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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

venerdì 17 ottobre 2014

Un oscuro fonogramma ministeriale che dice più di tante cose


Quando si legge questo non credo ci sia bisogno di aggiungere nulla.
Gli Ebrei vivevano a Roma come comunità da duemila anni, la comunità più antica al di fuori di Israele, erano e sono i più Romani tra i Romani, si identificavano totalmente con la loro Città, e si sentivano quasi più Italiani degli altri Italiani.









Il 16 ottobre del 1943, in quello che sarebbe stato poi chiamato il "sabato nero", alle 5,15 del mattino le S.S. irruppero nel Ghetto di Roma, al Portico d'Ottavia, e rastrellarono 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini.
Due giorni dopo, il 18 ottobre, alle 14,05, questi poveracci sarebbero stati tutti spediti come animali su un treno diretto in Polonia, con destinazione finale il campo di sterminio di Aushwitz.
Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) sarebbero ritornati indietro da quel viaggio nel Terrore, da quel Buco Nero della Civiltà.
Nessuno di quegli oltre 200 bambini avrebbe più avuto la possibilità di rivedere il Colosseo.
Sono tutti rimasti lì...


Enrica Efrati Fondazione Museo della Shoah

Betta e Elisa Di Cave Fondazione Museo della Shoah

Alberta Di Porto, figlia di Ofelia Della Torre e Mario Di Porto, nata nel 1942, arrestata con i genitori e la sorellina Graziella il 16 ottobre 1943 all’età di un anno. Uccisa all’arrivo ad Auschwitz il 23 ottobre 1943. Fondazione Museo della Shoah

Bruno Anselmo e Lazzaro Moscato Emilia Pavoncello nasce il 1 aprile del 1910. Il 19 aprile 1936 sposa Giuseppe Moscato di tre anni più vecchio di lei e con lui avrà due figli. I due avranno nel 1938 il primogenito Lazzaro e un anno più tardi nascerà Bruno Anselmo. Il 16 ottobre 1943 l’intera famiglia viene arrestata nella casa di via S. Angelo in Pescheria, 34. All’arrivo ad Auschwitz Emilia e i suoi due bambini verranno mandati direttamente a morire nelle camere a gas; Giuseppe invece sarà scelto per i lavori forzati. Morirà anche lui ad Auschwitz nell’aprile del 1944. Fondazione Museo della Shoah

Virginia Spizzichino nasce a Roma il 21 ottobre 1936. Arrestata il 16 ottobre 1943 assieme alla madre Giuditta Terracina, al padre Vittorio Emanuele Spizzichino, ai fratellini Giacomo di cinque anni e Enrica Spizzichino di otto, agli zii Giacomo, Marco Mosè (Mario) e Enrica Terracina e alla nonna Virginia Di Veroli.Uccisa all’arrivo ad Auschwitz il 23 ottobre 1943. Fondazione Museo della Shoah

Ammiraglio Augusto Capon Archivio personale Giorgio Capon



Giuditta Terracina con il marito Vittorio Emanuele Spizzichino. Fondazione Museo della Shoah



Tutte queste e altre immagini le potete trovare al link http://pinosiervo.altervista.org/16-ottobre-1943-la-razzia-degli-ebrei-roma-3/.


Una rara foto della deportazione degli Ebrei romani, il 18 ottobre di settantuno anni fa...


