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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

venerdì 13 febbraio 2015

Non è più tempo di "Tripoli, bel suol d'amore..."



Ci siamo.
Temo che ci stiamo arrivando, amici miei.
I jihadisti libici alleati dell'ISIS, dopo aver ormai preso possesso completo di Derna, hanno conquistato nella notte scorsa anche Sirte, a 450 chilometri a est di Tripoli (v. QUI).
Ormai cominciano a costituire una minaccia diretta verso il nostro territorio, da cui distano poche centinaia di chilometri.
Meno di quanto distino dalla stessa capitale libica.

Una cartina mostra il raggio d'azione dei missili libici


Questi pazzi scatenati hanno ormai la concreta possibilità di scagliare contro le nostre coste i loro missili Scud, una minaccia che nessuno Stato serio può permettersi di sottovalutare.
E che l'Italia per una volta, finalmente, sembra non essere disposta a sottovalutare (v. QUI).

La Libia ora, spaccata essenzialmente in tre parti autonome e l'una contro l'altra armata, la Cirenaica, il Fezzan e la Tripolitania, unica regione su cui insiste ancora il governo legale (immagine che ho tratto dal sito Analisi Difesa, che ringrazio)


Già la nostra stessa Ambasciata di Tripoli suggerisce ora ai nostri connazionali di lasciare "temporaneamente" il paese, ma le parole di Matteo Renzi prima ("Dobbiamo risolvere il problema della Libia se si vuole evitare che il Mediterraneo diventi un cimitero"), del Ministro della Difesa Roberta Pinotti poi ("La nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente") e dello stesso Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni
oggi aprono gli scenari a soluzioni apertamente negate fino a solo poco tempo fa.
Per carità, sempre "nel quadro della legalità internazionale", ha detto Gentiloni oggi a SKY Tg24, ma "l'Italia è pronta a COMBATTERE" (sì, ha usato proprio questo verbo, fino a poco tempo fa tabù nella nazione dei soldati di pace per definizione: COMBATTERE).
Perché, ha ammesso, c'è una "minaccia terroristica attiva a poche ore di navigazione dall'Italia" e "se non si arrivasse a una mediazione" (MEDIAZIONE, e con chi di grazia, con dei predoni che anche l'altro ieri hanno tagliato la testa a un gruppo di 21 ostaggi egiziani, colpevoli di essere cristiani copti?) (v. QUI)

"bisogna pensare con le Nazioni Unite a fare qualcosa di più".



Ecco, tutto sta ad intendersi, tra tutte le mille parole ipocrite di cui si circonfonde la nostra tradizionale politica internazionale, su cosa significhi l'espressione "fare qualcosa di più"...
Perché, sia ben chiaro, l'Italia non avrebbe alcun problema a spazzar via sin da ben oltre le nostre acque territoriali, in mare aperto, i pochi missilotti che l'ISIS potrebbe spedirci addosso, non è un problema questo.
Il problema è un altro.
Vogliamo fermarci qui o vogliamo fare le cose fatte bene?



