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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

venerdì 15 aprile 2016

Quanto valgono 22 anni di galera?



L'uomo qui sopra, che piange abbracciato dal suo avvocato, si chiama Giuseppe Gulotta.
Si è fatto 22 anni di galera dopo essere stato accusato ingiustamente di aver partecipato insieme con altri tre coetanei, Gaetano Santangelo, Vincenzo Ferrantelli e Giovanni Mandalà, alla strage di Alcamo Marina (TP), avvenuta il 27 gennaio 1976, quando due carabinieri della locale caserma, il diciannovenne Carmine Apuzzo e l'appuntato Salvatore Falcetta, furono assassinati a colpi di arma da fuoco.
I due carabinieri uccisi,
Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta
Allora l'uomo aveva 18 anni. 
Gulotta e Mandalà vennero condannati all'ergastolo, gli altri due a vent'anni. 
Il disgraziato è' stato assolto nel 2010, insieme con gli altri coimputati, a distanza di 36 anni dai fatti, quando di anni ne aveva ormai 52, a seguito della revisione del processo.
Ora, a 60 anni fatti, la Corte d'Appello di Reggio Calabria ha condannato lo Stato a versare al muratore di Certaldo un "indennizzo" di 6,5 milioni di euro, per "ingiusta detenzione", a fronte di una richiesta originaria di un RISARCIMENTO di 56 milioni.
Il P.M. si è opposto a tale richiesta perché a suo tempo l'uomo avrebbe confessato i fatti attribuitigli.
Che poi le indagini successive abbiano appurato senza ombra di dubbio (ad affermarlo per primo fu l'ex brigadiere Renato Olino)
Renato Olino
che il poveraccio avesse confessato, sì, ma a seguito delle torture subite, questa evidentemente è parsa questione di poco conto...

Ho un'adorazione profonda per l'Arma dei Carabinieri, i tempi erano quelli che erano, era tempo di guerra fredda, c'era un terrorismo aggressivo, una situazione sociale esplosiva, la "strategia della tensione" con il tentativo di fare la "rivoluzione di classe" in Italia, le organizzazioni criminali di stampo mafioso sempre più radicate nel territorio, ed in più l'Arma era comandata all'epoca dal Generale Dalla Chiesa che era uno che su certe questioni andava per le spicce, come i tempi probabilmente richiedevano, ed i morti di quella strage erano purtroppo proprio due carabinieri, ma...
Ma quest'uomo qui si è fatto 22 anni di carcere, e possiamo anche immaginare CHE TIPO di carcere si sia fatto, per poi essere riconosciuto non colpevole e rilasciato con tante scuse dallo Stato italiano.
Certo, 6,5 milioni sono tanti, ma sono in grado di rimediare ad una giovinezza perduta, ad una maturità trascorsa dietro le sbarre, al passare del tempo che ti ha portato via affetti, emozioni, dolori anche, insomma tutto ciò che costituisce una vita?

I quattro condannati per la strage,
riconosciuti innocenti dopo 36 anni.
Guardate le immagini del giovane Gulotta e dei suoi presunti complici e quelle del Gulotta di oggi: sono passati 40 anni da allora, sono filmati e foto in bianco e nero, ormai sfocati, all'epoca c'erano Rumor e Fanfani, Tanassi e Malagodi, Berlinguer e Almirante, non c'era internet, i telefonini erano ben al di là dal venire, il campionato lo vinceva il Torino di Radice, la RAI trasmetteva una sintesi di A e una di B la domenica pomeriggio, lo sport era tutto alla domenica, soprattutto alla radio, e Mercoledì Sport, altro che tivù satellitari e digitale terrestre, Carter vinceva le elezioni americane su Ford, Totti non era ancora nato e Berlusconi era un quarantenne imprenditore milanese che cominciava a mettere su TeleMilano...  
Quanto valgono 22 anni perduti dietro le sbarre?

Giovanni Mandalà è morto per ragioni naturali nel 1998 dopo anni di carcere. 
Gaetano Santangelo si rifugiò in Brasile insieme a Ferrantelli, entrambi con lo status di rifugiati, ma venne arrestato nel 1995 e seguì poi la stessa parabola di Gulotta.
Vincenzo Ferrantelli restò in Brasile e tuttora sembra sia lì.
Giuseppe Vesco
Giuseppe Vesco, un carrozziere di Partinico considerato vicino agli anarchici, colui che aveva in un primo momento accusato gli altri quattro salvo ritrattare dopo poco, fu ritrovato impiccato in cella qualche mese dopo, nonostante avesse una sola mano.

Non si è mai scoperto chi siano stati gli autori della strage.

Per saperne di più:



mercoledì 6 aprile 2016

Il 17 aprile io vado al mare!



