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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

lunedì 24 dicembre 2018

È pur sempre Natale!












Il mio è un Natale strano, tristissimo, il più brutto della mia vita.
È il primo senza mio padre, il primo a rallegrarci le serate con la tombola, i giochi di carte, o magari col CINCO, il "SIMCO" come diceva lui, ma...
Ragazzi, siamo pur sempre a Natale, si tratta di un fatto oggettivo, e a Natale si fanno sia l'albero che il Presepe, con buona pace di chi sappiamo noi.
E io non lo dimentico, no, nonostante tutto non lo dimentico.
Perché la vita va avanti comunque, come sempre.

Quindi, amici miei, come sempre diciamoci Buon Natale.
E se avete ancora i vostri genitori (e i nonni, mi raccomando i nonni!) dategli un bacio speciale anche da parte mia.

Ciao papà, Buon Natale anche a te, ovunque tu sia.


venerdì 21 dicembre 2018

Il diritto all'odio


Si chiamavano Louisa Vesteragen Jespersen, 24 anni, danese, e Maren Ueland, 28 anni, norvegese.
Le hanno ingannate, brutalizzate, violentate, torturate e infine, stremate, terrorizzate e umiliate com'erano, le hanno decapitate, da vive, e non con un colpo secco, no, sarebbe stato troppo facile, troppo "umano", non sia mai, dovevano soffrire...
Quindi hanno usato il loro maledetto, sporco, rugginoso coltello rituale da pecorai e gli hanno letteralmente segato il collo.
Avete idea di quanta forza ci voglia, amici miei?
Di quanta determinazione, di quanto odio ci voglia per fare una cosa simile???
Eppure lo hanno fatto.
Contro due ragazze ingenue, sole, che avevano il solo torto di essere bianche, bionde, europee, addirittura nordeuropee, figurarsi...

Rachid Aftati, Younes Ouazuiad, Abdessamad Ejjoiud



Così le hanno inflitto questo supplizio immane, dolorosissimo, una bestialità durata parecchi minuti: le due povere ragazze hanno cercato di opporsi, poi hanno urlato, pianto, chiesto disperatamente pietà, ma loro niente, hanno continuato quella barbarie senza battere ciglio, anzi divertendosi magari, maledetti bastardi.
Sono morte gorgogliando parole ormai incomprensibili, nel fiotto di sangue che scorreva a fiumi dalla ferita, coscienti fino a pochi secondi prima che il loro capo cadesse a terra, reciso dal collo.

E allora non osate parlarmi più di tolleranza, di rispetto, di comprensione.
Questi cercano la morte, la nostra e anche la loro, una morte che chiamano martirio nel nome di Allah.
Ebbene, DIAMOGLIELA!!!

Altro che perdono, io rivendico il mio diritto all'odio!
Ammazziamoli tutti, e nel modo più doloroso possibile.
Hanno superato il limite dell'indicibile.

ORA BASTA!






Che friggano all'Inferno, questi maledetti da Dio e dagli uomini!

P.S. La Boldrini, Fico, tutte le altre anime belle, hanno qualcosa da dire al riguardo???








domenica 16 dicembre 2018

Addio...polemico

Antonio Megalizzi (1989-2018)




Addio Antonio.
Ucciso dalle tue illusioni.
Le stesse però di chi non ha il coraggio, la voglia, l'onestà di dire che...Chi ti ha ucciso è un ISLAMICO.
E lo ha fatto in nome della sua religione.
In un mercatino di Natale.
Uno di quei tanti che ormai sembrano diventati la loro riserva di caccia.




Basta, mi fermo qui.
Gli sia lieve la terra, povero ragazzo.



giovedì 6 dicembre 2018

Rosso Istria





Vedetelo, se potete farlo.
Fate in modo che nella vostra città o nel vostro paese lo proiettino, se non ne è prevista la programmazione.
Io l'ho visto, ieri sera.
Non si può non farlo.
Si tratta di un dovere morale e civile per chi si ritenga davvero italiano.

domenica 4 novembre 2018

Noi che abbiamo vinto a Vittorio Veneto


"SOLO I MORTI HANNO VISTO LA FINE DELLA GUERRA" (Platone)

Sono passati cento anni dal Giorno della Vittoria, il 4 novembre 1918.
Quando ero bambino, tanti anni fa ormai, questo era giorno festivo pieno, si stava a casa da scuola, le caserma "Pisacane", come quelle di tutta Italia, era aperta, si mettevano in mostra i mezzi e la gente sciamava felice tra i viali e i piazzali di quell'immensa struttura militare che in tutti gli altri giorni era sempre chiusa alla cittadinanza: curiosa di vedere tutto, chiedeva informazioni agli ufficiali che si mettevano pazienti a disposizione..
Ma non era una perdita di tempo, non un mero atto dovuto, neppure una scocciatura, vi assicuro, allora era ancora IL GIORNO DELLA VITTORIA, sì, proprio così, tutto maiuscolo e in grassetto: non c'era alcuna vergogna di dirlo, anzi c'erano ancora Rispetto di noi stessi, della nostra Storia, della divisa, e se non c'era magari Amore di Patria c'era comunque sempre il Ricordo di quello che avevano fatto i nostri Padri e Nonni, e io da figlio di ufficiale ricordo bene come quel giorno fosse evidente l'Orgoglio di mio padre e persino dei suoi artiglieri (allora tutti di leva) quando indossando la sciarpa azzurra andava a portare me e tutti gli altri a visitare i mezzi, gli equipaggiamenti, i canoni da 155, tutti sistemati a lustro per la giornata...

mercoledì 31 ottobre 2018

Asia Bibi e la coscienza sporca delle anime belle




Mentre il criminale che sporca il suo nobilissimo nome fa lo sbruffone, in Pakistan la cristiana Asia Bibi è stata assolta dopo dieci anni di detenzione in isolamento dall'assurda e pretestuosa accusa di blasfemia, che poteva portarla addirittura alla sentenza capitale, e in queste ore le strade delle città di quel paese si stanno riempiendo di fanatici pronti a farle la pelle, in un crescendo di tensione che si fa di ora in ora sempre più alta.
Uno si aspetterebbe che la solitamente zelante Boldrini dicesse qualcosa, la dicesse una qualsiasi delle anime belle di questa sinistra senza Patria e senza Onore che pasteggiando a caviale e champagne dall'alto dei suoi attici ai Parioli discute dei massimi sistemi in nome di una supposta superiorità culturale e morale che giustificherebbe ad esempio la limitazione del diritto di voto solo ad una frangia minoritaria della popolazione, quella che fa comodo a lei...
Ma non accade.
Non accadrà mai.

Quelli possono parteggiare giusto per gli ignobili omonimi che cercano di rifuggire la giusta sanzione carceraria che gli spetta per i loro turpi reati da vigliacchi, o per i VERMI (i Comboniani di Padre Zanotelli se ne facciano una ragione) che hanno infierito sui poveri corpi di Pamela e Desiree, o per le folle di scioperati che sono stati fatti entrare da fuori con una decisione politica cieca e irresponsabile, ad aumentare il numero di assistiti a UFO del nostro spossato sistema sociale, ma non lo faranno mai per una povera madre di famiglia con le pezze al culo, cristiana per di più, che in nome della sua Fede (essì, amici miei, Fede, con la maiuscola, non è una parolaccia) ha sconfitto una intera religione che la voleva morta, almeno nelle sue frange più estreme, che in certe lande sono però anche quelle maggioritarie.

Spero che l'Italia possa accogliere Asia Bibi, anche se la sua sola presenza manderebbe in crisi molte cattive coscienze, molte delle quali anche in veste talare.
Persino a livelli molto alti.
Ma molto proprio.
Perché avendola davanti si troverebbero di fronte esattamente ciò che qui cercano di estirpare: il volto di Gesù.
E a qualcuno non va bene.