Fino a quel tragico monumento all'imbecillità e all'ingiustizia che sono state le leggi razziali gli Italiani di origine ebraica, che costituivano una parte culturalmente ed economicamente assai vivace della Nazione, erano stati per la grande maggioranza a favore o comunque non contrari al Fascismo.
Non c'è da stupirsene, molti facevano parte della classe borghese, c'erano tra loro professionisti importanti, militari, illustri professori, intellettuali, politici, sindacalisti, ma molti erano anche coloro che lavoravano nella piccola imprenditoria, gli artigiani, i sarti, i macellai...Erano e sono ancora oggi tra le componenti più vitali del Popolo italiano.
Tutta gente profondamente radicata nel tessuto sociale, perfettamente integrata, che vedeva nel regime una garanzia per il futuro dell'Italia e loro, guidato com'era da un uomo, Benito Mussolini, notoriamente tutt'altro che antisemita, che aveva tra i suoi principali collaboratori nel primo Fascismo diversi personaggi di origine ebraica e che nella sua vita travagliata aveva avuto sempre tra le sue amicizie e conoscenze giornalistiche e politiche tanti volti conosciuti dell'Ebraismo socialista italiano, tra cui tre famose intellettuali del tempo, in ordine di apparizione nella sua vita Anna Kuliscioff, esule russa, ginecologa, donna indomabile, eroina dell'emancipazione femminile e della rivoluzione proletaria, animatrice della rivista del socialismo milanese Critica Sociale, spesso in contrasto con Mussolini per il suo essere in fondo un maschilista irredimibile, e soprattutto Angelica Balabanoff, colei che si sarebbe allontanata sia da Mussolini che da Lenin per la sua allergia alle dittature, per lungo tempo molto vicina al futuro Duce e che alcuni voci incontrollate dicevano essere la vera madre di Edda, e Margherita Grassini in Sarfatti, scrittrice, giornalista, biografa dello stesso Mussolini e, nella metà degli anni '20, divenuta addirittura la sua amante ufficiale, l'ultima prima della sventurata Claretta Petacci, incontrandolo segretamente nella sua casa di Via Rasella, una via che sarebbe divenuta tristemente famosa tanti anni dopo...


Anna Kuliscioff, ritratta nel 1908
(Sinferopoli, Crimea, 9/1/1855- 
Milano, 29/12/1925)

Angelica Balabanoff
(Kiev, Ucraina, 7/5/1878- Roma, 25/11/1965)



Margherita Sarfatti
(Venezia, 8/4/1880-
Cavallasca, CO, 30/10/1961)

























Eppure nemmeno l'influentissima Margherita sarebbe riuscita a frenare il Destino, quel Destino che avrebbe spinto sempre di più il Duce verso Hitler e il suo criminale disegno antiebraico, tanto da spingerla nel 1938, quando l'alleanza con la Germania nazista si sarebbe trasformata in un fatto compiuto, convinto e ormai non più cancellabile, a lasciare l'Italia, cui pure Margherita aveva donato il primogenito Roberto, partito volontario per il fronte nella prima guerra mondiale e caduto, appena diciottenne, il 28 gennaio 1918 sul monte Baldo.


Nel 1938 le LEGGI RAZZIALI furono il terzo, visibile e definitivo passo verso l'aberrazione del Fascismo, dopo la MARCIA SU ROMA DEL 1922 che, forse non tecnicamente, ma politicamente di sicuro sì, era stato un vero e proprio colpo di Stato.




Il primo era stato il RAPIMENTO E L'OMICIDIO DEL DEPUTATO SOCIALISTA GIACOMO MATTEOTTI, colpevole di aver denunciato alla Camera il 30 maggio 1924 i brogli elettorali dei Fascisti nelle ultime votazioni, stravinte dal PNF anche grazie agli strabordanti meccanismi maggioritari previsti dalla nuovissima Legge Acerbo, dal nome del suo primo firmatario, che prevedeva l'assegnazione dei 2/3 dei seggi al partito che ottenesse il 25% dei voti complessivi, anche se si tratta di una tesi che negli ultimi anni è stata pesantemente messa in discussione, per bocca proprio del defunto figlio del deputato ucciso, Gianmatteo Matteotti.
Secondo lui quel discorso non c'entrava nulla con la morte del padre e in realtà, se anche Mussolini ne aveva la responsabilità morale, la responsabilità vera e propria era da ricercarsi a livelli ben più alti, cioè nei rapporti poco chiari intercorrenti addirittura tra Casa Savoia, alcuni gerarchi e la britannica Sinclair Exploration Company per lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio in Sicilia ed in altre regioni italiane  (v. QUI).
Giacomo Matteotti
(Fratta Polesine, RO, 22/5/1885-
Roma, 10/6/1924)