Amici miei, il voto referendario non è un voto elettorale e quindi non c'è alcun dovere civico di recarsi alle urne per la ridicola consultazione del 17 aprile.
Non solo.
L'astensione è espressamente prevista dalla legge in materia di referendum come opzione perfettamente democratica, oltre al SI' ed al NO, con cui indicare la propria volontà in merito al tema proposto, e tutto questo per un motivo molto semplice: sono i referendari che devono convincere il 50% + 1 dell'elettorato a partecipare alla consultazione, e se non ci riescono vuol chiaramente dire che le loro richieste non sono state ritenute meritevoli di alcuna considerazione da parte della maggioranza dell'elettorato, che quindi non partecipando ha inteso bocciarle.
Ecco perché non partecipando alla consultazione io non faccio altro che esercitare una mia legittimissima facoltà, con la quale esprimo al massimo grado possibile la mia più totale contrarietà al referendum proposto.
Ed ecco perché, ritenendo questa consultazione demagogica, irresponsabile e fondamentalmente disonesta se non in piena malafede, andrò se possibile nel week end elettorale dalle parti di Ravenna, al mare, quel mare romagnolo che se stessi a sentire le anime belle (sono ironico, eh, lo sanno loro per prime che non è vero) dovrebbe essere deturpato dal petrolio che a loro dire esce dalle piattaforme che punteggiano in grande quantità l'orizzonte azzurro di fronte alle spiagge, 
Se non fosse che invece per il 90% o giù di lì da queste strutture viene estratto solo e solamente gas naturale. Pulito. In sicurezza. Soprattutto italiano.




Ma l'ignoranza in merito resta sovrana, così si è fatto credere che i nostri mari saranno invasi da sterminate macchie di petrolio che porteranno la devastazione a danni delle coste, della flora e della fauna marina, con gravissimo pregiudizio per l'ambiente, il turismo e la relativa occupazione...
Ma la finalità terroristica dei referendari trova purtroppo facile accoglienza nelle fasce più suggestionabili e meno acculturate della popolazione, cioè quasi tutte quelle cui si rivolgono i proponenti (perché basterebbe un minimo di ragionamento per certificare la totale inconsistenza delle loro ragioni).

Piantina delle trivellazioni di fronte al mare della Croazia



E chi se ne frega se in realtà si estrae in stragrandissima maggioranza gas e non petrolio, se le norme italiane sono sicuramente le più rigorose in assoluto, se l'eventuale Sì vittorioso mette a rischio di disoccupazione circa 10000 lavoratori ad alta specializzazione in via diretta e dell'indotto (localizzati soprattutto tra Romagna e Marche), se per legge già ora entro le 12 miglia nautiche non è più possibile installare nuove piattaforme, se già ora la grande maggioranza dei giacimenti installati è in via di naturale esaurimento, se quello che andremmo a perdere con la chiusura a fine concessione delle piattaforme dovremmo andare comunque a riprenderlo a costi triplicati all'estero (mica sono fessi, all'estero!), accentuando la nostra già clamorosa dipendenza da fuori Italia per l'energia, con tutti i rischi di vario tipo che ciò comporta!
Michele Emiliano
Ah già, ma l'ineffabile Emiliano, il presidente di quella regione Puglia che insieme con altre sei regioni governate dalla sinistra (con altre due di centrodestra) ha promosso il referendum, solo per motivi di visibilità nazionale, di potere locale e di polemica interna al P.D., in odio a Renzi (che infatti sostiene a spada tratta le normative attuali), ha detto che tanto il fatto che abbiamo solo il 10% delle risorse energetiche  prodotte a livello nazionale fa sì che con la consultazione non si vada a incidere su temi strategici...
Avete capito il livello???
Per quanto io sia ferocemente contrario al governo Renzi sono e resto un Italiano e cerco di ragionare da Italiano: e questo referendum per l'Italia sarebbe una sciagura, se fosse favorevole al SI'.
Perché i NO TAV, i NO TRIV, etc. etc. hanno proprio rotto: tutti vogliono che l'Italia si doti di strutture adeguate, ma "lontano da dove vivo io" (gli anglosassoni usano l'acronimo NIMBY, "Not In My Back Yard", cioè "Non nel mio cortile").
Non funziona così, se non vogliamo ritornare all'epoca delle clave e delle caverne è ora che finalmente questo paese (e la sua classe politica) cresca nelle cose che contano.
L'energia è una di quelle.
Statevene a casa, amici miei, è meglio. 

