Pagine

Diavolo che scrive al pc

Diavolo che scrive al pc
Tic tic tic tic tic tic

sabato 22 novembre 2014

Non è la prescrizione il mostro da colpire


Non ho elementi certi sulla vicenda giudiziaria della ETERNIT di Casale Monferrato decisa dalla Corte di Cassazione con una sentenza assolutoria per decorrenza della prescrizione che è stata accolta da un coro di sdegno e amarezza, anche se lo stesso Procuratore Generale della Cassazione ha espressamente parlato di "ERRORE GIURIDICO" (!!!) nella qualificazione stessa del reato (v. QUI).
Lo dico francamente, a pelle mi riesce estremamente difficile pensare che si possa accusare di un reato del genere (disastro ambientale doloso) una persona solo perché ricopre un ruolo apicale, per giunta dall'estero, e confesso pure che ho un'autentica avversione per i pm superstar alla Guariniello, uno che da anni spadroneggia su tutti i media con le sue inchieste show su tutto lo scibile umano, tuttavia quello che io posso pensare o non pensare sul caso specifico non interessa proprio a nessuno e non è comunque importante.
La cosa importante è un'altra: ed è che imputare al nobilissimo istituto della prescrizione la colpa di quest'ingiustizia, perché è indubbio che ingiustizia ci sia quando delle colpe non vengono accertate in un dramma come questo, chiunque ne sia il portatore, non è solo sbagliato ma è proprio fuorviante se non addirittura truffaldino.
Perché quando si vuole non c'è prescrizione che tenga, come dimostra l'invereconda vicenda della sentenza di condanna inflitta a Berlusconi per quella inconcepibile violazione fiscale che costituisce un autentico vulnus per la democrazia, andata avanti in tutti e tre i suoi gradi di giudizio come un caterpillar utilizzando mille mezzucci da magliari e violando sistematicamente e quasi con compiacimento tutte le norme, le prassi, le procedure, le garanzie e persino il semplice buon senso, e tutto questo senza che nessuno dicesse beo...

La giustizia, signori miei, va riformata tutta insieme, in maniera sistemica, avendo sott'occhio gli interessi generali e a seguito di un lavoro approfondito, serio e persino doloroso (TUTTE le riforme serie sono dolorose, perché vanno a incidere sulle carni vive della questione, toccano interessi consolidati, fanno nemici nuovi e danno impulso a quelli vecchi): non è intervenendo qua e là che si risolvono i problemi, come sembra voglia fare l'esimio Matteo Renzi, che ha già annunciato per la prossima settimana una riforma della prescrizione, come se bastasse a far resuscitare all'improvviso il processo testé defunto.
Non è con modifiche spot, settoriali, estemporanee, contingenti, di pura immagine (la stretta sulle ferie dei magistrati, ad esempio, o l'introduzione di ennesime figure di reato assolutamente inutili anche se, ne convengo, elettoralmente paganti come il femminicidio, o l'omicidio stradale), o lasciando spazio alle creazioni giurisprudenziali lunari non codificate in alcuna norma positiva, come l'assurdo concorso esterno in associazione mafiosa, tutte cose che vanno incontro solo al populismo demagogico di alcuni, all'interesse spicciolo di altri, alle speculazioni di basso cabotaggio partitico di altri ancora, che d'incanto le problematiche in tema di giustizia troveranno una felice, equilibrata e soprattutto definitiva soluzione.
Quindi:

1) Si cominci a ragionare di RESPONSABILITA' CIVILE VERA, cioè DIRETTA, dei magistrati per le loro mancanze dovute a DOLO e COLPA GRAVE, come accade in tutti i paesi civili e come accade anche in Italia per tutti i professionisti, dai medici agli avvocati, dai notai ai giornalisti (e non quella cazzata di riforma che è stata approvata l'altro ieri, col plauso di quei finti rivoluzionari del M5S, che dimostrano invece di essere solo dei quaquaraquà tutti solo chiacchiere e distintivo, accodandosi alla conservazione più retriva col loro voto contrario agli emendamenti proposti in tal senso).