Amerigo Dumini
(Saint Louis, USA, 3/1/1894- 
Roma, 25/12/1967)
Mussolini durante il famoso discorso del 3 gennaio 1925
Il secondo era stato il DISCORSO DEL 3 GENNAIO 1925 con cui Mussolini aveva avocato a sé tutta la responsabilità politica, personale e di partito per tale orrendo delitto, ascritto invece sul piano giudiziario penale ad esponenti ben noti del movimentismo fascista (Amerigo Dumini, v. qui, a capo del commando omicida, un militare decorato della prima guerra già coinvolto nei fatti di Sarzana, v. qui, con i suoi sgherri Albino VolpiGiuseppe ViolaAugusto Malacria e Amleto Poveromo, autore materiale dell'assassinio), tutti molto vicini però a gente di fiducia del Duce.
A chi mi riferisco?

Parlo di Giovanni Marinelli (v. qui), massone, benestante, fascista della prima ora, capo della polizia segreta fascista (la cosiddetta CEKA fascista, riprendendo il nome di quella rivoluzionaria sovietica, quella che sarebbe diventata da lì a poco l'OVRA).

Di Cesare Rossi, sindacalista rivoluzionario, fascista della prima ora, capo ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, vicesegretario del PNF nonché primo organizzatore della polizia politica fascista (v. qui), che regolarmente si avvaleva di questi "picchiatori" per non ben specificate "missioni speciali", per le quali venivano rilasciate al momento del compenso dato al Dumini vere e proprie ricevute (!)

Di Aldo Finzi, esponente di una ricca famiglia ebraica veneta di imprenditori agrari (!), che era vicecapo della polizia (v. qui).

E addirittura del prestigiosissimo Emilio De Bono, pluridecorato Generalone dei bersaglieri e Quadrumviro della Marcia su Roma (v. qui), in quel momento capo della polizia.

Si trattava tutti di personaggi molto altolocati, e tutti furono oggetto di indagini poi sfociate nel nulla, ma costretti alle dimissioni dai rispettivi incarichi istituzionali e di partito, finendo ai margini della vita politica nazionale quando non addirittura al confino, come capitato a Cesare Rossi e Aldo Finzi: la loro carriera politica di fatto sarebbe finita lì, tranne che per De Bono, in un primo momento "esiliato" in Africa come Governatore della Tripolitania per tre anni fino al 1928, l'anno dopo nominato Ministro delle Colonie, infine chiamato a condurre la vittoriosa impresa etiopica fino alla conquista del Tigrè e della sua capitale Adua, ferita ancora sanguinante nelle fresche carni della nuova Italia unita dopo il massacro delle truppe del generale Baratieri nel 1896 (v. QUI), per essere poi sostituito da Badoglio.
Eppure anche lui avrebbe finito la sua vita terrena fucilato l'11 gennaio 1944 a Verona, insieme con il citato Giovanni Marinelli, Galeazzo Ciano e con molti degli altri firmatari dell'Ordine del giorno Grandi che il 25 luglio del 1943 aveva portato alla fine del Fascismo.
Aldo Finzi, addirittura, famoso aviatore pluridecorato nella prima guerra mondiale, tra quelli che parteciparono al celeberrimo Volo su Vienna con D'Annunzio, di famiglia ebraica ma educato nel cattolicesimo (quindi considerato ebreo arianizzato), e deputato fascista e stretto collaboratore di Mussolini fino alla fine degli anni '20, come sottosegretario agli Interni e vicecapo della polizia, una volta distaccatosi progressivamente dal regime dopo l'omicidio Matteotti, anche per la sua contrarietà alle leggi razziali, sarebbe stato espulso dal partito e mandato al confino nel 1941/42, per poi entrare in contatto con la resistenza. 
Scoperto, sarebbe  stato arrestato nel febbraio 1944 e incarcerato a Regina Coeli, per poi finire la sua parabola terrena fucilato dai nazisti, tra i 335 sventurati delle Fosse Ardeatine.

