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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

venerdì 25 aprile 2014

Il mio 25 aprile

L'armistizio "breve" firmato a Cassibile il 3 settembre 1943:  il generale Castellano, firmatario dell'accordo per conto dell'Italia, è quello in piedi a destra, in borghese, col fazzoletto bianco al taschino della giacca; le forze armate italiane avrebbero continuato ufficialmente a combattere alleate coi Tedeschi e contro gli Anglo-americani per altri cinque lunghissimi, inutili, giorni

Quella che racconterò non è una grande storia, è una delle tante piccole storie individuali che come un reticolo scomposto di multiformi tessere vengono a comporre anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno l'incredibile mosaico che visto da lontano e nel suo insieme racconta la vicenda di un paese intero, più e meglio di qualsiasi saggio o documentario, al di là degli steccati ideologici, politici, culturali.

E' una storia che risale a tanti anni fa, nel momento più brutto dell'Italia moderna, nel periodo di confusione e di morte succeduto all'Armistizio dell'8 settembre 1943 (che in realtà era stato firmato il 3 settembre, a Cassibile, in Sicilia).
Ne sono venuto a conoscenza solo qualche anno fa, da una fonte assolutamente attendibile, un mio quasi coetaneo, giornalista, regista, scrittore nato e cresciuto ad Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, terra di origine della mia famiglia,


Acquaviva delle Fonti (BA), tanti anni fa
ma che ora vive e lavora a Trento, e che ebbe modo di contattare mio zio, che a sua volta ne parlò a me. Ho avuto con lui un breve contatto via mail, è diventato mio amico su fb e spero di poterlo sentire di persona, e parlare con lui vis a vis, magari di scrivere qualcosa insieme al riguardo.
protagonisti di questa storia sono due persone comuni, due compaesani che non si erano mai conosciuti prima della guerra: uno, Francesco, bravissimo maestro elementare, rispettato e temuto dai suoi scolari, con moglie, Anna Luisa, anche lei maestra, e quattro figli, Giovanni, Domenico, Achille e Carlo, era una persona di vecchio stampo, convinta fascista, rigorosa, intelligente, di animo grande e generoso; l'altro, di cui non conosco il nome, era un umile calzolaio, socialista, di qualche anno più giovane, praticamente analfabeta, forse anche mangiapreti.
Il primo fu richiamato alle armi in fanteria come ufficiale di complemento, poco prima della guerra, col grado di tenente, congedato e poi richiamato di nuovo, stavolta come capitano, e messo al comando di una compagnia, a trentasei anni.

Lo stemma araldico del 225° Rgt. fanteria "AREZZO"




Sbarcato a Durazzo in Albania nel '42, inquadrato nel 225° Rgt. della divisione di fanteria da montagna "Arezzo", schierata al comando del Generale Ferone a cavallo delle linee di frontiera tra Albania, Grecia e Jugoslavia (territori balcanici), credo a presidio delle zone di Sarantaporos e di Belica, il capitano fece onorevolmente il suo dovere, senza eroismi particolari, senza fanatismi, sempre con notevole equilibrio, posto che fosse facile in quei frangenti terribili conservare un equilibrio piuttosto che perderlo definitivamente, come pure capitava a tanti.





Venne l'otto settembre: la morte della Patria secondo alcuni, l'alba di una rinascita nazionale, secondo altri. 
E lo colse in Grecia.
Era stato aggregato allo stato maggiore della divisione. Secondo quanto lui disse, gli ufficiali tedeschi la sera prima, a cena, riferirono ai loro colleghi italiani che l'indomani l'Italia avrebbe annunciato l'armistizio e che pertanto chi avesse voluto restare e continuare la guerra a fianco degli alleati tedeschi sarebbe stato benvenuto, mentre gli altri avrebbero avuto quel ristretto lasso di tempo prima della proclamazione ufficiale dell'armistizio per andare via. 
Fermo restando, era il sottinteso, che subito dopo sarebbe cominciata la caccia da parte dei Tedeschi.


Pietro Badoglio
(Grazzano Monferrato, 28/9/1871- Grazzano Badoglio, 1/11/1956)



Quando il Generale Pietro Badoglio, Maresciallo d'Italia e Presidente del consiglio al posto del dimissionario Benito Mussolini lesse alle 19,42 di sera di quel giorno maledetto l'infame comunicato che tanti lutti avrebbe portato alle nostre forze armate e all'Italia intera l'ufficiale italiano venne a trovarsi di fronte ad una scelta comunque tragica. Continuare la guerra a fianco dei Tedeschi nonostante l'armistizio o farsi catturare e rischiare magari di essere fucilato per tradimento?