Quando il magistrato saprà che se sbaglia paga personalmente lui, subito e cash, non lo Stato al posto suo, e non solo volgarmente con il soldo ma anche con la fine ingloriosa della carriera senza magari nemmeno avere la possibilità di continuare nell'avvocatura (come è possibile oggi), e sperabilmente senza nemmeno quella di essere candidato alle elezioni o preposto ad una qualche mangiatoia pubblica purchessia, be' ci penserà due volte prima di far avere sottobanco le sue carte ai giornalisti di riferimento, prima di fare strame del diritto con le sue inchieste strampalate, prima di andare in televisione a sproloquiare di diritto e giustizia contro questo e contro quello sulla base di teoremi non fondati su prove reali e che terminino puntualmente in nulla, ma recando comunque gravissimo danno a chi ha la sfortuna di andarci di mezzo, o prima di far trascorrere per ignavia, incompetenza o negligenza, quando non addirittura volontariamente, i termini perentori stabiliti dalla legge, o di allungare artatamente senza ragione alcuna le inchieste con mezzucci risibili per i più vari motivi, dimenticando magari di fare dei provvedimenti inderogabili che servano ad annullare o alleviare misure di limitazione della libertà personale dei soggetti, o utilizzando a sproposito le intercettazioni, a maggior ragione se esse vadano a coinvolgere persone estranee al processo o all'inchiesta, e peggio ancora se le stesse vadano a finire in prima pagina sui giornali.

2) Si cominci a parlare di VERA, EFFETTIVA, INDEROGABILE SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, all'americana, tra i giudici che hanno il solo compito della decisione finale e i pm con il compito concettualmente diverso di sostenere la sola accusa, partendo per esempio da una noma costituzionale, l'art. 107, che al 4° comma dice testualmente che "Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario".
La legge sull'ordinamento giudiziario è norma di tipo ORDINARIO, pertanto modificabile a piacimento in tutto o in parte da una qualsiasi maggioranza parlamentare anche risicata legittimamente eletta, e non di tipo COSTITUZIONALE come le disposizioni previste per i magistrati in generale, soprattutto dagli artt. 104 e seguenti: ciò fa capire come su questo tema importantissimo si sia espressamente previsto da parte del costituente un doppio regime normativo, normale per i pm e blindato invece per i magistrati, che renderebbe facile modificare le garanzie a favore dei primi ed estremamente difficile farlo per i secondi, cosa che non si comprende se non pensando al fatto che si trattino di due ruoli, due carriere, due mestieri diversi! 
Tra l'altro, esaminando bene le norme costituzionali in merito, ci si potrebbe spingere ben più in là della pur dirompente conclusione sulla implicita separazione delle carriere tra magistrati e pm e domandarsi se, col termine magistrati, la Costituzione non identifichi tout court a questo punto solo e soltanto i giudici, di conseguenza negando ai pm la qualifica stessa di magistrati e semmai portandoli a ricoprire quel ruolo da loro però sempre fortemente respinto (per motivi di prestigio, di potere, di garanzie, di pure e semplice visibilità mediatica) di avvocati dell'accusa, che li porrebbe come'è giusto FINALMENTE su un piano di parità con gli avvocati della difesa (e delle terze parti intervenute, ovviamente): capisco che questa lettura delle norme costituzionali per motivi di opportunità politica non passerà mai, ma mi serve per far capire come certi temi non siano affatto tabù, e parlarne non costituisca proprio per niente attentare alla Costituzione come i soliti noti ci vogliono far credere, ma semmai significa farne una lucidissima applicazione nel concreto, perfettamente adeguata tra l'altro alle attuali esigenze riformative.
E senza mutare di un nulla la Costituzione vigente.



