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lunedì 10 marzo 2014

L'inarrestabile ritualità ipocrita dell'8 marzo

Un manifesto dll'UDI (Unione Donne Italiane) dell'8 marzo 1954


Cari amici miei, non sopporto la festa dell'8 marzo, la cosiddetta Festa della donna.
Prima di tutto sgombriamo il campo da un equivoco: il famoso rogo di una fantomatica fabbrica di camicie Cotton(s) a New York, nel quale sarebbero morte 127 operaie donne, l'8 marzo 1908, e che si ricorderebbe in questa data (più che una festa una ricorrenza, dunque, e nemmeno felice), molto semplicemente, non c'è mai stato

In realtà, mi soccorre Wikipedia, si fa probabilmente confusione con un altro evento luttuoso, anche più grave se vogliamo, ma avvenuto il 25 marzo 1911 sempre a New York, nello stabilimento della Triangle Shirtwaist Company che produceva delle camicette alla moda in quel tempo: un incendio accidentale sviluppatosi negli ultimi tre di un palazzo di dieci piani in cui morirono 146 persone, in maggior parte lavoratori italiani ed ebrei, di cui appunto 123 donne.
I due proprietari della fabbrica, Max Blanck e Isaac Harris, che avevano gli uffici al decimo piano, avevano l'abitudine di chiudere a chiave gli operai per impedire che rubassero o facessero troppe pause e riuscirono a salvarsi, a differenza della maggior parte dei lavoratori, 62 dei quali trovarono la morte buttandosi dalle finestre dello stabile.

Il processo a carico dei titolari dell'impresa terminò con un'assoluzione, per ogni morto l'assicurazione pagò 445 dollari ed il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari.
Una gravissima tragedia dovuta all'insensibilità ed all'ignoranza umana, quindi, sicuramente per la presenza di tessuti infiammabili, delle luci a gas, di mozziconi di sigaretta accesi, degli scarti di lavorazione imprudentemente lasciati in ogni dove, e che portò a un ripensamento generale delle condizioni dei lavoratori ed a un deciso miglioramento delle normative allora vigenti negli USA in tema di sicurezza del lavoro, dando al contempo notevole risalto al sindacato dell'International Ladies' Garment Workers' Union che prese molto a cuore la vicenda e divenne uno dei più importanti negli States.
Ma una gravissima tragedia che non c'entra nulla con l'8 marzo 1908.

Non si capisce bene il motivo per cui si sia creata questa leggenda metropolitana, è probabile che ciò sia stato dovuto alla immediata caratterizzazione fortemente politica data alla "Giornata internazionale della donna", in un periodo di forti rivolgimenti sociali ed economici, aggravato dalla distanza nel tempo e nello spazio di quella tragedia, dalla crisi del '29 e da due guerre mondiali una più distruttiva dell'altra, a maggior ragione dopo la seconda di esse, la guerra fredda e la contrapposizione tra Mondo occidentale ricco e padronale e Mondo orientale comunista proletario...




Fatto sta che la data dell'8 marzo è ormai ogni anno uno snodo fondamentale del calendario, che qui a Modena dove vivo è stato sempre vissuto come un'occasione per dare vita alla giornata dell'orgoglio femminile contro il predominio sessista maschile.
Il che ci stava, intendiamoci, soprattutto in tempi in cui i diritti della donna erano effettivamente conculcati oltre ogni umana razionalità, persino contro l'evidenza, e figurarsi se nella rossa e democratica città geminiana, retta da ormai settant'anni dalla stessa, immutabile, cloroformizzata maggioranza di sinistra, dall'insipienza inferiore soltanto a quella della minoranza che vi si contrappone, ci si poteva far sfuggire l'occasione di non appoggiare anche questa causa, che saldava in un tutt'uno rivendicazioni di genere (si chiamano così, ora), politiche, economiche, operaie, sociali e persino religiose...

Ma col tempo le cose sono cambiate, quella che era una ricorrenza/giornata della donna, tutta comizi infiammati, polemiche politiche e sociali, litigi nei consigli comunali e persino in quelli di circoscrizione, frasi ad effetto che come tutte le frasi ad effetto si trasformavano progressivamente in frasi fatte e luoghi comuni, tipo "L'utero è mio e lo gestisco io", oppure "Tremate, tremate, le streghe sono tornate!"etc., si è progressivamente trasformata in una autentica festa consumistica, di quel consumismo tipicamente occidentale che pure teoricamente farebbe a pugni con le motivazioni in sé nobili che avevano dettato l'introduzione di questa data speciale, con gli affari che si moltiplicano per i fiorai grazie alla vendita di quell'(orribile, fatemelo dire) fiore che è la mimosa, con un giro di soldi inferiore soltanto a quello che c'è nella ricorrenza del 2 novembre, mentre impazzano le feste per sole donne con spogliarelli maschili annessi (quasi con l'obbligo di parteciparvi per non sembrare asociali), i cinema applicano sconti speciali, e persino la pubblicità di alcuni supermercati si lancia in ardite offerte per l'acquisto dei detersivi (visto coi miei occhi, da non crederci...)