E fare le cose fatte bene significa solo una cosa: INTERVENIRE CON UNA VERA E PROPRIA TASK FORCE COMBINATA terra-mare-cielo che ci consenta, ONU o no, NATO o no, di prendere possesso per tutto il tempo necessario quanto meno di una larga fascia costiera della Libia, per impedire nuovi sbarchi, attrezzare centri di comando e controllo avanzati sul territorio, effettuare missioni in profondità con truppe scelte agendo in contemporanea con gli eventuali alleati operanti sul teatro bellico e soprattutto in coordinazione con le demoralizzate truppe
Il generale Khalifa Haftar
del laico e (sembra) filo-occidentale Generale Khalifa Haftar.
Che è un vecchio catorcio di Gheddafi caduto in disgrazia alla fine degli anni '80 dopo la sconfitta nella guerra contro il Ciad e vissuto per anni in un posto vicino a Langley, ove ha sede la CIA (ma vah...?) tanto da avere acquisito la cittadinanza americana (si dice abbia anche votato ad un paio di elezioni presidenziali), e che dopo aver guidato la rivolta contro il suo ex datore di lavoro ora combatte con le sparute forze dell'esercito regolare libico soprattutto nella parte nord-orientale della Libia contro le milizie assassine che si rifanno ad Abu Bakr Al Baghdadi, avendo scatenato contro di esse la cosiddetta "Operazione Dignità", con esiti alterni e intenti anche un po' pro domo sua, pur se nominalmente agli ordini del governo legittimo, il solo e unico riconosciuto dalla comunità internazionale, guidato dallo spaurito premier Abdullah Al Thani, che è il primo a piatire un aiuto dal mondo occidentale per sconfiggere la furia jihadista dei nuovi barbari vestiti di nero (v. QUI).
Si tratta però di un governo ufficiale che non conta praticamente nulla, visto che ha giurisdizione praticamente
Il premier del governo legittimo Abdullah Al Thani
solo nella zona di Tobruk e dintorni, salve le zone per ora ancora occupate con difficoltà dal generale Haftar e dalle milizie sue alleate, mentre è stato letteralmente sfrattato dalla stessa capitale Tripoli dalle milizie islamiste di Alba Libica, frutto dell'unione delle forze dello Scudo Libico con le potentissime milizie di Misurata: tutte forze, queste, vicine ai Fratelli Musulmani e che costituivano di fatto la maggior massa d'urto durante la rivoluzione del 2011 insieme con le milizie di Al Zintan (con cui peraltro ora sono in lotta tanto da provocarne il riavvicinamento ad Haftar), e che pur avverse ai fondamentalisti dell'ISIS (siamo alla lana caprina, eh...) sono tuttavia più o meno in guerra anche contro il governo legale, tanto da fondare, dopo averlo scacciato da Tripoli, il Congresso Nazionale Libico e formare un governo di salvezza nazionale" presieduto dal professore universitario Omar al Hassi.
Il premier del governo golpista Omar al Hassi

Tutto questo accadeva mentre appunto nella Cirenaica, da sempre fieramente avversa al defunto dittatore, i militanti più radicali filo ISIS di Ansar Al Sharia e della Brigata Martiri del 17 febbraio, gli uni e gli altri implicati nell'assalto al Consolato americano di Bengasi, riuniti nel Consiglio della Gioventù islamica, fondavano un nuovo califfato sul modello di quello creato tra Iraq e Siria, di cui Derna è ormai di fatto la capitale.





Insomma un ginepraio incredibile di fazioni l'una contro l'altra armata, sparse tra l'altro anche a macchia di leopardo su quell'enorme territorio: si pensi ad esempio che Sabratha, città da cui partono la maggior parte dei barconi con gli immigrati, ai confini della Tunisia e in piena zona in teoria controllata dal Congresso Nazionale libico, è in realtà possedimento delle milizie pro ISIS.
Un ginepraio in cui le forze del neocostituito Califfato si stanno approfittando delle divisioni interne che corrodono da dentro quella che era la vecchia coalizione di tribù variegate che, con il poderoso aiuto occidentale, avevano contribuito ad abbattere il dittatore Gheddafi, e in cui da parte di noi Occidentali si fa veramente fatica ad orientarsi, coi risultati che possiamo vedere oggi.



[Carta di Laura Canali tratta dal Quaderno Speciale del 2011 La guerra di Libia]

Guardate che casino che è venuto fuori, nel caro vecchio "scatolone di sabbia" libico, un tutti contro tutti da paura, arabi, berberi, tuareg, mezzi e mezzi, filo-ISIS, filo-occidentali, filo-Al Qaeda, Fratelli Musulmani, si parla di circa 1500 gruppi e gruppuscoli per un totale di circa un milione di armati che vanno in giro per il paese a fare macelli, un bel regalo di cui dobbiamo sentitamente ringraziare il trio di minchioni Obama-Cameron-Sarkozy (e vi raccomando l'Hilary Clinton, eh...)

Hilary Clinton, Segretario di Stato di Obama








Tutto questo per aiutare le truppe legittimiste di Haftar, fino a questo momento sostenute soltanto un po' dagli Emirati Arabi Uniti e molto dall'Egitto del (anche lui) golpista ma laico, filo-occidentale e pragmatico generale Abd al Fattah al Sisi. colui che ha impedito ai Fratelli Musulmani di cui era espressione il presidente eletto Morsi di impadronirsi del paese e introdurvi anche lì la Sharia'a
Il presidente egiziano Abd al Fattah al Sisi
(mentre più surrettiziamente gli altri paesi del Golfo persico, con il Qatar in testa,  danno un mano al governo ribelle tripolino), a mantenere il controllo dei pozzi petroliferi (v. QUI) e delle città maggiori, e per consentir loro così poi nel più breve tempo possibile di passare più o meno all'offensiva per sconfiggere una volta per tutte l'ISIS e i suoi alleati, magari dopo aver finalmente stipulato un'alleanza con le milizie del governo ribelle di al Hassi...