3) Sempre nel solco che abbiamo tracciato ora ora, si cominci a dare una DIVERSA CONFIGURAZIONE AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, per esempio sdoppiandolo in due, uno per i magistrati giudicanti e uno per i pm (fermo restando che se valesse la tesi che ho esposto poc'anzi, sul fatto che i pm non siano veri e propri magistrati, non si capirebbe a questo punto nemmeno un CSM dedicato espressamente a loro, ma vabbè...): il primo, quello preposto ai magistrati-giudici, assolutamente lontano da qualsiasi deleteria influenza ideologica, politica o partitica (anche nascosta sotto la penosa foglia di fico delle cosiddette correnti giudiziarie), e l'altro, dedicato solo ai magistrati inquirenti, che se si ritenessero i pm dei magistrati come gli altri dovrebbe soggiacere alla medesima disciplina del primo, per coerenza se non altro, e se invece, come io penso, fossero meri avvocati dell'accusa potrebbe a questo punto tranquillamente anche riprodurre fedelmente le stesse beghe, piccinerie, rivalità, alleanze più o meno spurie che ci sono in parlamento (e nell'Associazione Nazionale Magistrati), con gli stessi schieramenti uguali uguali, tanto chi se ne frega... Alla fine i pm, come gli avvocati "normali", avrebbero il solo compito di sostenere una tesi, e in quest'ambito, come gli avvocati appunto, anche loro quando volessero rivolgersi ai giudici "dovrebbero andare a bussare alla sua stanza con il cappello in mano", come dice qualcuno di nostra conoscenza.







Altro che essere pappa e ciccia nel medesimo palazzo di giustizia, aderire alle medesime associazioni di corrente, partecipare alle stesse trasmissioni, agli stessi convegni, alle medesime iniziative politico-sociali!!!





Ma non solo. Sarebbe fondamentale STACCARE IL CSM DALLA POLITICA.
Si dovrebbe porre a questo punto concretamente la questione della effettiva conciliabilità del CSM, unico o anche sdoppiato che sia, con un organismo sindacale come l'ANM: se infatti le questioni sugli avanzamenti, sulle inamovibilità, sui trasferimenti, sulle sanzioni disciplinari, sui pareri al governo e al parlamento, etc. sono demandate in toto al CSM, che è formato anch'esso da magistrati, che senso ha l'ANM? Un'associazione che ormai si pone quasi come organismo politico-sindacale in diretto contraltare con governo e parlamento, con un'esondazione istituzionale a mio parere evidentissima rispetto a quelle esigenze di moderazione istituzionale, autorevolezza e credibilità che avevano dettato l'adozione del CSM, e che di fatto finisce quasi per svuotarlo di significato?
O al contrario, finisce per RADDOPPIARE un certo potere interdittivo, chiuso ad ogni seria proposta di riforma che provenga dall'UNICO luogo deputato a farla, cioè IL PARLAMENTO?
E' una semplice domanda, la butto lì nel dibattito (non mi considererà nessuno, lo so bene), senza alcun intento polemico, solo con una pura motivazione costruttiva...
Ma mi si risponda, per cortesia.


Altra provocazione: perché il CSM deve essere votato, come se fosse un'imitazione del parlamento? Non sarebbe meglio che ne entrassero esclusivamente a far parte, in stretto ordine di anzianità, automaticamente, o magari anche per semplice sorteggio, le personalità più insigni del mondo giudiziario e magari forense e universitario del nostro paese, così da strappare gli inevitabili legami di amicizia, di riconoscenza, di appartenenza con la politica e i maneggi di corridoio che ci sono ora, alimentati dalle appartenenze correntizie, e far emergere semmai la loro autorevolezza personale?
Una autorevolezza che dovrebbe elevare i componenti del CSM dalle bieche questioni di politica spicciola che invece determinano ora la loro attività?  



4) Si cominci a prendere atto definitivamente, inconfutabilmente, plasticamente che a norma di Costituzione "la magistratura costituisce un ORDINE autonomo e indipendente da ogni altro potere" (art. 104, 1° comma).
La Costituzione non parla di POTERE, ma parla ESPRESSAMENTE DI ORDINE, e questo non per motivi di ordine stilistico o estetico o letterario, ma per un motivo tecnico-giuridico molto semplice: perché a differenza del Potere legislativo e del Potere esecutivo, che derivano rispettivamente  in via diretta e mediata dalla SOVRANITA' DEL POPOLO, posta dalla carta costituzionale AL VERTICE DELLA CATENA DECISIONALE DEL PAESE ("La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione", art. 1, 2° comma), la magistratura NON HA IL MEDESIMO TITOLO LEGITTIMATIVO.