Cesare Rossi
(Pescia, PT, 21/9/1887- Roma, 9/8/1967)

Convenzionalmente è proprio a quel discorso del 3 gennaio 1925, cui avrebbero fatto seguito il cosiddetto "Aventino", cioè il rifiuto delle opposizioni di partecipare alle sedute parlamentari,  e le leggi liberticide in materia di libertà di stampa, di opinione, di voto, di organizzazione dello Stato, venutosi in breve tempo a identificare totalmente col PNF, unico partito ammesso in Italia (istituzione del Gran Consiglio del Fascismo, nascita del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, reintroduzione della pena capitale, obbligo di tessera del partito per tutti i dipendenti pubblici, cooptazione allo Stato dei sindacati e di tutte le organizzazioni giovanili), le cosiddette Leggi Fascistissime, che si fa risalire la PROCLAMAZIONE UFFICIALE DELLA DITTATURA IN ITALIA, che sarebbe finita nel caos della vera e propria guerra civile solo diciotto anni dopo...

Giovanni Marinelli
(Adria, RO, 18/10/1879- Verona, 11/1/1944)
Aldo Finzi 
(Badia Polesine, RO, 20/4/1891- Roma, 24 marzo 1944)





Una ricevuta regolarmente firmata da Amerigo Dumini per il compenso ricevuto per una "missione speciale"

Il primo numero de La difesa della razza, diretta da Telesio Interlandi,
dell'8 agosto 1938

Con l'approvazione e la firma da parte del Re e Imperatore Vittorio Emanuele III delle leggi razziali, emesse soprattutto in funzione antisemita palesemente sull'esempio tedesco, i fautori del MANIFESTO DELLA RAZZA, pubblicato l'8 agosto 1938 sulla rivista LA DIFESA DELLA RAZZA diretta dal giornalista e polemista siciliano Telesio Interlandi, avevano ormai trionfato, sposando in tutto e per tutto la linea tedesca dell'intransigenza razziale, e questo nonostante il popolo italiano potesse (e possa tuttora) definirsi forse molto identitario, orgoglioso delle proprie radici storiche, attaccato alle proprie tradizioni, legato da due millenni al Papa e alla Chiesa Cattolica, finanche certe volte preda di violenti isterismi ribellistici, con qualche non raro empito pregiudiziale dettato dai luoghi comuni, dall'ignoranza e spesso anche dall'invidia sociale verso gli Ebrei, visti comunemente in linea generale come ricchi, colti, ben introdotti, antipatici,  ma non certo razzista nel senso vero e proprio della parola (fatte salve alcune frange probabilmente fisiologiche, per quanto fastidiose e in sé detestabili), non almeno nel modo programmatico, definitivo ed efficientemente freddo con cui le analoghe leggi fatte da Hitler vennero scrupolosamente osservate in Germania, ma anche nella Francia di Vichy per dire...