E' un impegno gravosissimo, un impegno che probabilmente non possiamo prenderci da soli ma che sicuramente non può non vederci come capifila rispetto agli altri, in termini di uomini, mezzi, strategie, per il nostro tradizionale ruolo storico verso la Libia.






















(E soprattutto per non farci dettare dagli altri ciò che possiamo e dobbiamo invece decidere noi e solo noi. Ci mancherebbe pure che, dopo esserci fatti fregare in occasione della prima guerra contro la Libia dai tre figuri di cui sopra, che pure sono poi scappati a gambe levate dopo che la situazione è loro sfuggita di mano [noi no, noi siamo rimasti lo stesso], ora debba venire un generalone americano, o britannico, o peggio ancora, francese a dirci cosa, come e quando agire...)


Gheddafi mio, eri un terrorista bastardo, sessuomane, figlio di puttana, ma che brutta fine hai fatto... 




I pozzi petroliferi e gli oleodotti sotto tiro dell'ISIS



Si tratta di un impegno che potrebbe costarci parecchio, in soldi, tempo, energie e, purtroppo, anche vite umane, come nessun altro finora mai, ma che tuttavia sta diventando a un certo punto inevitabile.
Un impegno che ci potrebbe costringere, assai probabilmente, ad abbandonare altri fronti che vedono in questo momento impegnate le nostre forze armate, fronti decisamente meno prioritari per la nostra sicurezza.




E' colonialismo, questo? 
No, è la pura e semplice, ennesima dimostrazione che la Storia ad un certo punto ti chiama a dei cimenti che avresti volentieri evitato di fare, ma che potevi comunque evitare con un minimo di buon senso: dopo l'improvvida guerra a Gheddafi, che il nostro Premier

Berlusconi riceve a Roma in visita ufficiale Gheddafi, vestito da inserviente del circo e con sul petto la foto di Omar el Mukhtar, animatore della resistenza libica all'invasore italiano che il generale Graziani fece impiccare negli anni '30 dopo la sua cattura
(aspetta, non mi ricordo chi era...E dire che il nome ce l'ho qui, sulla punta della lingua...), unico in tutt'Europa, anzi in tutto l'Occidente, cercò in tutti i modi di impedire (finendo com'è finito), l'Italia di Monti, Letta e anche dell'attuale Ducetto fiorentino ha accettato senza colpo ferire che la nostra ex colonia finisse come è ora...
Potevamo intervenire ben prima, con un minor sforzo complessivo, decisamente meno rischi, con assai minor affanno, quando le forze armate regolari libiche erano ancora in grado di reggere bene agli attacchi dei ribelli fondamentalisti e di accollarsi gran parte dell'impegno di terra: un impegno certo oneroso lo stesso, intendiamoci, ma che forse avremmo pure potuto fare da soli.
Ma noi da soli abbiamo preferito invece impantanarci in quell'assurda operazione che è stata la maledetta MARE  NOSTRUM.
Ed ecco il risultato.













Ci stiamo per avviare in una nuova avventura africana, vent'anni dopo la sfortunata RESTORE HOPE in Somalia, in Italia declinata come MISSIONE IBIS, e settantatrè dopo El Alamein...
Che Dio ce la mandi buona.







Ah, dimenticavo un'ultima cosa...
Questa sotto era la situazione dei campi petroliferi prima della guerra contro Gheddafi.
Guardate chi era maggiormente esposto sul territorio e chi meno e fate 2+2.
Saranno contenti quelli che hanno dato contro al puzzone anche per essersi opposto alla guerra contro l'amico beduino.
BEL RISULTATO!!!
La politica internazionale è molto semplice, in fondo, no???















P.S. Altro che fare la guerra contro la Russia per la Crimea e il Donbass...QUESTO è un lusso che non possiamo proprio permetterci. 
Perché???
PER QUESTO MOTIVO CHE VEDETE SOTTO...






Per saperne di più:

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