il coraggio: le conferma che sì, è vero, lei ha ragione su tutto, ma proprio perché lui è, più ancora che immorale, amorale, non pretende di ergersi a censore degli altri come fa invece lei, lei che dice di aver scritto un libro sulla storia del partito, ma non ha detto che ciò era capitato solo perché era l'amante del suo segretario, che l'aveva fatto pubblicare da una casa vicina al partito, lei che dice di sacrificarsi con dedizione e impegno alla famiglia e ai quattro figli ed invece è sempre in giro per locali tutti i giorni e tutte le notti tra feste e baldorie assortite ed ha suo marito che tutti i giorni pranza col suo amante, lei che dice di aver avuto una condotta specchiata sin dall'università in favore delle lotte civili e sociali, e invece allora tutti sanno che più che studiare preferiva appartarsi anche nei bagni per altri generi di incombenze, lei che dice di essersi costruita una carriera di scrittrice impegnata con 11 romanzi seri, e non col libro frivolo fatto a a suo tempo da Jep, quando invece quegli stessi libri, editi da case piccole e poco conosciute, tutte vicine sempre al partito, sono considerati irrilevanti dalla critica più avveduta...
Tutto questo che cos'è, ditemi, se non un pesantissimo e quasi umiliante atto di accusa contro i radical chic che danno patenti di moralità agli altri e pretendono di ergersi a supremi giudici delle altrui pochezze, quando invece hanno dentro di loro per primi il tarlo dell'immoralità?
A me sembra un attacco rivolto più alle Carle Bruni, alle Serene Dandini, alle Sabrine Guzzanti di turno, piuttosto che ad altri...
Un mondo iperuranio che si crede la misura di tutte le cose e invece è quanto di più lontano dalla vita reale della gente comune, che pure dice di voler rappresentare e difendere col suo supposto impegno a favore della società civile, in realtà una semplice maschera con la quale coprire tutte le proprie vergogne e darsi un'autoassoluzione non richiesta.
Il bello è che alla festa successiva la scrittrice comunista, che dopo il liscio e busso subito era andata via indignata, già ha perdonato Jep, balla mollemente con lui un lento e insieme meditano di fare all'amore per la prima volta dopo tanti anni che si conoscono...
La ferrea convinzione nelle proprie ragioni...
O forse il barlume di una serenità finalmente ritrovata?

Jep e Stefania mentre ballano

E allora riesci a comprendere meglio certi flashes, prima e dopo, che sul momento ti erano passati davanti quasi senza traccia, e che invece riesaminati alla luce di tutto lo spettacolo acquisiscono una tonalità ben precisa: penso ad esempio a certe frasi del protagonista, tipo "Io non volevo solo partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire!",  un qualcosa che testimonia dell'ansia di visibilità che si trasforma in invidia (auto)distruttiva pur di affermare sé stessi, o anche "La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare", con cui Jep commenta il momento in cui, dopo aver fatto l'amore con Orietta, una donna conosciuta per caso, ricca e viziata (Isabella Ferrari), preferisce andarsene senza nemmeno dirle una parola dopo che lei si è recata in bagno a prendere il pc in cui sono memorizzate le sue foto da nuda che abitualmente posta ai suoi amici su fb per poterle mostrare anche a lui...
Anche la noia degli altri viene a noia...

"Che lavoro fai?"  "Io sono ricca"  "Bel lavoro"

Ma allora, in definitiva, che cos'è "La Grande Bellezza" del film"?
Non è certo la vacuità di quei personaggi perduti, o di quelle feste senza fine, chiassose, volgari, inutili in cui si svolge la vita peripatetica del protagonista, 



né è in quelle forme di arte moderna tanto esaltate da certo mondo a la page, ma così incomprensibili e distanti dalla gente di tutti i giorni, come nella scena di quella beota che nei suoi spettacoli si spacca la testa su un muro davanti agli spettatori, dicendo che sente le "Vibrazioni", o in quell'altra in cui una ragazzina poco più che bimba ma evidentemente quotatissima sul mercato dell'arte contemporanea viene quasi costretta a forza dai suoi genitori, per  la gioia dei partecipanti a quell'ennesima festa, a fare una sorta di affresco su una parete apposita buttando a casaccio secchiate di vernice, e mentre lo fa addirittura PIANGE,

La ragazzina che piange mentre "dipinge" a secchiate il muro 

e tutto questo mentre Jep Gambardella preferisce portare in giro Ramona (Sabrina Ferilli), spogliarellista ormai in là con gli anni che si rivelerà in fine malata terminale di AIDS, figlia di un amico dissoluto ed eroinomane, a godere delle gioie nascoste degli antichi palazzi nobiliari romani, con l'aiuto di un giovane claudicante (!) che è in possesso di tutte le loro chiavi, una metafora mica da ridere del nostro patrimonio culturale lasciato in mano alla benevolenza un po' arrangiata di chi ha la sua disponibilità...