Di seguito  metto un contributo che ho trovato su facebook:

"Lavoro all'Eni ed ho sotto mano ogni giorni i dati di produzione sia di gas che di acque si strato ma cercherò di non essere di parte, solo di dare informazioni oggettive.
1) In Italia non abbiamo petrolio. Ce n'è un piccolo giacimento nella Val D'Agr
i in Basilicata (ampiamente nell'entroterra) ma non c'è nulla nei nostri mari: tutte le piattaforme sono a produzione di gas, quindi gli spauracchi di macchie di petrolio lungo le nostre coste non esistono.
2) Le piattaforme esistono in Adriatico dagli anni 60 e stanno già terminando la loro vita, in pratica estrarranno al massimo per un'altra decina d'anni, anno più anno meno, tutto l'inquinamento o la subsidenza o i danni che potevano fare li hanno già fatti, chiuderle ora non cambierà di una virgola questo stato di cose.
3) L'Adriatico è un mare inquinato perché non ha ricambio di acqua e perché è una discarica a cielo aperto delle industrie della costa e del Po.
L'inquinamento registrato vicino alle piattaforme è il medesimo (se non più basso) di quello alla foce del Po (dove non vi sono piattaforme per decreto Cacciari).
4) le Acque di strato vengono reiniettate nel giacimento o trattate a terra secondo le rigidissime leggi vigenti (e vi assicuro che Eni ci sta molto attenta perché sa bene di avere l'attenzione dei media addosso; ti basti pensare che l'ufficio HSE è più grande ed ha più risorse dell'ufficio perforazione) per cui non vi è spargimento di acque di strato in mare.
5) Già adesso col decreto Prestigiacomo non è possibile perforare entro 12 miglia dalla costa (quindi metà del referendum dice fuffa).
6) Le piattaforme finiranno la loro "vita" molto prima della scadenza delle concessioni e, come ho già scritto, sarà circa di 10 anni.
7) Lo Stato non ha denaro da investire nella ricerca delle energie rinnovabili se non quello delle Royalty che pagano le società energetiche; le ricerche sul rinnovabile sono per lo più finanziate dalle stesse (perché una società energetica come Eni sa meglio di chiunque altro quando rimarrà a secco di idrocarburi e si stanno già preparando al futuro, perché non chiuderanno quando finirà il petrolio ma continueranno a produrre energia).
8) Eni non vede l'ora di andarsene dall'Italia in quanto la produzione di gas in Italia è fortemente sconveniente per le ditte a causa delle regole molto restrittive (e giuste) in merito allo sfruttamento dei giacimenti sia in merito alla gestione del personale.
Questo referendum farebbe il suo gioco e gli darebbe la possibilità di lasciare a casa 6000 persone sventolando un semplice risultato referendario.
9) Il gas italiano è puro metano al 99,4%, sono sciocchezze quelle che dicono che i costi di purificazione sono più elevati in Italia che non all'estero: i costi più elevati in Italia (ma sono comunque costi per le aziende energetiche, non per lo Stato) sono appunto per rispettare le regole ambientali e sindacali.
10) Le piattaforme, una volta terminata l'estrazione, verranno riconvertite in centrali eoliche o solari (dato che in mare aperto tira un vento della madonna, ve lo posso confermare ^^) non verranno smantellate in quanto il costo di bonifica è qualcosa di talmente elevato che nessuno se lo può sobbarcare, senza contare che attualmente sono il miglior "tappo" che possa esserci per i giacimenti.
11) Non è vero che le piattaforme rovinano la vita marina, vi invito a googlare "piattaforma Paguro" e vedere cosa è diventata una piattaforma che è esplosa negli anni 60 ed è caduta sul fondo del mare: è un parco naturale subacqueo patrimonio comunitario. Il ministero dell'ambiente ha chiesto ad Eni di "buttare lì'" altre piattaforme in disuso per allargare il parco!
12) Al lato pratico, come avrete già ben capito anche voi, questo referendum non cambia granché per quanto riguarda l'ambiente; essenzialmente è un braccio di ferro tra le regione PD e lo Stato PD: l'ennesima guerra interna a questo partito; quindi un referendum politicizzato che serve a dare più discrezionalità alle regioni o allo stato in materia di sfruttamento dei giacimenti, come dice il Latella è ridicolo che un braccio di ferro del genere costi così tanto alle casse dello Stato e soprattutto ne vada della pelle di 6000 lavoratori (+ tutti quelli dell'indotto perché assieme ad Eni salteranno anche tutte le aziende italiane che vi lavorano) per un voto meramente politico.
Per questo l'astensione a mio avviso sarebbe il voto più sensato a questo referendum (ma questo è ovviamente il mio parere, il resto delle cose che ho scritto sono dati oggettivi dati dalla mia esperienza lavorativa con Eni)"
(Letizia Vaccarella con Daniele Casotti)

Per saperne di più:



http://www.meteoweb.eu/2016/03/referendum-trivelle-una-geologa-ecco-perche-io-non-andro-a-votare-e-se-proprio-fossi-costretta-voterei-no/653980/