Dwight D. Eisenhower
(Denison, Texas, 14/10 / 1890- Washington, 28/3/1969)

Il generale americano Dwight D. Eisenhower
aveva anticipato tutti, alle 18,30, dai microfoni di Radio Algeri.
Tutto il mondo ormai sapeva: l'Italia si arrendeva.

Posso solo immaginare la situazione di quei poveri ufficiali e soldati italiani, lasciati lì senza ordini, senza sapere nulla di quanto avveniva nella madre patria, in totale balia di chiunque, i vecchi alleati tedeschi, i partigiani greci, albanesi e jugoslavi che si fidavano fino ad un certo punto, i nemici di poche ore prima diventati improvvisamente amici, tra voci e illazioni sempre diverse e contraddittorie, ordini e contrordini da Roma, richieste vane di chiarimento ed estemporanee voglie da parte dei comandi di menare le mani, in un senso o magari anche nell'altro, con la maggior parte indecisi tra il fuggire ed il combattere, contro chi non lo sapevano nemmeno loro...



Finalmente il quarantenne ufficiale italiano decise: era fascista, sì, ma non un fanatico, si rendeva conto che la guerra cominciava a prendere una certa piega, tuttavia lui aveva quattro figli, l'ultimo di tre anni, una moglie che l'aspettava, li aveva visti si e no due, tre volte in quegli anni, era in guerra da tanto tempo, era stanco, era triste, vedeva l'Italia ridotta ad un territorio ormai interamente occupato da due forze contrapposte, ma egualmente ostili, le une perché si sentivano tradite, le altre perché non si fidavano del tutto: una situazione come non si verificava in Italia da secoli ormai, forse l'ultima volta era stata con Napoleone.
Si sapeva di tanti che erano scappati, si sentiva dire di altri che si erano opposti con le armi, facendo una brutta fine in genere, altri ancora semplicemente si erano lasciati prendere senza fare niente, avevano dato per scontato che ormai la guerra fosse finita...
Lui non era un eroe. Era un Italiano come tanti, disilluso, stanco di guerra, ma sentiva preciso il dovere di restare vivo, di pensare che aveva una famiglia che lo aspettava, che la guerra prima o poi sarebbe finita e la vita, quella vera, sarebbe ricominciata. 
Era suo dovere sopravvivere. 
E scelse di stare coi Tedeschi.


Lo fecero salire su un treno insieme con altri suoi colleghi, tutti ormai laceri com'erano, con gli stessi vestiti che indossavano al momento della cattura. Furono mandati in Cecoslovacchia, sottoposti ad un rigidissimo addestramento militare durato circa sei mesi ed infine rispediti in Italia, in treno, passando da Bolzano, inquadrati in una unità di nuova formazione, la “Italienische Waffenverbande der SS”, destinata a diventare alla fine della guerra, nell'evolversi delle sue plurime denominazioni, la “29° Waffen- Grenadier Division der SS (Italienische Nr. 1)”: le "famigerate" SS italiane.

Il Gen. Rodolfo Graziani, da sempre acerrimo rivale di Pietro Badoglio ed allora Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate della RSI, passa in rassegna un reparto di SS italiane, organicamente estranee all'esercito repubblicano



In realtà ho scoperto che nonostante la comune vulgata non erano tutti fanatici, c'era tanta gente come lui, molti semplicemente non volevano restare in prigionia, non desideravano altro che tornare in Italia, ma la neo costituita R.S.I ancora non aveva sue proprie forze armate e l'esercito tedesco non li voleva tra le loro fila, per cui quello era il modo migliore e più rapido per farlo: nonostante tutto questo il tasso di diserzioni era molto alto, soprattutto tra i soldati e i sottufficiali, e non pochi furono quelli che andarono a ingrossare le fila della Resistenza.
Immagino si fosse ormai intorno a marzo, aprile 1944 quando il maturo capitano, ora ufficialmente divenuto hauptmann, anzi hauptsturmfuhrer secondo la dizione formale delle SS, diversa da quella dell'esercito tedesco, fece ritorno finalmente in Italia.

L'arruolamento nelle SS italiane avveniva anche attraverso i manifesti 
disegnati dal famoso Gino Boccasile

Manifesti come questo e quello che segue, tutti di Boccasile, erano diffusissimi nelle città sedi di centri
per l'arruolamento nelle SS italiane


Ogni candidato veniva letteralmente vivisezionato prima dell'accettazione, i dati suoi e dei suoi familiari, coi loro indirizzi, erano trascritti in appositi registri: una cautela in caso di diserzione; nonostante ciò le diserzioni furono moltissime



L'ex maestro non era in un reparto operativo, ma la guerra impazzava furiosamente, gli Angloamericani avanzavano lentamente lungo la penisola, i partigiani nel nord a prezzo di durissime rappresaglie costituivano una continua spina nel fianco dei Tedeschi, che peraltro resistevano furiosamente, appoggiati anche dalle forze armate della R.S.I., ormai pienamente operative.
Ed in questi momenti terribili avvenne l'incontro.