Jep e Ramona col giovane claudicante che li porta a visitare tutti i più bei palazzi di Roma

La Grande Bellezza forse è Roma, l'Italia, nella sua cultura, nei suoi paesaggi, nei suoi monumenti, nel suo clima, e nel ritorno alle radici tradizionali ("Le radici sono importanti", risponde Suor Maria, "la Santa" missionaria 104enne, a chi le chiede perché in Africa si nutra di solo 40 grammi di radici al giorno).


La Grande Bellezza forse è nel ritornare ad essere umili come quando eravamo poveri (sempre la Santa dice, sul fatto che dorma solo sul nudo pavimento e mangi pochissimo,  che "La povertà non si racconta, si vive", altra stoccata mica da ridere a certo mondo terzomondista solo a parole...).

Suor Maria "La Santa" (Giusi Merli)


La Grande Bellezza forse è nelle persone su cui si sa di poter contare sempre, nella anziana colf sudamericana che accudisce Jep quando è in casa e arrossisce quando lui la chiama amichevolmente "farabutta", è in Dadina, la saggia e umana direttrice nana del suo giornale, nella spogliarellista sincera e sfigata incontrata nelle sue peregrinazioni, nei genitori da cui dopo tanti anni di lontananza, sconfitto e deluso, il commediografo fallito Romano (Carlo Verdone) dice di voler tornare, nella tranquillità di Nepi.

Jep coccolato dalla sua domestica

La Grande Bellezza forse è in Suor Maria che con la sua Fede incrollabile riesce ad arrivare in cima alla Scala Santa percorrendola sulle sole ginocchia ed a guadagnarsi così l'indulgenza (di cui peraltro non ha bisogno), laddove il gran cardinalone già esorcista non trova invece mai il tempo di confessare Jep, che pure avrebbe tante cose da chiedergli, e preferisce anche lui frequentare le feste mondane e declamare ad alta voce le sue ricette di cucina...

Il Cardinale Bellucci (Roberto Herlitzka) che descrive le sue ricette in una cena di alto bordo

Si commuove e piange, sorprendentemente piange Jep Gambardella, al funerale del figlio morto suicida di una nobile sua amica, Viola (Pamela Villoresi), che poi lascerà tutti i suoi beni alla Chiesa Cattolica e andrà a fare anche lei la missionaria in Africa,  ma anche al momento di certi ricordi, e soprattutto alla notizia della morte di Elisa, la prima donna che ha amato, l'unica probabilmente nella sua vita, che pure ormai sposatasi con un altro aveva conservato un diario con la storia del loro tenero amore giovanile, che però era ormai perduto per sempre, e considerava il marito devoto, che lo sapeva, un semplice "buon compagno"...


Perché alla fine La Grande Bellezza è la nostalgia delle cose che furono, e soprattutto di Elisa, e di quella sera di tanti anni prima, sulla spiaggia, in cui per la prima volta si tolse il bikini davanti a lui mostrandogli i seni e segnandogli per sempre la vita, quella che gli viene in mente mentre, all'isola del Giglio per un reportage sul naufragio della Costa Concordia, guarda pensoso da lontano il corpo semiaffondato eppure imponente della grande nave ferita a morte...
Amore, Nostalgia, Radici, Tradizioni, FedeFamiglia, Storia, Monumenti, Arte, Persone semplici e vere, Valori...

E forse, ripensandoci ancora una volta, La Grande Bellezza viene svelata proprio all'inizio del film, quando la voce narrante di Jep ci dice:
"A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: "La fessa"
Io invece rispondevo: "L'odore delle case dei vecchi"
La domanda era: "Che cosa ti piace di più veramente nella vita?"
Ero destinato alla sensibilità. Ero destinato a diventare uno scrittore. Ero destinato a diventare Jep Gambardella".

Jep alla fine del film dice che tornerà a scrivere un romanzo.
Forse alla domanda su cosa sia La Grande Bellezza ha trovato la risposta.


P.S. No, a distanza di ventiquattr'ore posso dirlo, non è una cagata, "La Grande Bellezza".
Sia ben chiaro, sono assolutamente convinto che gli americani, assegnandogli l'Oscar, non ci abbiano comunque capito nulla: a loro, per perdere la testa, basta vedere tutte queste splendide immagini di Roma, tutte insieme e tutte racchiuse in uno spazio temporale limitato, essere rassicurati nelle loro convinzioni più profonde sul fatto che gli italiani nonostante la crisi sono sempre gli stessi, continuano a bere, mangiare, ballare e fottere,  e perdersi in questo lungo viaggio onirico verso chissà dove (colmo peraltro di evidenti richiami massonici che piacciono tanto ai parrucconi di Hollywood, come mi fa notare Stefano Fontana, tipo l'orso, la giraffa,  i pavimenti a scacchi, le piramidi, gli occhi che tutto vedono, i rituali iniziatici, le immagini rovesciate, i vestiti indossati dai protagonisti...), per gridare al Fellini redivivo e dare il premio di default.
Loro però li capisco pure.

Ma a chi, a sinistra, dice che questo è un film di cose di sinistra contro cose di destra io dico: ma il film, almeno, l'avete visto?

Toh...ma il puzzone Silvio Berlusconi non avrà mica prodotto in gran parte e distribuito il film che dicono sia contro di lui?







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