La vicenda di Asia Bibi è proprio una clamorosa papagna in piena faccia a certe convinzioni: Amore e coesione sociale vanno bene solo senza Dio per questi qui.
Asia Bibi è la testimonianza piena che così non è.
Certi sepolcri imbiancati ne prendano atto.
Vale assai più una povera donna come lei, capace di resistere ad un regime infame di carcerazione senza piegarsi mai, nonostante le tante profferte di clemenza in caso di sua conversione all'Islam, di una scaldasedie come l'orrida Emma Bonino, che pure una volta stimavo (e sbagliavo, ovviamente).

martedì 23 ottobre 2018

L'Europa ha bisogno di civiltà. La nostra




Mi fanno schifo i 5 stelle, la loro politica economica, il loro squallido pacifismo da operetta (che trova nello spot per il 4 novembre riaccomodato 3000 volte in senso sempre più piagnone il suo manifesto più vergognoso), il loro giustizialismo idiota che combinato con l'assistenzialismo più smaccato, il pauperismo ideologico ed il loro finto moralismo a geometria variabile forma un micidiale mix di incompetenza compiaciuta e impunita presunzione.
Ma questo è un problema mio, non dell'U.E.
All'U.E. preme solo abbatterci come monito, come i nazisti facevano con le loro rappresaglie sui monti, a Lor Signori interessa solo di far valere un principio di supremazia su di noi, e quindi sulle singole nazioni che la compongono, tranne due, le SOLITE due, quelle che danno sempre il mazzo di carte e possono barare come vogliono, tanto nessuno dice nulla.
Ebbene, stavolta qualcuno non ci sta, stavolta qualcuno è intenzionato a dire:
"Alt! Tu giochi sporco! E allora vedo".

Nessuno ha assegnato alla U.E. questo potere, nessuno lo vuole, e lei non ne ha alcun titolo.
La politica economica è solo un pretesto.
La U.E. ci vuole in ginocchio.
Ebbene, NOI IN GINOCCHIO NON CI METTEREMO!
Siamo allo scontro finale, ne va della nostra dignità di nazione ancora LIBERA e INDIPENDENTE.
Ed è meglio essere lupi liberi in contrapposizione con gli altri lupi liberi, che cani costretti alla catena da un padrone che bontà sua ogni tanto ci dà da mangiare e ci porta a pisciare.

L'ultimatum di oggi è la goccia che fa traboccare il vaso.
Ma noi non siamo la Grecia, noi abbiamo un avanzo primario da trent'anni, noi siamo la seconda nazione manifatturiera d'Europa, la sua terza economia, talmente forti che da solo il nostro triangolo industriale costituisce di fatto la terza economia europea ed una delle prime 10 del mondo.
Non dobbiamo piegarci.
Oggi siamo al Piave.
Il nemico non deve passare.

Perché dopo il Piave è venuta la battaglia del Solstizio e infine Vittorio Veneto.

E chissà che l'Europa non la rifondiamo noi.
Come sempre, d'altronde.
Nei cent'anni dalla Vittoria del 1918, vinciamo anche questa battaglia.
Una battaglia di civiltà.




venerdì 19 ottobre 2018

Regolamento di (conti col) Condominio




Permettetemi uno sfogo personale, amici.
Non c'è nulla di meglio, per un avvocato che vive in un condominio diciamo..."difficile", visti i rapporti con alcuni condomini (quelli che in genere sono più "estrosi", ma proprio molto "estrosi"), che avere una causa col medesimo.
Così potrà, in maniera assolutamente legale (e soprattutto assolutamente inattaccabile perché vera), dire di tutto nei suoi atti difensivi.
Uno può essere anche un tipo tollerante e che cerca sempre di trovare una via di mezzo, ma...
Arriva un momento in cui anche basta!

Ultimamente ci sono poche soddisfazioni sia professionali che personali...
Be', stavolta qualcuna me la prenderò.
😜

lunedì 10 settembre 2018

Per l'Onore della Patria e della Nembo


La torbiera del piano dello Zillastro, con i faggi sullo sfondo

L'etichetta che appiccico a certi post è "Coriandoli di Storia", ma io, lo sapete, non sono uno storico, sono solo uno che cerca di coltivare e tenere viva la memoria.
Ecco perché ciò che scrivo è in realtà un pretesto per ricordare fatti, nomi, situazioni, al di là dello specifico tema trattato.
Fatti, nomi, situazioni che certe volte si presentano quasi per caso alla mia attenzione, mentre magari parlo di altro, e che se non li colgo al volo rischiano di andare persi.
Vado fuori argomento? Può essere, in un'ottica meramente scientifico-metodologica, ma qui in realtà siamo su un altro piano, su tutt'altra dimensione, quindi va bene così.
Ecco perché in un primo momento avevo preparato questo pezzo nell'ambito di quello assai più complesso dedicato allo Sbarco di Sicilia.
Ma in effetti l'episodio che intendo raccontare andava troppo al di là del tema trattato in quella occasione e meritava comunque un approfondimento tutto suo, quindi ne parlerò qui di seguito.

sabato 8 settembre 2018

Il tweet di Salvini vi seppellirà



A mio avviso questo provvedimento e quello sul sequestro di ben 49 milioni di euro in tutto il territorio nazionale comunque facenti capo alla Lega (Nord) costituiscono due degli atti più eversivi dell'ordine costituzionale repubblicano mai compiuti.
Alla pari c'è forse solo il famoso avviso di garanzia ricevuto a Napoli nel '94 da Silvio Berlusconi, finito immancabilmente nel nulla com'era ovvio che finisse, ma che è quello che ha indirizzato veramente il corso delle cose politiche degli ultimi 24 anni.

martedì 28 agosto 2018

Guerra nucleare nella Chiesa



Credo che con le accuse dell'ex Nunzio Apostolico negli USA, Monsignor Carlo Maria Viganò, sulla copertura da parte di Papa Francesco degli abusi compiuti dall'Arcivescovo Emerito di Washington, Theodore McCarrick, si stia giungendo al redde rationem all'interno della Chiesa (si veda https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/26/pedofilia-monsignor-vigano-papa-francesco-si-dimetta-ha-seguito-consigli-dei-perversi-e-operato-il-male/4582449/).

Monsignor Carlo Maria Viganò
Io non so cosa stia succedendo, so però che tutto questo non mi sorprende, anche se mi addolora enormemente, e non potrà certo bastare la cortina di sbarramento tesa a nuclearizzare la figura della persona Viganò, più che a verificare il merito delle sue dichiarazioni, a metterne in dubbio le accuse, se si tratta di accuse vere.
Perché uno può essere anche un figlio di puttana, ma se ciò che dice viene provato ha comunque ragione, e così a occhio non mi pare che le "prove schiaccianti" contro Viganò di  cui parla l'UCCR (https://www.uccronline.it/2018/08/28/accuse-al-papa-lex-nunzio-vigano-ha-mentito-ecco-le-prove/siano effettivamente tali, visto che nel merito le supposte "prove" non entrano se non blandamente ed in modo deduttivo, ma solo e soltanto in un più ampio contesto di diffamazione di Viganò.
Ora, può darsi che le affermazioni di Viganò siano effettivamente menzognere e dettate solo da una sorta di rivalsa umana, non lo so e non posso saperlo, ma non è che la sua personalità magari contorta e per niente cristallina le possa smentire sic et simpliciter: vanno provate, certo, ma dall'altra parte si deve contestarle nel merito, non rifugiandosi nell'opera di demonizzazione dell'ex Nunzio Apostolico.
E per far questo occorre evidentemente una inchiesta seria, equilibrata e non di parte.

Papa Francesco sull'aereo nel volo di ritorno
Io però prendo atto che sul punto per due giorni i TG nazionali, tutti nessuno escluso, hanno censurato la notizia, nonostante la sua evidente gravità, e solo l'altro ieri Papa Francesco, a domanda precisa postagli sull'aereo durante il volo di ritorno dall'Irlanda, ha preferito non commentare, limitandosi ad un gesuitissimo "Giudicate voi..."
La cosa di per sé la trovo assai grave, ma se è possibile trovo ancora più grave un'altra cosa che pure mi pare nessuno abbia evidenziato: il totale, assoluto silenzio sulla questione del Papa Emerito, Benedetto XVI, che pure è stato dichiaratamente messo in mezzo da Viganò, come l'unico che si sia effettivamente preso a cuore della misera vicenda umana di McCarrick a suo tempo, senza che però la sua opera sia stata proseguita da Francesco.
Un pesantissimo, assordante silenzio che dura ormai da quattro giorni.