Una pagina de La difesa della razza del 1938 che spiega le nuove disposizioni









Dopo le prime, iniziali applicazioni shock delle norme razziali (v. QUI), quali il divieto dei matrimoni misti, l'esclusione dalle scuole di ogni ordine e grado dei ragazzi non ariani (gli Italiani ariani, ma lo capite quant'era assurdo???), l'impossibilità di svolgere le libere professioni, la carriera militare e l'insegnamento, anche universitario, l'obbligo di certificare la propria origine razziale sui documenti,
non si può certo dire che la popolazione italiana e le stesse autorità pubbliche brillassero per particolare zelo persecutorio nei confronti dei cittadini di origine ebrea (ormai di fatto resi apolidi dalle nuove norme): una cosa che non faceva e non fa parte del nostro DNA, sicuramente, tant'è vero che lo stesso Mussolini in persona in diverse occasioni cercò di aiutare persone di origine ebraica (si parla ad esempio di suoi interventi diretti a protezione delle tre sorelle magiaro-olandesi Leschan, che componevano il famoso trio Lescano), e che in parte era permessa anche da vere e proprie scappatoie legali concesse dalle stesse norme liberticide (si pensi ad esempio alla nozione di ebreo arianizzato, che prevedeva molte deroghe ed eccezioni alla rigidità delle disposizioni, che erano pure previste per i decorati di guerra, per chi avesse particolari benemerenze, per chi avesse aderito al Fascismo entro una certa data, cose così): tutte agevolazioni normative che consentivano provvedimenti altamente discrezionali ad hoc, in genere non sindacabili da autorità superiori, che pertanto contribuirono ad alleviare non poco la durezza delle leggi.




Alexandrina Eveline (Sandra), Judik (Giuditta) e Catherine Mathje  (Caterinetta) Leschan, le tre sorelle di origine metà ungherese e metà olandese divenute famosissime cantanti in Italia all'epoca del Fascismo come Trio Lescano.

Aggiungo poi che il Maresciallo d'Italia Emilio De Bono, proprio colui che era stato implicato nel delitto Matteotti, nella sua carica di comandante delle truppe italiane nella guerra imperiale contro l'Etiopia era giunto persino ad abolire ufficialmente la schiavitù nella regione da lui occupata del Tigrè, con un bando bilingue (in italiano e in amarico) pubblicato in Adua il 14 ottobre 1935, XIII Era Fascista (v. QUI).


Il Maresciallo d'Italia Emilio De Bono
 Quadrumviro della Marcia su Roma
(Cassano d'Adda, MI, 19/3/1866- Verona, 11/1/1944)
Era un atto pressoché dovuto e probabilmente anche molto strumentale, visto che una delle ragioni addotte dall'Italia nei confronti della scandalizzata comunità internazionale per attaccare l'inerme Etiopia era proprio stata quella di voler abolire la schiavitù colà estremamente diffusa e pienamente legale, tuttavia un atto dirompente dal punto di vista simbolico e che era stato messo in pratica senza alcuna esitazione, non appena possibile, portando enorme credito internazionale al Fascismo, oltre a quello di cui comunque già allora godeva.




Tutto questo è vero, però...
Leggete qui.







DICHIARAZIONE SULLA RAZZA  

   Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero, dichiara l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un'attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.
   Il problema ebraico non è che l'aspetto metropolitano di un problema di carattere generale.
   Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
   a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
   b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici - personale civile e militare - di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
   c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell'Interno;
   d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori dell'Impero.


Ebrei ed ebraismo
   Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale - specie dopo l'abolizione della massoneria - è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato - in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica unanimemente ostile al Fascismo.
   L'immigrazione di elementi stranieri - accentuatasi fortemente dal 1933 in poi - ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani, nei confronti del Regime, non accettato sinceramente, poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele. Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; l'ebraismo mondiale è, in Spagna, dalla parte dei bolscevici di Barcellona.


Il divieto d'entrata e l'espulsione degli ebrei stranieri
   Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il divieto d'ingresso nel Regno, degli ebrei stranieri, non poteva più oltre essere ritardata, e che l'espulsione degli indesiderabili - secondo il termine messo in voga e applicato dalle grandi democrazie - è indispensabile.
   Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai casi singolarmente controversi che saranno sottoposti all'esame dell'apposita commissione del Ministero dell'Interno, non sia applicata l'espulsione nei riguardi degli ebrei stranieri i quali:
   a) abbiano un'età superiore agli anni 65;
   b) abbiamo contratto un matrimonio misto italiano prima del 1° ottobre XVI.