Ogni magistrato è tale infatti non perché eletto dal popolo ma perché vincitore di un concorso pubblico, che potrà essere difficile, complesso, lungo, faticosissimo, travagliato fin che vuoi, ma è un concorso pubblico come ce ne sono in tutta Italia per le più diverse figure professionali pubbliche, dal segretario comunale al vigile, dal funzionario dell'USL al personale ATA delle scuole...La ragione della sua derubricazione da Potere a Ordine è tutta qui: nella volontà del costituente di assicurare ai magistrati (si badi bene, si parla di magistrati, non di pm!) una loro posizione privilegiata di autonomia e di indipendenza dal potere politico, diversa e più forte rispetto a quella attribuita agli altri settori della pubblica amministrazione, data la delicatezza delle loro funzioni, che devono essere esercitate in piena libertà e senza che nessuna influenza possa esservi da parte della politica e del governo in particolare.
Ecco perché la magistratura, secondo la Costituzione, non è quella casta infernale che anche e soprattutto la pavidità della classe politica contemporanea e posteriore a tangentopoli ha fatto diventare onnipotente, incontestabile e soprattutto irresponsabile, ma è al contrario da ritenersi assolutamente subordinata al Potere politico in quanto tale, ed in particolare a quello legislativo, cosa che peraltro emerge indirettamente anche da una serie di altre norme costituzionali ben precise, ad esempio l'art. 101, secondo il quale "La giustizia è amministrata in nome del popolo"(1° comma) e "I giudici sono soggetti soltanto alla legge" (2° comma), ma anche l'art. 104, 2° comma, secondo il quale è il supremo rappresentante del Potere politico in Italia, cioè quello in cui si incarna la stessa personalità pubblica e giuridica del paese, il Presidente della Repubblica, a presiedere il CSM.
A vederla bene, anche qui si apre la strada anche per un'altra soluzione che le anime belle tanto detestano, e che pure è la norma nella gran parte delle democrazie: così come i magistrati sono soggetti al potere legislativo, si può tranquillamente sostenere anche la dipendenza del pm dallo stesso potere esecutivo, peraltro logicamente inevitabile nella sua eventuale dimensione di avvocato dell'accusa.
Una cosa che avviene per esempio senza problemi in Francia, terra in cui è nato il concetto di pubblico ministero, penetrato poi attraverso la legislazione savoiarda, d'origine appunto francofona, in Italia (il primo documento scritto in tal senso è un'ordinanza di Filippo il Bello del 1302, in cui vengono menzionate le due figure dei procuratori e degli avvocati del Re, chiaramente però preesistenti a leggere il testo, coi primi in linea generale, anche se con varie eccezioni, deputati allo scritto, e i secondi alla parola).



5) Si cominci a fare una SERIA REVISIONE DELLE FATTISPECIE PENALI DI REATO, individuandosi da parte della politica chiaramente e senza infingimenti gli INTERESSI PRIMARI che si vogliono tutelare in linea prioritaria con una legislazione penale e carceraria ad hoc, ad esempio ELIMINANDO TOTALMENTE QUELLE DI MERO PERICOLO, salvi al limite i casi di terrorismo e mafia, giusto per la loro effettiva gravità per la collettività, E QUELLE DI MERA OPINIONE (ma come si fa, quando si vogliono pure introdurre folli normative contro l'omofobia e il cosiddetto revisionismo storico, che già si aggiungerebbero per esempio alle già discutibilissime leggi Scelba e -soprattutto- Mancino?), dando peso assai superiore a QUELLE CONTRO LA PERSONA E IL PATRIMONIO, anche se implicano minor visibilità ai magistrati che se ne occupano, e facendo una rigorosa scrematura, eliminandole punto e basta o riducendole a violazioni amministrative, magari anche di rilevante entità ma senza che entri in gioco in alcun modo il carcere, tutta una serie di fattispecie, importanti o meno che siano, che non appaiano assolutamente meritevoli di una sanzione di tipo penale, così da evitare che i pm disperdano le loro energie in mille cose senza senso, solo perché glielo impone il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale di cui all'art.112 della Costituzione.