Ecco, questa è la cosa che mi fa pensare più di tutte.
Forse è veramente iniziato lo scontro finale, e non è solo uno scontro terreno, temo.
E tutto questo, ve lo dico sinceramente, cari amici, a maggior ragione in questa estate per me così brutta mi fa ancora più male.
Mala tempora currunt, come dicevano gli antichi Padri latini.
Per chi crede, raccomando di recitare la Preghiera a San Michele Arcangelo.











giovedì 23 agosto 2018

I poveri bimbi della Diciotti




Avviso Lor Signori di stare veramente attenti.
Ma veramente attenti.
Perché qui finisce male.
Ma male male male.

Se i magistrati, titillati da parti politiche, lobbistiche, giornalistiche e pseudo-intellettualoidi ben individuate, pensano di ripetere lo stesso giochino fatto col Berlusca nel 2011/12 cascano male.
Salvini non ha 82 anni, non è male in arnese fisicamente, non ha un partito di plastica alle spalle in crisi e fatto al 90% di yes men pronti a tradirlo al primo refolo di vento contrario, non ha aziende da difendere né figli ed ex mogli che come avvoltoi gli alitano freneticamente da dietro.
Se le "anime belle", che sono al contempo in realtà false, ipocrite e moralmente squalificate, intendono insistere in questo atteggiamento suicida il consenso del governo e suo personale salirà al 90%, e stavolta nemmeno dall'estero potranno fare nulla, non ci sarà "Franza o Spagna basta che se magna" che tenga!
L'Europa rispetto a sette anni fa è assai diversa, divisa e meno forte, ora la Gran Bretagna se n'è ita, Macron è in difficoltà, la Merkel manco a parlarne, il Gruppo di Visegrad è sempre più forte e come se non bastasse questo anche gli U.S.A. di Trump sono ben diversi da quelli di Obama, assai più in sintonia con l'attuale governo italiano di quanto lo siano tanto per dirne una con la Germania, che anzi viene da loro vista come un vero e proprio nemico commerciale e politico.

Stiano attenti, i mestatori nel torbido, quelli dei "Porti sempre aperti", quelli del "Me too" (appunto, vero Asia Argento?), quelli dei "poveri minori tenuti in ostaggio sulla Nave Diciotti della Guardia Costiera", che in realtà sono giovani che tutto sembrano fuorché poveri bimbi spauriti, quelli del "Viva il procuratore di Agrigento che apre un fascicolo contro ignoti" per tale vicenda...
Stiano attenti, tutti, perché qui se si va allo scontro e si cominciano ad usare le maniere forti finisce male.
Ma per loro.
Il vento della Storia soffia in un altro verso, ora.
Altro che diciott..o percento, ora!



















P.S.
A proposito, c'è bisogno che la Guardia Costiera abbia per forza in dotazione due grosse unità da 2.000 tonnellate come Nave Diciotti e Nave Dattilo?
Le si passi alle dirette dipendenze della Marina Militare, le si armi come Dio comanda e le si mandi in crociera d'istruzione per sei mesi nei Mari del sud.
Poi, voglio vederli i motoscafi della G.C. a stazionare in permanenza al largo, tra Malta e la Libia.
La G.C. deve proteggere le nostre acque costiere.
Nient'altro.
#IostoconSalvini



mercoledì 15 agosto 2018

Buon Ferragosto!




Cari amici, per i motivi che potete immaginare, questa per me è l'Estate più triste della mia vita, ed in più siamo anche traumatizzati dalla tragedia epocale di Genova, solo di pochi giorni seguente a quella per fortuna assai meno grave di Bologna, tuttavia mi fa piacere lo stesso augurare a voi tutti

BUON FERRAGOSTO!!!



mercoledì 18 luglio 2018

Bertolaso ancora una volta vincitore

























Ritornare alla stretta attualità giudiziaria, stavolta in positivo, mi (e ci) riporta a pensieri meno cupi rispetto a quelli avuti negli ultimi tempi, anche se non certo meno amari.
Mi limito a copincollare qui un'informativa di ieri dell'ANSA.


"++ Grandi rischi bis: Bertolaso assolto in appello ++
(ANSA) - L'AQUILA, 17 LUG - La Corte d'Appello dell'Aquila ha assolto l'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso nel processo bis alla Commissione Grandi Rischi. I giudici di secondo grado hanno confermato la formula della sentenza di primo grado. Bertolaso, ex commissario per l'emergenza terremoto, era accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni in quanto, per l'accusa, sarebbe stato responsabile della comunicazione di false rassicurazioni sul rischio sismico che la Commissione avrebbe fornito il 31 marzo 2009."


Non credo ci sia bisogno di ulteriori commenti, dopo tutto quello che ho scritto al riguardo in questi anni. 
Vi faccio solo una domanda: avete visto, letto, sentito il mainstream mediatico nazionale dare a questa notizia la stessa, identica importanza, enfasi e rilievo dati a suo tempo alle incriminazioni a carico dell'ottimo Guido Bertolaso? 
La risposta datevela da soli. 
Hanno rovinato un validissimo servitore dello Stato per infami lotte politiche di sottobosco. 
Vigliacchi.












domenica 15 luglio 2018

Il Mondiale più brutto della mia vita

"L'estate del 2014, subito dopo l'eliminazione dal Costarica, avevo scritto che passata la delusione sarei ritornato comunque col pensiero al prossimo mondiale  e di sicuro nel 2018 mi sarei ritrovato davanti alla tv, con quattro anni di più sul groppone a tifare come un matto insieme con mio padre, ormai entrato nell'80° anno di età".
Scrivevo questo il 24 novembre 2017, subito dopo l'invereconda eliminazione dal mondiale dell'Italia al play off (v. QUI).
Mio padre ha cominciato a vedere questo mondiale, da amante del calcio come il sottoscritto, nonostante la nostra eliminazione dal mondiale, a 80 anni appena compiuti a marzo, ma purtroppo non è riuscito a finirlo.
Nella notte del 27 giugno, davanti ai miei occhi, ha avuto una terribile emorragia cerebrale, che se l'è portato via, vigliaccamente, poco più di dodici ore dopo, in ospedale a Baggiovara, per fortuna senza soffrire, in coma, in pace con Dio e con gli uomini, da uomo giusto qual era.
Pochi minuti dopo la sua ... sarebbe cominciata la partita dall'esito forse più sorprendente dell'intero mondiale, forse una delle sorprese sportive più clamorose della storia, quella nella quale la Corea del Sud, battendola 2-0, avrebbe eliminato la Germania campione del mondo, favorita d'obbligo anche stavolta.
Ma a mio padre non interessava più.
A me non interessava più.
Curiosamente, il primo mondiale che avevo "visto" con mio padre (si fa per dire, avevo circa 3/4 mesi di età) era quello del '66, in cui la Corea, stavolta quella del Nord, aveva eliminato clamorosamente la strafavorita Italia...
Mio padre diceva sempre che ogni volta che urlava "Bidone!" all'indirizzo dei nostri campioni umiliati in campo in quella clamorosa sconfitta io piangevo dal seggiolino...
Mio padre ha cominciato a vedere i mondiali insieme con me con una sorprendente Corea, ed ha finito con un'altra, ed anche in questo caso ho pianto, lacrime amare sul serio stavolta, anche se non per il calcio...