Ebrei di cittadinanza italiana
   Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza ebraica, stabilisce quanto segue:
   a) è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
   b) è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera;
   c) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica;
   d) non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del 1° ottobre XVI.


Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana
   Nessuna discriminazione sarà applicata - escluso in ogni caso l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana - quando non abbiano per altri motivi demeritato - i quali appartengono a:
   1) famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in questo secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;
   2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
   3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
   4) famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
   5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
   6) famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 19- 20- 21- 22 e nel secondo semestre del 24 e famiglie di legionari fiumani.
   7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione.


Gli altri ebrei
   I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie, nell'attesa di una nuova legge concernente l'acquisto della cittadinanza italiana, non potranno:
   a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
   b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o più persone;
   c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
   d) prestare servizio militare in pace e in guerra. L'esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori provvedimenti.
   Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
   1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di pensione;
   2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
   3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e l'attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
   4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l'istituzione di scuole medie per ebrei.


Immigrazione di ebrei in Etiopia
   Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere, anche per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina, una controllata immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell'Etiopia.
   Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei, potranno essere annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei riguardi dell'Italia fascista.


Cattedre di razzismo
   Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il Ministro dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali Università del Regno.

Alle camicie nere
Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito i materia sono da considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle Direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli Ministri.

(Fonte: http://ospitiweb.indire.it/~copc0001/ebraismo/carta.htm).


L'adozione di queste deliranti imposizioni da parte del Fascismo, che pure era probabilmente in quel momento AL MASSIMO DELLA SUA PARABOLA NEL CONSENSO POPOLARE, in termini di saldezza interna, prestigio internazionale, risultati ottenuti (le grandi bonifiche, la nascita delle nuove città, la riconciliazione con la Chiesa dopo cinquant'anni di gelo, i provvedimenti sociali, la conquista etiopica), è una colpa immensa che non si può cancellare, così come la stessa firma in calce a quelle norme da parte del Re e Imperatore nella quiete della sua tenuta di San Rossore non può non essere messa sul conto della Monarchia Sabauda, che aveva il DOVERE MORALE E CIVILE DI IMPEDIRLE, e questo a prescindere dalla sincerità o meno del sentimento odioso che le permeava.



Certo, erano forse leggi scritte e applicate un po' all'italiana, male, spesso svogliatamente, forse anche solo per la tipica pigrizia della nostra burocrazia, certo senza quella partecipazione emotiva e realmente sentita di altri popoli, di altri Stati, magari influiva anche la diffusione della fede cattolica, che se da un lato conservava nelle sue liturgie e nelle sue preghiere antiche invocazioni contro il popolo ebraico uccisore di Gesù portava comunque nella semplicità religiosa della gente comune la consapevolezza di certi insegnamenti, "Rispetta il prossimo tuo come te stesso", "Chi è senza peccato lanci la prima pietra", "Gli ultimi saranno i primi nel Regno dei Cieli", "Siate fratelli gli uni verso gli altri", che inducevano alla riflessione sul rapporto con sé stessi e gli altri, sul dovere della Comprensione, della Pietà, della Compassione, tutti termini che erano assolutamente estranei ad una mentalità autenticamente, freddamente, ciecamente razzista, tuttavia...








Tuttavia erano leggi odiose, insulse, idiote, umilianti.
Ma non erano semplicemente uno sbaglio.
No, non si potevano considerare semplici sbagli le leggi razziali.
Per la prima volta nella storia dell'Italia unita veniva instillato nello spirito degli Italiani il germe perverso della discriminazione scientifica, programmata, di stampo fintamente illuminista, apparentemente razionale, oggettiva, a danno di una limitata categoria di persone, identificate con tratti somatici abnormi, intenti sempre malevoli, caratteristiche fisiche sgraziate, non consone a quelle italiane descritte come ariane, derivanti dall'antico invasore longobardo innestatosi sul declinante elemento romano per renderlo più forte, temprato, insomma ARIANO, una razza considerata assolutamente SUPERIORE a tutte le altre.