Proprio questo elementare principio di civiltà, che nelle intenzioni vorrebbe evitare che si facciano figli e figliastri nel perseguimento dei reati ma nella realtà al momento si è ridotto ad un'autentica barzelletta senza significato, tornerebbe ad avere finalmente un senso dopo un'operazione di questo tipo, che delimiterebbe ragionevolmente il campo d'azione dei pm entro limiti normativi ben precisi e gli consentirebbe di dedicarsi alle singole inchieste con maggior costrutto e in minor tempo, senza indulgere, grazie allo spauracchio di una responsabilità civile ben delineata, alla tentazione di facili indagini ad effetto, solo perché mediaticamente interessanti, o politicamente paganti, o ideologicamente orientate, ma fondate solo su teoremi sociopsicologici e non su prove, fatti, indizi concreti, portando per tempo le sue conclusioni al pubblico dibattimento per un loro più rapido disbrigo in tempo utile.

6) Si cominci a dare seguito alle previsioni costituzionali sulla NON COLPEVOLEZZA DEL REO FINO ALLA CONDANNA DEFINITIVA ("L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva", art. 27, 2° comma), senza consentire l'abuso di quell'istituto purtroppo in certe situazioni probabilmente necessario (ma solo come extrema ratio e a condizioni rigorosissime e puntualmente verificate e verificabili) che è la carcerazione preventiva, ora penosamente denominata custodia cautelare (e qui dobbiamo riandare al precedente punto 1).
Anche questo è fondamentale, sia per evitare il sovraffollamento delle carceri, sia per esigenze pure e semplici di umanità, sia perché moltissimi di coloro che sono in carcere lo sono solo a questo titolo e spesso vengono pure riconosciuti non colpevoli alla fine.
Mi piace al riguardo far notare che la Costituzione non usa il termine innocente, che nella lingua comune indica positivamente chi non è nocivo, cioè la persona pura, senza macchia, con la coscienza a posto, nella mente, con i comportamenti concreti e nel cuore, ma preferisce utilizzare l'espressione non colpevole: una terminologia forse più tecnica, certo, ma non solo quello, piuttosto l'indicazione in negativo della mancanza oggettiva di una colpa, il che non necessariamente significa che la persona non abbia fatto nulla,  ma solo e soltanto che per le più varie ragioni non gli può essere ascritta alcuna responsabilità.
Tra esse c'è anche per l'appunto la prescrizione del reato.



La riforma della prescrizione deve avvenire SOLO ALLA FINE di tutto questo immane lavoro riformatore (che peraltro dovrebbe anche innovare tante altre cose per poter dirsi veramente completo, ad esempio costruendo un organico e affidabile sistema sanzionatorio alternativo al carcere quando non sia strettamente necessario, o istituendo un consesso misto di magistrati e non magistrati che faccia da camera superiore di istanza per decidere delle controversie che intervengano tra chi è magistrato e chi non lo è, per evitare l'evidente conflitto di interessi che si pone in questo caso, o ancora prevedendo che chi è assolto in primo grado non può essere nuovamente giudicato in appello, e così via), quando si abbiano ben chiari i reati da perseguire e le loro rispettive pericolosità.
Una volta stabilita reato per reato, in termini che siano al contempo realistici e credibili, la prescrizione dovrebbe poi tendenzialmente rimanere invariata per sempre, senza che a seconda delle situazioni, come accade ora, se ne stiracchino i tempi fino all'inverosimile o al contrario si restringano sino al minimo sindacale, sulla base di sopravvenute mere esigenze di consenso clientelare o di interesse spicciolo da parte di singoli partiti o singole lobbies.


Fotogramma tratto dal film TUTTI A CASA (1960), con inquadrati Aldo Sordi e Serge Reggiani


Perché non è mai la prescrizione il mostro, è semmai la giustizia che diventa tale quando è lasciata allo sbando come ora.
Questo è successo nel processo ETERNIT.
Questo succede ogni giorno nei nostri tribunali.

Per saperne di più sul reato di disastro ambientale v. QUI



Nessun commento:

Posta un commento