Non ho mai avuto la forza di vedere le immagini di quella partita.
Per giorni e giorni non ho visto nulla dell'evento sportivo più planetario che ci sia, non ne avevo la forza e la voglia.
Ora che il mondiale è finito, con la vittoria della Francia per 4-2 sulla sorprendente Croazia, mi fa strano pensare che tutto si sia compiuto.
Senza l'Italia in campo e soprattutto senza mio padre a vedere le partite insieme con me.
È stato un mondiale bellissimo, dicono, ma io non lo posso giudicare, l'ho visto con occhi completamente diversi, col pensiero sempre rivolto a mio padre che, ne sono sicuro, nonostante la nostra assenza si sarebbe divertito veramente tanto.
Sono credente, e penso che abbia continuato a vedere le partite insieme con me.
Ma io non lo vedevo, non lo vedrò più fino a quando sarò in terra.
Scusate, lo so, questo è un post un po' così, ma mi ero ripromesso di scrivere qualcosa sul mondiale.
Mi accorgo che inevitabilmente il mondiale passa in secondo piano, il mio tifo sfrenato per la Croazia pure, l'antipatia (sportiva) per la Francia anche, la delusione per l'Italia che non c'era pure...
Questo capitolo si chiude, era l'ultimo che avevo in sospeso con mio padre, ora tutto quello che verrà sarà qualcosa sempre senza di lui.
Sarà dura.
Scusate lo sfogo.
Mio padre era molto meglio di me.



domenica 1 luglio 2018

Ninna nanna per un papà

Domenico Signorile
(Acquaviva delle Fonti, BA, 2 marzo 1938-
Modena, 27 giugno 2018)

Ninna nanna per un uomo

che muore. Ninna nanna 
per il tuo papà.
Questa volta tocca a noi 
farlo sognare
per l’ultima volta.
Ricordi la sua voce profonda 
di uomo 
nella notte
quand’eri bambino?
Parlava suadente 
per lasciarti declinare
nel mondo dei sogni.
Ti narrava di mondi
di eroi e marinai
di formiche e gladiatori
e rovi attorcigliati e usignoli 
e fiumi e pietre
e perle di conchiglie
e monti inondati di neve.
E così cacciava i fantasmi
che nascondevi sotto il letto.
Tu, lento, spegnevi le ciglia
e una nebbia felice 
abbracciava i tuoi sogni
quando i racconti 
si facevano sempre più flebili.
Ora mentre si accasciano opache
le sue lente pupille
parlagli tu, come lui 
con tenerezza suadente,
sottovoce
perché possa lui declinare
dolcemente
nel mondo sconosciuto
che non ha voce.
Questa sera.
Per farlo addormentare.
Per l’ultima volta.



Ciao papà.
Ti voglio bene.

(Grazie zio).

lunedì 18 giugno 2018

Sorpasso


Signori, questo è l'ultimo sondaggio di oggi, che traggo da facebook dall'amico Guglielmo Mastroianni.
Uscirà stasera per il TG La 7.
Mi limito a notare che sia F.I. che F.d.I. sono in crescita.
Quelli in più di Salvini sono tutti voti presi ai grillini.



giovedì 14 giugno 2018

Non c'è sugo...




Sì, però...
Ventura va a cagare...

Parlano parlano, come a Barletta...


Domani comincia il più grande Evento sportivo del mondo.

Quello che noi italiani aspettiamo sempre ogni quattro anni, pronti a viverlo tutti insieme come un sol uomo.
Quest'anno però purtroppo non ci saremo, dopo sessant'anni, per la terza volta nella storia, la seconda perché eliminati sul campo.

Si tratta, per me, per noi tutti, di un dolore immenso, acuito anche dal fatto che la prossima volta, SE ci arriveremo, sarà un'edizione tutta particolare, praticamente sotto Natale o quasi, in Qatar, e solo dopo altri quattro anni torneremo ad un Mondiale "normale", seppure condiviso a tre fra USA, Canada e Messico (decisione proprio di oggi).
E avremmo comunque otto anni in più...

Eppure...
Eppure anche se ci manca l'occasione del Mondiale per ritirare fuori le nostre bandiere, ebbene qualcosa di nuovo, di bello e di importante sta capitando, proprio in questi giorni.
Qualcosa che le bandiere potrebbe farcele ritirare fuori lo stesso, e con maggior ragione.
Continuo a mantenere tutte le mie riserve sul governo cosiddetto giallo-verde, soprattutto per quanto concerne la parte grillina dell'esecutivo (sono curioso di vedere ora come andranno le cose, dopo la scoppola rimediata dal Movimento alle ultime elezioni amministrative), però non posso non notare come negli ultimi dieci giorni, soprattutto grazie all'ottima performance del nostro nuovo Presidente del Consiglio Conte al recentissimo G7, l'unico degli europei ad uscirne promosso a pieni voti, ed ancor di più in virtù della fermezza mostrata dal neo Ministro degli Interni Salvini nella gestione del caso AQUARIUS, una pratica spinosissima e con una altissima soglia di rischio, ma brillantemente superata con lucida follia dal Viminale, questo Governo abbia riportato finalmente in alto il nostro Tricolore nel consesso euro-mondiale.
Siamo solo all'inizio, ci saranno tante altre prove da superare, non mancheranno i momenti di difficoltà e di scoramento, ma se sono rose, come si dice, fioriranno...
E il nostro inno possiamo sin d'ora tornare a cantarlo a squarciagola.



Abbiamo perso il Mondiale.
Ma forse abbiamo ritrovato l'Italia.
Finalmente.


P.S.
I francesi è dall'epoca di Barletta che ci prendono per il culo.
Ma poi le prendono.
































domenica 10 giugno 2018

La battaglia dell'Ortigara




Tra il 10 ed il 29 giugno 1917, partita quando ancora la decima battaglia dell'Isonzo doveva finire, si sarebbe svolta sul fronte italiano un'altra ferocissima battaglia, prevista originariamente come immediata risposta italiana alla Strafexpedition ma spostata in avanti di ben un anno rispetto alle intenzioni originarie e su un settore del tutto diverso, l'Altopiano di Asiago, detto anche dei Sette Comuni, presidiato dal III° C.A. austro-ungarico del General der Infanterie Joseph Krautwald Ritter von Annau appartenente all'XI° Armata del Generaloberst (Colonnello Generale) Viktor von Scheuchenstuel:

Josef Krautwald von Annau
(Vienna, 1 ottobre 1858-
Bratislava, Slovacchia, 13 aprile 1925)

- nella Val d'Assa, compresa tra la parte terminale della Val d'Astico e Roana, era posizionato il gruppo al comando del colonnello brigadiere Rudolf Vidossich (5 battaglioni);

- da Roana al Monte Colombara (1828 m) la 22° divisione Schutzen del Maggior Generale Rudolf Muller (11 battaglioni); 

- da qui al ciglio settentrionale dell'altopiano la 6° divisione di fanteria del Luogotenente Feldmaresciallo Artur Friedrich Edler von Mecenseffy (17 battaglioni);

- di seguito la 18° K.u.K. slovena di Mostar, ai comandi del Maggior Generale Julius Vidalè von San Martino (7 battaglioni).

Di riserva erano infine 6 battaglioni e mezzo d'assalto dell'XI° Armata.
In totale erano circa 48 battaglioni, col supporto di 400 pezzi di artiglieria ben posizionati su tutte le cime del complesso montuoso e ben 400 mitragliatrici.


Ettore Mambretti
(Binasco, MI, 5 gennaio 1859-
Roma, 12 novembre 1948)
Di fronte a loro era schierata l'intera VI° Armata del Tenente Generale Ettore Mambretti, un alto ufficiale di per sé estremamente valoroso ma circondato da un imbarazzante alone di diffidenza in tutto l'esercito per una certa fama di jettatore (comprovata anche dall'epistolario di Cadorna) che qualche rovescio militare subito in carriera non aveva fatto che far lievitare...
Cadorna personalmente a certe superstizioni non credeva per niente, ma non essendo stupido né cieco si era perfettamente reso conto che quella brutta nomea cominciava ad essere deleteria per il morale dell'esercito.