Non si conoscono bene le circostanze esatte, fatto sta che all'improvviso, a Ferrara (ho scoperto che in quella città c'era una scuola per ufficiali delle SS italiane), quest'ufficiale italiano di complemento, divenuto ufficiale delle SS italiane, fascista convinto ma non fanatico, maestro elementare, conobbe questo calzolaio semi analfabeta, socialista, suo compaesano: non si sa esattamente cosa sia accaduto, questo è tutto quello che abbiamo scoperto solo pochi anni fa grazie a questo mio coetaneo, fatto sta che l'ufficiale italiano, esponendosi evidentemente a rischi gravissimi, valendosi del suo ruolo, aiutò il suo compaesano, mai visto prima, di idee opposte alle sue, a scappare, a tornare al suo paese.
Io posso solo supporre che questa persona non avesse risposto alla chiamata alle armi dalle forze della R.S.I., oppure fosse stata arrestata per le sue idee politiche, o magari avesse anche solo aderito a un qualche sciopero, non lo so, non credo comunque che fosse un partigiano perché senz'altro il nostro interlocutore l'avrebbe saputo e ce l'avrebbe detto.
Fatto sta che l'uomo riuscì a fuggire, e con lui, sembra, anche altri antifascisti, tutti almeno in parte grazie all'intervento decisivo del maturo ex maestro elementare di una piccola cittadina pugliese, che i misteriosi disegni del Destino avevano voluto al posto giusto e nel momento giusto.

Eppure, mentre lo stesso Karl Wolff, Governatore Militare e Comandante Supremo delle SS e della Polizia nell'Italia del nord, alle spalle della R.S.I.
Karl Friedrich Otto Wolff
(Darmstadt, 13/5/1900 Rosenheim, 17/07/1984)
trescava segretamente con gli Alleati per avere un salvacondotto che gli consentisse di salvare sé stesso e le truppe tedesche al suo comando dai partigiani, incontrandosi addirittura vis a vis con Allen Dulles, capo del servizio segreto statunitense,
Allen Welsh Dulles
(Watertown, New York, 7/4 / 1893-
Washington, 29/1/1969)
e con vari generali alleati, il maturo ufficiale italiano restava comunque legato per lealtà al giuramento che aveva fatto ai Tedeschi, un giuramento cui non aveva mai creduto verso un uomo che non aveva mai amato, nonostante su di lui incombesse ovviamente la minaccia sempre più forte dei partigiani e aumentassero gli stessi sospetti dei suoi capi, fino a quando, precipitate definitivamente le sorti dei Tedeschi e degli alleati fascisti, si verificò lo sciogliete le righe e anche lui fu costretto a fuggire, riuscendo non si sa come a scappare dallo sfacelo in cui stava precipitando il nord Italia ed a tornarsene a casa, in Puglia.
A rivedere sua moglie ed i suoi figli.
Finita la guerra riuscì a tornare ad insegnare, nonostante ci fosse un tentativo da parte delle autorità scolastiche di farlo epurare per le sue idee fasciste che mai avrebbe rinnegato: lui però riuscì a dimostrare non solo che non era certo andato volontario in guerra, ma si era limitato ad obbedire all'ordine di richiamo alle armi, ma altresì che nonostante le sue idee mai nascoste era stato accusato dalle autorità allora fasciste di non essere sufficientemente zelante nell'inculcare tali idee ai suoi allievi, allegando una lettera ufficiale di rimostranze inviatagli a suo tempo dal Podestà.
Marito e moglie continuarono così serenamente la loro vita da maestri elementari, fino al 1971, quando andarono entrambi in pensione col massimo possibile dell'anzianità di servizio.

Ma non era finita qui: anni e anni dopo, l'umile calzolaio socialista, che come l'altro era tornato al paese, sentendosi approssimare la fine, fece chiamare da comuni conoscenti il vecchio maestro elementare in pensione, già ufficiale di complemento del Regio Esercito Italiano, già ufficiale delle vituperate SS italiane.
Dopo oltre cinquant'anni i due ormai vecchi amici finalmente si rividero.
Faccia a faccia.
Da soli.
I due restarono a colloquio circa un'ora. La porta che dava sulla loro stanza rimase chiusa. Nessuno sa cosa si siano mai detti. Finito l'incontro, si salutarono ed ognuno tornò alla sua vita di sempre.
Non si sarebbero rivisti più.