Gli Italiani attuali, secondo gli Interlandi di turno, sarebbero stati discendenti diretti di questi qui (fotogramma tratto da un documentario di History Channel, con Alboino che insegna al figlio come scagliare una lancia)



E il bello è che nel loro cieco furore filotedesco e antisemita i teorici della purezza della razza italiana non si rendevano nemmeno conto che nel seguire una simile sciocchezza si mandavano al macero sedici anni di retorica imperiale romana, di Scipioni Africani, Fasci Littori, saluti romani e DUX sparsi sulle costruzioni di tutta la penisola, seppelliti dalla rude (in)civiltà di Alboino e dei suoi, arrivati in Italia quasi sei secoli dopo Cristo, senza essere fra l'altro un gruppo unitario ma confusi semmai a tante altre tribù barbariche di orìgine diversa, alleate o sottomesse nel corso della loro cavalcata verso il Friuli da cui sarebbero straripate nella Valle Padana, non solo germaniche ma persino di provenienza asiatica (!!!), come gli Avari e gli Unni, e che nello spazio di due secoli avrebbero però finito per identificarsi totalmente nell'elemento italico preesistente (ma LORO, non il contrario!!!)



Tutto quest'odio profuso a piene mani, basato su certe sesquipedali minchiate, avrebbe però finito per ottenere, dai e dai, anche il risultato che vedete qui sotto.




Al di là della questione di principio, che non può essere sottovalutata per le implicazioni di tipo umano, politico e sociale che il solo metterle in atto rendevano devastanti per l'intero sentimento comune della Nazione, la portata sistemica di quelle norme, unita ad un'applicazione piena di rigoroso e indiscriminato zelo, propria di chi si mette a servire ciecamente il Male quando si manifesta, avrebbe portato, dopo la caduta del Fascismo il 25 luglio e soprattutto dopo l'8 settembre, quando ormai dello Stato Italiano non vi era più traccia alcuna e a comandare sarebbero stati GLI ALTRI, a quello Sfacelo delle Coscienze che è ricordato dall'immagine posta all'inizio.











E a quel punto nessuna scappatoia legale fu più concessa, nessuna deroga, nessuna eccezione, anzi...L'alta discrezionalità di certi provvedimenti poteva essere tale anche in senso opposto rispetto a quello che sempre era stato adottato...
Ormai tutto era devoluto alla libera coscienza delle persone, e per un Giorgio Perlasca, per un Giovanni Palatucci, per un Gino Bartali che nei limiti delle loro competenze e possibilità facevano di tutto per non dare modo agli Italiani di vergognarsi di essere tali, tanti altri purtroppo, in un clima sempre più avvelenato di Italiani contro Italiani, ideologia contro ideologia, pazzia contro pazzia, cominciarono a mostrare anche il peggio di sé...


Gino Bartali
(Ponte a Ema, FI, 18/7/1914- 

Firenze, 5/5/2000)
Giorgio Perlasca
(Como, 31/1/1910- 
Padova, 15/8/1992)















Ma alla fine decidevano sempre per tutti i Tedeschi, non c'era più Italia al nord, da Roma in su eravamo diventati solo un territorio da sfruttare, su cui neppure l'autorità del Duce poteva più nulla...
Un'autorità peraltro solo su carta, che lo stesso Mussolini non riuscì a far rispettare neppure durante il processo di Verona, quando i Tedeschi vollero fosse messo al muro il genero Ciano, nonostante lo stesso Duce non volesse, anche per le insistenze disperate di sua figlia Edda...
Giovanni Palatucci
(Montella, AV, 31/5/1909- 