Preparata con larghezza di mezzi e di uomini e per la prima volta con un supporto pianificato dell'arma aerea, l'offensiva avrebbe coinvolto 9 divisioni appartenenti a 4 corpi di armata, e prevedeva tre distinte azioni: 

- il XX° C.A. del Tenente Generale Luca Montuori (29° e 52° divisione) ed il XXII° C.A. del parigrado Ettore Negri di Lamporo (57°, 25°, 13°, con la 27° in posizione defilata di retroguardia), distesi lungo un fronte di 14 chilometri che andava da Cima Caldiera alla Val d'Assa fino al limitare del paese di Camporovere, dovevano effettuare l'azione principale, il primo a  nord-ovest dell'altopiano sui monti Ortigara (2105 m) e Forno (1911 m), il secondo contro le posizioni nemiche di sud-ovest, tra lo Zebio (1717 m) ed il Mosciagh (1556 m);

- il XXVI° C.A. del Tenente Generale Augusto Fabbri (12° e 30° divisione) doveva affiancare al contempo con un'azione concorrente il XXII° C.A. a sinistra, attaccando direttamente il caposaldo meridionale del nemico sul Monte Rasta, a ridosso di Camporovere, che insieme con quello di Monte Interrotto (1412 m) proteggeva l'accesso al Mosciagh;

- ed infine il XVIII° del Tenente Generale Donato Etna (quasi sicuramente figlio illegittimo di Vittorio Emanuele II°), con a disposizione però una sola divisione, la 51°, doveva tenere impegnato il nemico con un attacco sussidiario dimostrativo in Valsugana, che poi sarebbe dovuto sfociare se tutto fosse filato liscio nell'assalto al Monte Civeron (1032 m), proprio ai piedi dell'Ortigara, per creare un collegamento col XX° una volta che questo avesse conquistato quella cima.

Si trattava di quasi 300.000 uomini (la metà appartenenti al XX° C.A.), con 114 battaglioni di fanteria, 22 di alpini, 18 di bersaglieri e 10 del genio, più reparti indivisionati di mitraglieri e genieri, i servizi e le artiglierie: ben 1.504 bocche da fuoco italiane (29 grossi calibri, 474 medi, 450 piccoli, 551 bombarde), integrate da aliquote di due batterie ferroviarie da 320 mm ed una di 6 pezzi da 190 inviate dalla Francia ed in parte servite da personale senegalese, con una densità di un pezzo ogni 9 metri, la più alta mai vista finora sul fronte italiano, quasi analoga a quella dell'offensiva di Nivelle sul fronte occidentale di un mese prima.
Una (s)proporzione di forze di 3 a 1 a favore degli italiani, eppure...

Il problema era che le truppe italiane incaricate dell'attacco su tutte quelle cime dovevano concentrarsi insieme e poi scendere dalle pendici di Cima Caldiera (2124 m) e del Monte Lozze (1959 m), attraversare allo scoperto tutta quella pericolosissima "terra di nessuno" compresa tra il Vallone dell'Agnellizza e la Pozza dell'Agnellizza e successivamente risalire sulle cime 2003, 2101 (Cima Le Pozze per gli austriaci) e 2105 saldamente presidiate dal nemico, tutto questo sotto il tiro continuo di tutte le artiglierie avversarie schierate ad arco su Cima Undici (Cima delle Pozze, 2229 m), Cima Dodici (2336 m), Castelnuovo (Cima Dieci, 2215 m) ed Ortigara e capaci di battere da nord-ovest ogni singolo metro di quel percorso, con i grossi calibri in Valsugana ed i pezzi da montagna su tutte le vette.

Viktor von Scheuchenstuel
(Witkowitz, Moravia, 10 maggio 1857-
Vienna, 17 aprile 1938)
L'offensiva, com'era d'altronde prevedibile, nonostante si dispiegasse come detto su 14 chilometri di fronte si sarebbe di fatto risolta purtroppo in un feroce scontro su un arco spaziale di soli 2, circoscritto al solo massiccio dell'Ortigara, e sarebbe terminata in un colossale fallimento, per di più con un enorme dispendio di vite umane, anche per la superficialità diciamo ingenua con cui fu architettata e poi condotta, lasciandone pressoché immutati i piani originari messi giù un anno prima nonostante gli austriaci avessero rafforzato le loro posizioni lungo tutto il corso del torrente Assa, all'estremità orientale dell'altopiano, attraverso i monti Rasta (1214 m), Zebio, Colombara, Forno, Chiesa (2061 m), Campigoletti (2052 m) e Ortigara, ed apprestato anche numerosi nidi di mitragliatrice, piazzole di artiglieria, ricoveri e gallerie in caverna sul pianoro dove insistevano Cima Dodici e l'Ortigara, proprio i principali obiettivi dell'attacco.
Non solo, ma nonostante si sapesse pure benissimo che il nemico da tempo era venuto a conoscenza persino del nome dato all'attacco dagli italiani, quello di "Operazione K" (nel Carso capitò che dalle prime linee nemiche sfottessero le vicine trincee italiane esponendo cartelli con la scritta "Ma quando comincia l'operazione K?"), i nostri Alti Comandi non trovarono di meglio che escogitare un solo, geniale rimedio: cambiarne il nome in "Ipotesi Difensiva Uno" lasciando immutato tutto il resto...

L'azione principale era affidata:
a nord, in direzione dell'Ortigara e del Monte Forno, alla 29° divisione del Tenente Generale Enrico Caviglia (brigate Arno, Grosseto e Pesaro, 3° reggimento Piemonte) ed alla 52° alpina del Maggior Generale Angelo Como Dagna Sabina, costituita da ben 18 battaglioni alpini del XX° C.A.;
a sud, verso Quota 1626 di Monte Zebio e Monte Rotondo, alle divisioni di fanteria 13° del Maggior Generale Roberto Bassino (Catania, Veneto e 4° Piemonte), 25° del parigrado Amos Del Mancino (Sassari e Piacenza) e 57° del Tenente Generale Arcangelo Scotti (con la sola brigata Porto Maurizio) del XXII° C.A.
L'azione concorrente sulla sinistra del settore del XXII° era invece assegnata alle brigate Cremona (30° divisione) e Casale (12°) del XXVI° C.A.


L'attacco doveva partire il 9 giugno, ma lo scoppio prematuro alle 17,00 del giorno 8 davanti al Caposaldo A di fronte alla Lunetta del Monte Zebio (Quota 1603) di una mina (tra i 1.000 ed i 4.000 chili di esplosivo) che doveva invece esplodere al termine del bombardamento preparatorio sotto i trinceramenti austriaci per favorire l'assalto di due battaglioni del 145° Catania della  13° divisione,  forse a causa di un fulmine che colpì i circuiti di accensione non bene interrati, aveva causato il crollo di una parete rocciosa di 7 metri ed un cratere di 35 di diametro, portando alla morte di ben 180 uomini tra fanti e genieri, tra cui 13 ufficiali del 145° presenti sul posto in ricognizione (altri 9 furono feriti), e persino di 35 uomini del presidio nemico!
Emilio Lussu
(Armungia, CA, 4 dicembre 1890-
Roma, 5 marzo 1975)
Questa fatalità, che aveva richiesto persino una tregua d'armi per poter disseppellire gli sventurati travolti dall'esplosione (solo due furono recuperati ancora vivi!), unita al tempo veramente bruttissimo, aveva portato al rinvio di un giorno dell'attacco ed aveva ulteriormente messo sul chi va là il nemico, che già da più di un mese aveva notato l'irrobustimento del XX° C.A., con l'afflusso in zona di diversi battaglioni alpini, la costruzione di alcuni osservatori di artiglieria e l'avvenuta macellazione di poco più di un migliaio di capi di bestiame.
"L'avvenimento fu considerato come un cattivo presagio", avrebbe scritto nel suo romanzo "Un anno sull'altopiano" il noto scrittore, polemista e politico sardo Emilio Lussu, allora tenente della Sassari, attribuendolo però all'iniziativa austriaca...
I malumori sulla fama di Mambretti, nota a tutto l'esercito, aumentavano...
Ma ormai tutto era pronto per l'azione.
Alle 5,00 di mattina del 10 giugno  tutte le artiglierie italiane aprirono il fuoco, annunciando l'inizio della grossa offensiva.
Il bombardamento continuò implacabile per dieci ore, salva una pausa di un'ora e mezza tra le 11,00 e le 12,30 per verificare l'apertura dei varchi nei reticolati nemici, ma purtroppo non avrebbe avuto quasi alcun effetto contro le postazioni difensive in galleria predisposte dal nemico, anche perché, avrebbe rilevato il Generale Di Giorgio, l'artiglieria avrebbe dovuto concentrarsi sul settore nord, quello Campigoletti-Ortigara che portava a Cima Portule (2310 m), il vero obiettivo dell'attacco, piuttosto che disperdersi su un fronte più ampio che comprendeva anche il quadrante sud, dove erano presenti i trinceramenti in galleria, ben fortificati e muniti di numerosissime mitragliatrici...
Tra l'altro, le trincee nemiche erano così vicine a quelle italiane che nonostante fossero state predisposte accuratissime tabelle di tiro, con un preciso scaglionamento progressivo dei colpi in avanti affidato settore per settore a diverse batterie, venne purtroppo duramente cannoneggiata pure la brigata Sassari della 25° divisione, il cui 151° reggimento in particolare ebbe per questo molte perdite: solo quattro compagnie di questa formidabile unità poterono così lanciarsi, come previsto, all'attacco del Monte Zebio!
Quest'episodio, di cui si venne a sapere solo molto tempo dopo ma non appare comunque nelle pubblicazioni ufficiali, è citato anch'esso nelle pagine da 194 a 201 nel libro di Lussu ed è presente pure nel film che ne fu tratto nel 1970, "Uomini contro".
Ovviamente l'accaduto non poteva che far aumentare i mugugni...