L'apoteosi si sta raggiungendo ora, in un'epoca in cui le donne sono ormai maggioritarie nei corsi universitari, nelle professioni liberali, in magistratura, sempre più presenti in politica, nell'alta burocrazia e persino da ormai tanti anni nelle forze armate, e con ruoli anche di prima linea, oltre che da ancor più tempo in polizia, con la degenerazione della cosiddetta "Festa della donna" in una sorta di "Giornata contro il maschio", con gli ormai straripanti temi dello stalking e del cosiddetto femminicidio, tipologia di reato quest'ultima entro la quale i media spesso mettono un tanto al chilo nel calderone, per far numero, reati bestiali effettivamente contro la donna in quanto tale ed altri in cui però il fatto che la vittima sia donna è più accidentale o meramente occasionale che voluto; temi cui poi vengono in genere accostati per simpatia (ma è più onesto dire per convenienza politica) quello dell'omofobia e, giacché ci siamo, del razzismo, in un pout pourri che diventa ogni volta sempre più indigeribile e francamente irritante...
Si vuole forse dare risalto in tal modo al tema della peggiore condizione della donna nella società? Posto che questo sia effettivamente un problema (e francamente, con tutta la migliore buona volontà, per me non lo è, almeno nel mondo occidentale, anche se ovviamente tutto è sempre migliorabile, e non mi si dica che una delle soluzioni sia quella di adottare le quote rosa o di introdurre il criterio uomo/donna alternati nelle liste delle candidature politiche, ché ci sarebbe davvero da mettere mano alle pistole), è questo veramente il modo di darvi quell'importanza che si vorrebbe dargli?




O non è invece un modo per banalizzare al solito le cose, additare all'opinione pubblica un nemico assoluto, il maschio, in quanto tale prevaricatore e aguzzino a prescindere???
Un'idea che io sinceramente mi rifiuto di accettare nel suo integralismo concettuale, come se chi si rende autore di certi reati sia né più né meno che espressione della normale fisiologia del maschio e non una persona-uomo con dei problemi, di rapporti, di cultura, di mentalità, di etnia persino, a loro volta agevolati spesso dal fatto che nell'ambiente familiare, etnico, culturale di provenienza certi modi di fare sono magari socialmente accettati, se non apertamente appoggiati.


Ma forse porsi questa domanda ulteriore porterebbe problemi che invece non si ha voglia di affrontare, tipo quello sul modo di regolare l'afflusso sempre più indiscriminato in Italia di persone che non appartengono alla nostra storia, alla nostra tradizione, alla nostra mentalità, e sul come integrare gente per cui cose come l'infibulazione, l'inferiorità della donna rispetto all'uomo, la poligamia, la possibilità di contrarre matrimonio con ragazzine sotto i dieci anni sono pacificamente ammesse, gente per cui è assolutamente normale sottrarre alla moglie, alle figlie e alle sorelle tutti i documenti, impedirle di uscire di casa, di imparare la lingua italiana, di conoscere altre persone (meno che meno di sesso maschile), di prendere coscienza dei loro diritti individuali, e che ritengono assolutamente giusto e anzi doveroso punire adeguatamente ogni sgarbo, anche nel modo peggiore possibile, ogni violazione a tali input...


Lo sapete che le prostitute nigeriane, ghanesi, ivoriane, insomma di quelle zone lì dell'Africa, sono spesso terrorizzate con il voodoo dalle loro padrone (in genere sono donne), ed è una paura ancestrale, fortissima, assolutamente condizionante, un qualcosa che noi nel nostro scetticismo sazio e decadente non riusciamo nemmeno a concepire?
Lo sapete quante persone invitano qui le loro seconde, terze, quarte mogli facendole passare per parenti strette col sistema del ricongiungimento familiare?
Lo sapete quanti genitori di certe zone del mondo mandano nella loro terra madre le loro figlie ancora minorenni, magari nate e vissute sempre in Italia e che per la prima volta vanno all'estero, per farle maritare a uomini spesso molto più grandi, magari parenti, per pure esigenze di convenienza?
E lo sapete che spesso questo avviene nella più totale ignoranza da parte delle autorità italiane, o nella loro colpevole ignavia, che qualche volta si trasforma in autentica complicità?
D'altronde la paladina delle libertà civili Emma Bonino non è quella stessa che, in visita in Iran, poco tempo fa, da Ministro degli Esteri della Repubblica italiana, ha dovuto indossare il velo?
"Ci si adegua alle tradizioni del posto", si dice ipocritamente.
Giusto, e allora perché lo stesso non deve accadere da noi?
Quale occasione migliore per parlarne che non sia questa? 
Di cosa abbiamo paura?



Ma di questo si preferisce non parlare nella giornata dell'8 marzo...
Meglio parlare di altre tragedie, terribili vero, ma che per quanto mediatiche siano certo non hanno il carattere probabilmente ben più emergenziale di quelle di cui non si parla.
E non se ne parla perché certi argomenti, per l'intellighentija dominante in Italia, sono tabù, non sono funzionali al sistema, alla convenienza politica, agli interessi dei patronati, dei partiti, dei sindacati...
Ci abbiamo messo anni a sradicare certe convinzioni errate sull'universo femminile diffuse anche da noi, soprattutto in certe parti d'Italia, ma sembra che non ci sia altrettanta voglia di farlo con quelle importate da fuori.



Meglio per noi uomini sprecare qualche euro e donare una mimosa, via, senza pensarci più.
In qualche modo l'8 marzo deve passare...
Poi per un altro anno andrà in sonno.
Ma che tristezza, relegare in una sorta di ghetto spazio-temporale l'altra metà del mondo, quella che ci rende la vita così degna di essere vissuta, e ci completa, e ci migliora.
Soprattutto ci ama e ci sopporta.
E non è un merito da poco.





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