L'umile calzolaio morì poco tempo dopo.
Il vecchio maestro ed ufficiale fascista, dopo che anche la moglie l'aveva lasciato per sempre circa sei mesi prima, li seguì il 13 dicembre 2000, Santa Lucia, morendo tra le braccia di uno dei suoi figli, venuto apposta apposta da Modena per assisterlo nei suoi ultimi momenti.
Domenico, il secondogenito.
Mio padre.

Non fece mai alcun cenno, mio nonno, a quella storia, a nessuno di noi raccontò mai di cosa successe a Ferrara in quel tremendo 1944/45, men che meno di quell'amicizia nata dalla guerra e del colloquio di tanti anni dopo...
Se non fossimo stati contattati dieci anni dopo da questo mio famoso coetaneo giornalista-regista-scrittore, che ora vive a Trento, non avremmo mai saputo nulla.
Quell'umile calzolaio era suo nonno.


Ho pubblicato questa vicenda sul sito Milan Day l'anno scorso, dopo averne accennato brevemente anche su fb anni prima, perché potesse servire da spunto per una seria riflessione, pacata, senza inutili ed ingiuste insolenze, sul significato OGGI del 25 aprile.
La ripubblico qui adesso, opportunamente risistemata, perché penso che sia tutt'ora, anzi ora a maggior ragione, una storia attuale, su cui sia nostro dovere fermarsi a pensare.
Credo che lo dobbiamo, a mio nonno, a quell'umile calzolaio di cui non so il nome, a tutti gli Italiani che in quel momento si trovarono a fare delle scelte terribili, magari sbagliate, ma tremendamente umane...
E lo dobbiamo a noi stessi, come Italiani figli anche e soprattutto di quei momenti, perché nulla vada dimenticato ma anche perché lo si possa finalmente guardare con animo sereno e senza più divisioni, senza più offese, senza più isterismi.





Io non so per voi cosa rappresenti questa data, ma questo è il mio 25 aprile.
Quando penso a quei momenti dell'Italia io penso a questa storia.






AVVERTENZA:
Sulle SS italiane, a differenza per esempio che sulle forze armate della RSI e sulla X MAS, che organicamente costituiva un unicum tutto particolare, si sa veramente poco, e quel poco spesso è anche unidirezionale in senso negativo (al 90%) o positivo (il restante 10%). 
In rete si trovano molte cose, ma all'incirca rispecchiano questa proporzionalità, acuita da una diffusa ignoranza sul tema, a dir la verità spesso, credo, voluta.
E' sempre utile andare a darci un'occhiata, si tratta comunque di informazioni, sia pure spesso parziali e orientate, tuttavia credo proprio che al momento sia meglio rivolgersi alle librerie o alle biblioteche.

Nella mia libreria ho quattro testi, credo gli unici usciti in Italia e comunque sicuramente, salvo che mi sia sfuggito qualcosa, i più autorevoli sull'argomento scritti nel nostro paese:
- LE SS ITALIANE, di Ricciotti Lazzero, pagg. 393, Rizzoli, Bologna, 1982: è il primo saggio sul tema uscito in Italia, quindi ormai superato sotto certi versi, ma ancora valido, di impronta liberaldemocratica.
- SENTIRE; PENSARE, VOLERE - Storia della Legione SS italiana, di Sergio Corbatti e Marco Nava, pagg. 423, Ritter, Milano, 2001: è un saggio ponderoso, ed in assoluto per me il testo più completo e documentato sul tema, anche se di evidenti posizioni agiografiche; ovviamente questo ne fa un lavoro del tutto controcorrente e non facilmente digeribile da chi ha sempre sentito una e una sola campana, ma proprio per questo potrebbe contribuire ancor di più ad aprire la mente, letto insieme con le altre opere, su un argomento su cui in Italia grava una fitta coltre di nebbia, tanto più che la ricostruzione storica è accuratissima sin nei minimi particolari.
- LE SS ITALIANE, di Primo De Lazzari, pagg. 230, Teti, Milano, 2002: con prefazione di Arrigo Boldrini e ho detto tutto.
- LEGIONE SS ITALIANA - Storia degli italiani che giurarono fedeltà ad Hitler, di Enzo Caniatti, pagg. 215, Aliberti, Reggio Emilia, 2010: è il saggio uscito per ultimo, più agile da leggere, anch'esso filoresistenziale.


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