Così, anche per l'inclemenza del tempo (a parte la nebbia c'era una forte pioggia battente che a quelle altezze si trasformava in gelido nevischio) l'attacco, scattato alle 15,00 del pomeriggio, apparve sin da subito ai limiti dell'impossibile.
A farne le spese sarebbe stata soprattutto la formidabile 52° divisione alpina, lanciatasi decisa incontro al nemico divisa in due colonne, una al comando del colonnello brigadiere Jacopo Cornaro (I° Raggruppamento alpino, col I° Gruppo del tenente colonnello Achille Porta ed il II° del colonnello Adolfo Gazagne), l'altra agli ordini del Maggior Generale Antonino Di Giorgio (IV° Raggruppamento alpino, con l'VIII° Gruppo del colonnello Ottorino Ragni ed il IX° Gruppo  del colonnello Pirio Stringa).

Immagine tratta da http://www.valgame.eu/trincee/files/cronasia17.htm

Mentre intervenivano dall'aria a più riprese ben 141 aerei italiani (32 bombardieri Caproni, 53 ricognitori e 56 caccia, di cui uno sarebbe andato perduto e 20 tornati indietro per la nebbia), le truppe  si lanciarono all'attacco, paradossalmente favorite in alcuni punti dalla fitta nebbia, che ne nascose l'avvicinamento.
Sul settore sud del fronte principale, che doveva prendere il Monte Forno e successivamente indirizzarsi sulla Forcelletta di Galmarara, si scagliarono le truppe della 29°, 13° e 25° divisione, con gli arditi e la brigata Arno sulla cima (Quota 1508), la Pesaro su Casera Zebio Pastorile (Quota 1706), la Catania sulla cima dello Zebio (Quota 1717), la Sassari su Quota 1626, la Piacenza sul Monte Rotondo (Quota 1476) e la Veneto su Quota 1603, trovando però sin dall'inizio una ferocissima resistenza nelle numerose postazioni di mitragliatrici predisposte dal 27° reggimento stiriano di fanteria Konig der Belgien di Graz e da elementi del 4° bosniaco appartenenti all'11° brigata della 6° divisione di Mecenseffy.


Artur Friedrich Edler von Mecenseffy
(Vienna, 23 giugno 1865-
Campo Gallina, Asiago, 6 ottobre 1917)
Mentre nell'azione concorrente, scattata all'unisono con quella principale, a ovest del Monte Rasta la brigata Cremona (30° divisione) e ad est la Porto Maurizio (57° divisione) s'infrangevano senza scampo contro i reticolati nemici, rimasti praticamente intatti, con la Casale (12° divisione) che si limitava dal canto suo ad effettuare rischiose ma estemporanee puntate esplorative fino all'Assa, accadeva che sul Monte Rotondo, poco più a nord, l'esplosione di una mina italiana alle 15,05 non sortisse l'effetto sperato, consentendo ai difensori di arginare l'impeto della Piacenza, mentre sulla sua destra la valorosissima Sassari, pur riuscendo a sfondare in un primo momento le linee nemiche tra Quota 1626 e 1476, era costretta di nuovo a ripiegare dopo alcune ore dopo aver respinto ben tre contrattacchi nemici con impetuosi scontri alla baionetta.
Infine, sul Forno anche il I° battaglione del 213° Arno, dopo esser riuscito con difficoltà a raggiungere con le sue avanguardie la piccola selletta tra le due sommità, sfruttando un ampio varco creato dalle artiglierie italiane sulle pendici orientali, veniva facilmente sopraffatto dalle truppe nemiche uscite al contrattacco dal versante opposto dopo esser rimasto isolato per l'intervento di una batteria austriaca sul Colombara che concentrò il suo tiro sul resto della brigata alle sue spalle.


Da Rivista Aeronautica n. 6/2002

Al contrario, le cose sembravano andar meglio sul fronte più settentrionale, dove le due colonne alpine Cornaro (I° Gruppo, battaglioni Valtellina, Vestone e Stelvio, e II° Gruppo, con Bicocca, Ceva, Mondovì, Tanaro e Val Stura) e Di Giorgio (prima ondata col IX° Gruppo, battaglioni Bassano, Sette Comuni, Baldo e Verona; seconda con  l'VIII° Gruppo, Monte Clapier, Valle Arroscia, Val d'Ellero e Monte Mercantour) a costo di perdite spaventose riuscivano piano piano a penetrare nel Passo dell'Agnella attraverso l'omonimo Vallone (detto da quel momento il "Vallone della morte") ed a superare la linea fortificata  Mecenseffy, per poi accingersi a scalare i rispettivi obiettivi, favoriti dalla fittissima nebbia.
Sulla sinistra la colonna Cornaro riusciva a strappare al 7° battaglione Feldjaeger col Mondovì supportato dal Ceva e dallo Stura il Corno della Segala (1952 m), anticamera del Monte Chiesa (2063 m) difeso dal fortissimo 17° reggimento sloveno di fanteria KronPrinz al comando del colonnello Hugo von Thurmau, e coi battaglioni Vestone e Bicocca la prima linea del Costone dei Ponari, mentre quella Di Giorgio sulla destra prendeva coll'eroico Bassano  (che pur facendo 300 prigionieri e catturando varie mitragliatrici perdeva  il suo comandante e tutti i comandanti di compagnia), sia Quota 2003, difesa dal 20° battaglione Feldjaeger, che Quota 2101, presidiata dal 3° battaglione del 59° fanteria salisburghese Erzherzog Rainerin questo caso però solo grazie all'aiuto decisivo del Baldo, dell'Ellero e del Monte Clapier, trovando invece molte difficoltà al centro nell'assalto diretto a Quota 2105 dell'Ortigara.

Qui il battaglione Sette Comuni, avanzato fino a quel momento quasi indisturbato fino alla cima, fu tradito dal diradarsi della nebbia che lo lasciò totalmente allo scoperto davanti ai reticolati nemici rimasti assolutamente intatti: praticamente nello stesso momento la furiosissima reazione delle mitragliatrici di due battaglioni, il 23° Feldjaeger ed il 4° del 14° reggimento Ernst Ludwig Grossherzog von Hessen und bei Rehin di Linz, lo costrinse ad un disordinato ripiegamento su posizioni più riparate, dove venne a sua volta raggiunto dal Verona e successivamente dagli altri due Valle Arroscia e Mercantour, provenienti da più in basso.




Si cominciava già a delineare quello che sarebbe stato chiamato il "Calvario degli Alpini". 
Il Generale Aldo Cabiati, Sottocapo di Stato Maggiore del XX° C.A., avrebbe detto in seguito:

"Alla sera dello stesso giorno 10 l'insuccesso dell'impresa era già delineato e i comandi se ne resero chiaro conto, inquantoché il possesso anche di tutto il massiccio dell'Ortigara avrebbe potuto servire ottimamente, ma solo ed esclusivamente come trampolino per una ulteriore avanzata verso i preordinati obiettivi".

Le rilevantissime perdite già subite quel giorno, ben 6.752 tra morti, feriti e dispersi (di cui  2.585 della sola 52° divisione e 645 della 29°), il persistere dell'intensissimo maltempo e lo stallo delle operazioni in quota avevano così indotto la mattina dell'11 sia Mambretti che Montuori a sospendere le operazioni per tre giorni per rinforzare le proprie linee: tra il ripiegare su posizioni meglio difendibili e più vicine alle proprie linee e persistere nell'attacco con ancor maggior forza e vigore per impedire al nemico di rifiatare quella era la classica soluzione di compromesso che non serviva a nulla e semmai aggravava i problemi tanto che il comandante della 52° Como Dagna Sabina, coi suoi uomini così ben proiettati all'offensiva sull'Ortigara, non era d'accordo e chiese di poter insistere all'attacco.

Dovette essere convincente, se, dopo essersi visto negare nel primo pomeriggio la sua richiesta di posticipare di un'ora dalle 15,00 alle 16,00 l'attacco per aspettare che le artiglierie spazzassero del tutto i reticolati ancora rimasti in piedi, stavolta gli fu concesso di inviare dalle sue riserve il battaglione Monte Saccarello sul Costone dei Ponari ed il Val Dora a supporto dell'attacco all'Ortigara e soprattutto di ordinare al Tirano ed al Monte Spluga, giunti su Cima delle Pozze (Quota 2101) per far rifiatare soprattutto il decimato Bassano, di attaccare il Passo di Val Caldiera (2024 m).
Dalle 12,00 alle 16,00 del giorno 11 così di nuovo entrarono in azione contro le saldissime posizioni nemiche le nostre artiglierie, ma stavolta l'attacco condotto dalla Spluga e da una compagnia del Tirano fu respinto, pur essendo giunto ad un tanto così dal conquistare il passo.
Le perdite per la 52° divisione intanto avevano però superato già le 3.100 unità.




Dopo tre giorni di sostanziale "inerzia guerreggiata", per così dire, il giorno 15 gli austriaci diedero vita al primo serio contrattacco, cui venne dato il nome di "Operazione Anna", col fine di riprendere il controllo da Quota 2101 al Passo dell'Agnella, il cui possesso da parte degli italiani tagliava trasversalmente l'orlo settentrionale dell'altopiano ed impediva il collegamento tra la 6° e la 18° divisione austro-ungariche, mettendo a serio rischio l'intero Ortigara.
Ad effettuare l'attacco dovevano essere tre battaglioni e mezzo  al comando dell'esperto tenente colonnello Baszel giunto appositamente dalla Val Sugana, tutti schierati ad ampio semicerchio tra Quota 2107 e Quota 2060, il 2° ed il 4°/14°, il 3°/59° e due compagnie d'assalto tratte da elementi scelti del 14°, del 17° e del 59° reggimento.
A contrastarli avrebbero trovato i battaglioni alpini Tirano e Spluga, che avevano appena dato il cambio agli stremati Ellero e Clapier, nonché tutti quelli della brigata Piemonte appena entrata in linea, disposti su Cima delle Pozze (Quota 2101).
Nonostante la fretta con cui era stato progettato l'attacco, molta cura da parte degli Alti Comandi austriaci era stata data all'equipaggiamento dei loro uomini, segno chiaro della loro determinazione: ogni compagnia disponeva infatti di pistole lanciarazzi di segnalazione con le necessarie munizioni, mentre gli assaltatori avevano a testa un sacco viveri con due razioni di riserva, una coperta, 6 sacchi da terra, 150 cartucce, 6 bombe a mano, elmetto d'acciaio, maschera antigas e pinze tagliafili per allargare i varchi aperti dall'artiglieria; infine, ad alimentare costantemente l'attacco dovevano essere colonne di portatori muniti di 300 cartucce e 10 bombe a mano!

Alle 2,00 di notte un poderoso fuoco d'artiglieria annunciò l'assalto, partito trenta minuti dopo: la prima ondata fu terribile ed apparentemente inarrestabile sulle prime, nonostante la feroce opposizione dei nidi di mitragliatrici FIAT italiani, ma dopo che i battaglioni nemici, fattisi strada tra i reticolati quasi del tutto divelti dal tiro d'annientamento dei loro cannoni erano riusciti ad arrivare su Quota 2071 un immediato disperato contrattacco degli alpini li ributtò indietro alle posizioni di partenza, costringendo a chiedere con i razzi di segnalazione un nuovo intervento dell'artiglieria, iniziato alle 3,30.
Dopo soli dieci minuti il fuoco cessò e l'assalto riprese, ma ancora una volta venne respinto, con somma fatica, dopo un primo momento di sbandamento costato nuovamente agli italiani per pochi minuti la perdita della cima.
La battaglia era tutt'altro che finita: c'era il tempo infatti per un terzo assalto degli uomini di Baszel, ma ormai troppa era la stanchezza accumulata, e troppe le perdite subite, per cui anch'esso falliva di nuovo, in maniera stavolta più netta dei precedenti, tanto che gli italiani cercavano addirittura il colpaccio, avanzando a loro volta verso il Passo di Val Caldiera e Quota 2107, ma stavolta erano loro a doversi ritirare in disordine, presi d'infilata dai lati e di fronte dalle Schwarzlose austriache, così dopo qualche sporadico altro scambio di colpi lo scontro finalmente finiva, quando ormai cominciava ad albeggiare, con un sanguinosissimo nulla di fatto, costato la perdita di 600 uomini agli austro-ungarici e ben 1.444 agli italiani (62 ufficiali e 1.382 gregari)!

(Sull'Operazione "Anna" v. in particolare http://www.anavittorioveneto.it/ortigara-15-giugno-1917/)

A questo punto Mambretti, sorpreso e sconcertato da questa azione nemica e temendone di nuove, preferiva riprendere decisamente l'offensiva.


Caduti alpini sull'Ortigara


Dopo un primo tentativo effettuato il 17 dal Val Dora e respinto con gravi perdite sulla colletta dell'Ortigara, il Generale, che aveva ricevuto dal lontano Cadorna carta bianca, ordinò per il 19 l'attacco generale sull'intero massiccio, sempre però col medesimo schema, solamente adattato alla situazione sul terreno!
Sin dalle 8,00 di mattina del 18 di nuovo tornavano a tuonare le nostre artiglierie (cui rispondevano quelle nemiche), dando vita ad un bombardamento che sarebbe continuato praticamente per 25 ore senza soluzione di continuità, poi partì l'attacco.
Dapprima, sul fronte sud, la 25° divisione cercò invano di sfondare alle 14,00 e poi alle 17,45 tra Monte Rotondo e Monte Zebio, perdendo circa 800 uomini, mentre la 57° ne perse altri 787 nell'infruttuoso e reiterato assalto alle saldissime difese del Monte Resta, ma era a nord, il giorno dopo, il 19, con l'appoggio dall'aria di altri 145 apparecchi (30 Caproni, 61 caccia e 54 ricognitori), che partiva alle 6,00 di mattina l'offensiva in massa sull'intero complesso dell'Ortigara.




L'attacco falliva sia sullo Zebio, dove la 13° divisione perdeva 1.636 uomini, che sul Forno, dove la 29° ne perdeva 1.460 (tutti appartenenti al 214° Arno ed al 238° Grosseto, per opera soprattutto delle artiglierie nemiche), ma stavolta riusciva proprio sull'Ortigara.
Nonostante le difese nemiche di Campigoletti e Chiesa non venissero nemmeno intaccate dal nostro bombardamento, che pure aveva spianato l'intero pianoro e la vetta, la 52° divisione alpina riusciva infatti a sfondare la resistenza del nemico, pur rinforzato grazie all'arrivo del 1° battaglione del 14° fanteria e del 2° del prestigioso 4° Jaeger del Tiroloandando all'attacco su tre colonne con entrambi i suoi raggruppamenti, il I° ancora con la prima colonna da sud-est su Quota 2105 ed il IV° da est con la seconda e da nord-est con la terza colonna sul Passo di Val Caldiera.
La cima dell'Ortigara cadde sotto l'attacco congiunto del Verona e del Sette Comuni sulla destra e del Saccarello e del Valtellina lungo il Costone dei Ponari, anche se il Saccarello venne praticamente annientato, tanto da essere interamente rilevato nel corso dell'azione dallo Stelvio.
Nonostante l'intero versante fosse poi occupato per intero dagli  alpini di Baldo, Dora, Bassano e Stura insieme col 9° bersaglieri appena giunto in appoggio, tuttavia, gli stanchissimi alpini non riuscirono sullo slancio a prendere il Campigoletti e quindi ad aprirsi la strada per il Pertule e per l'intero altopiano, anche se il nemico era quasi sull'orlo del tracollo, col rischio concreto di perdere le retrostanti Cime Dieci e Undici, giungendo al massimo fino all'imbocco a Quota 2060 del Passo di Val Caldera, senza riuscire ad oltrepassarla, fermati definitivamente dal tiro d'interdizione delle artiglierie nemiche, dalla stanchezza e dalle indecisioni dei comandi...


Immagine tratta da http://www.valgame.eu/trincee/files/cronasia17.htm



Alle 20,45 del 19 giugno Mambretti comunicava a Cadorna che riteneva ormai impossibile, alla luce della situazione venutasi a creare sul campo, ottenere la conquista dell'intero altopiano con ulteriori offensive di massa, e preferiva a questo punto assumere un atteggiamento difensivo su tutto il fronte ed al limite puntellare con piccole azioni mirate sull'Ortigara le posizioni italiane, dove nel frattempo altri reparti sarebbero andati a sostituire quelli impiegati nell'azione: a tal fine tre batterie d'artiglieria da montagna (per un totale di 12 pezzi) venivano trasportate a braccia a difesa di Quota 2105 ed una su 4 pezzi a Quota 2101 ed al Passo dell'Agnella.
La montagna aveva partorito il topolino, insomma.
Eppure, nemmeno questo modesto risultato sarebbe rimasto in mano agli italiani.

Timorosi di perdere definitivamente l'intero settore, nonostante fossero ancora in possesso sia della Valsugana alle spalle che di Campigoletti di fronte, gli austriaci si rivolsero al Generale Ludwig Goiginger, comandante della 60° divisione ma soprattutto stimatissimo ufficiale di artiglieria e grande esperto della guerra in montagna, e questi suggerì l'effettuazione di un'operazione d'assalto su grande scala mai effettuata in Italia finora dagli austro-ungarici, cui fu dato dal suo ideatore, il tenente colonnello Adolf Sloninka von Holodow, comandante del 1° reggimento Kaiserschutzen Trentil nome di "Operazione Wildbach".
Alle 2,30 di notte del 25 giugno, precedute da un furioso bombardamento con abbondante utilizzo anche di granate cariche a gas, le appena nate Sturmtruppen, 11 nuclei d'assalto armati di bombe a mano e lanciafiamme, si lanciarono alla riconquista di tutte le quote presidiate dagli italiani, 2003, 2071, 2101 e 2105, alla testa di due battaglioni di Kaiserschutzen, il 1° del 1° reggimento al comando del tenente colonnello Forbelski ed il 2° del 2° reggimento Bozen agli ordini del maggiore von Buol, sbaragliando prima i tre battaglioni del 9° bersaglieri del colonnello Arturo Redaelli e i due del 10° fanteria Regina del colonnello Ugo Pizzarello di presidio a Quota 2003, poi i quattro alpini Bicocca, Bassano, Valtellina e Valle Arroscia del II° Gruppo di Gazagne schierati tra Quota 2071 e Quota 2105: i poveri alpini vennero pressoché annientati dal gas ed i superstiti furono quasi tutti catturati.
Alle 3,10, cioè solo quaranta minuti dopo quell'assalto, un razzo verde annunciava la conquista della vetta da parte degli austriaci.

Nonostante la furiosa reazione quasi "di pancia" delle artiglierie italiane sulle cime dell'Ortigara causasse tra le file nemiche il maggior numero di vittime dall'inizio della battaglia, le ostilità sarebbero potute finire qui, ma l'ineffabile Mambretti volle incredibilmente riproporre la stessa identica azione in massa fatta il 19 giugno!
Le condizioni fisiche, morali e tattiche dei nostri soldati però erano ora troppo diverse rispetto a sei giorni prima: così quando alle 20,00 del 28 giugno la stremata 52° divisione si mosse l'attacco fu guidato in realtà dagli ultimi reparti alpini disponibili, tenuti fino a quel momento di riserva, i battaglioni sciatori Cuneo e Marmolada, freschissimi perché tratti direttamente dalla quasi inutilizzata 51° divisione di Etna.
Mentre il resto di quella sventurata divisione si immolava nel tentativo impossibile di riconquistare il massiccio, il Cuneo riuscì non si sa come ad arrivare stentatamente fino a Quota 2003, ma qui fu costretto a fermarsi e, rimasto isolato per il mancato arrivo degli altri reparti, fermati per disposizione di Montuori alle 23,40 del 28, fu irrimediabilmente sconfitto e catturato praticamente per intero il giorno dopo, determinando la conclusione dell'offensiva.
La 52° divisione perse tra il 28 ed il 29 giugno ben 5.969 uomini, per un totale di 12.633 in tutti quei 19 giorni!

Immagine tratta da http://www.valgame.eu/trincee/files/cronasia17.htm

Tra gli italiani in totale vi furono, secondo le stime più precise, 27.079 perdite (2.865 caduti, 5.600 dispersi e 16.814 feriti, più 1.800 prigionieri comunicati dagli austriaci), mentre questi ultimi ebbero 992 caduti, 1.515 dispersi e 6.321 feriti (8.828 in totale).

Il Generale Mambretti il 20 luglio sarebbe stato destituito dal comando della VI° Armata, affidato a Donato Etna, e mandato a presidiare il confine italo-svizzero.
La VI° armata sarebbe stata sciolta a settembre, confluendo parte nella I° di Pecori Giraldi e parte nella IV° di Nicolis di Robilant.

Qualche  mese dopo la battaglia, il 6 ottobre, 18 giorni prima di Caporetto, una granata italiana sparata da Cima della Caldiera avrebbe centrato in pieno l'automobile su cui viaggiava il Generale Artur Edler von Mecenseffy mentre percorreva la Kaiser Karl Strasse, un'importante strada militare costruita dagli austro-ungarici, in direzione di Campo Gallina, sull'Ortigara, ove aveva sede l'enorme cittadella in cui era acquartierata la sua 6° divisione di fanteria.

(Estratto da http://ilforconedeldiavolo.blogspot.it/2017/11/chi-ha-causato-caporetto.html)

TA-PUM: La canzone degli alpini dell'Ortigara
https://www.youtube.com/watch?v=AdZVmEBmKME


Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_del_monte_Ortigara
http://www.valgame.eu/trincee/files/cronasia17.htm
http://www.lagrandeguerra.net/ggbattagliaortigara.html).
https://www.ana.it/2008/05/14/approfondimenti-monte-ortigara-il-calvario-degli-alpini-10-29-giugno-1917/