Dachau, 10/2/1945)
Forse è vero che Mussolini pensasse, con la nascita della RSI, di potersi in qualche modo frapporre alla voglia di distruzione dei Tedeschi, controllarne gli istinti vendicativi contro il voltagabbana italiano, circoscriverli entro limiti accettabili, credo che lui per primo sapesse di essere ormai uno Sconfitto della Storia, ma il Peccato Originale alla fine è sempre lo stesso.
Senza l'alleanza contro natura coi Tedeschi, senza quell'infamia delle leggi razziali, emesse con la complicità interessata del Re e Imperatore, colpevole tra l'altro al momento della proclamazione dell'armistizio col suo pavido atteggiamento di aver portato al disfacimento il Regio Esercito, che se preallertato per tempo poteva fare tanto per reagire all'inevitabile reazione tedesca, l'Italia si sarebbe risparmiata tanti lutti e mai sarebbe stata accostabile a quel Nichilismo dello Spirito che è stata l'ideologia nazionalsocialista con le sue assurde tesi diabolicamente razziste.
E non avrebbe mai visto sotto i suoi occhi l'infamia di tanti uomini, donne, vecchi, giovani, bambini, PERSONE, non cose inanimate, non animali, non piante, PERSONE!!!, terrorizzate, senza il conforto di una bottiglia d'acqua, stipate tutte nei vagoni piombati come bestie per andare al macello, vestite come si trovavano al momento dell'arresto, al freddo dell'inverno come al caldo dell'estate, esseri umani umiliati, derisi, profanati nella loro dignità, diretti tutti verso l'Ignoto, un Ignoto che solo ora sappiamo avere i nomi di Auschwitz, Mauthausen, Bergen-Belsen, Treblinka, Buchenwald, Birkenau, Dachau, e in Italia di San Sabba e Fossoli (quest'ultimo, vicino a dove abito io, anche se non ci sono mai stato, solo un campo di transito, dicono, bontà sua...)


Non colpevolizzo Mussolini per l'entrata in guerra, a quel punto era inevitabile probabilmente, e non escludo neppure che un mancato intervento potesse spingere la Germania vittoriosa a rifarsi poi anche su di noi.
I suoi errori sono a monte, e risalgono a quei dannati giorni del 1938.
Senza quegli errori l'Italia fascista, come sostiene Gianpaolo Pansa, sarebbe probabilmente morta con Mussolini, lui altrettanto probabilmente, come Franco in Spagna, sarebbe morto tranquillo nel suo letto, e non sul ciglio di una strada, fucilato in maniera poco chiara dai partigiani, e l'Italia, come la stessa Spagna, sarebbe rientrata prima o poi nel gioco democratico europeo...
Quegli errori non furono semplici errori, no...
Sono una condanna che pende sul nostro capo, una condanna che forse come Popolo alla fine non ci meritiamo, ma che resta, comunque, spietata, come una macchia indelebile nella nostra Storia bimillenaria, una macchia che io, personalmente, e lo dico da uomo di destra (credo...), sento tremendamente nella mia stessa carne.

Le leggi razziali non furono solo un danno in sé e per sé, ma nella loro stupidità si ritorsero anche contro l'Italia perché costrinsero all'abbandono della cattedra validissimi professori, con grave danno per i loro studenti e per la cultura e la scienza italiana, e indussero all'espatrio tante illustri personalità, non solo ebree, spaventate dalla piega degli eventi, scandalizzate, per solidarietà, per legami di sangue, gente che apparteneva a pieno titolo alla classe dirigente, scienziati, musicisti, linguisti, letterati, persone che avrebbero potuto dare tanto all'Italia e agli Italiani, gente che avrebbe desiderato tanto continuare a vivere in un paese felice, prospero, sereno e invece costretta a fuggire solo per la religione che professava, per la sua origine razziale, per i legami di famiglia...


Ecco perché, così, d'impulso, sono d'accordo con la decisione di stabilire Villa Torlonia, storica residenza in stile neoclassico del Duce nella Capitale, come sede del nuovo Museo della Shoa a Roma.
Il mio è un discorso puramente emozionale, non so che genere di problematiche possano esserci di altro tipo, strutturale, tecnico, normativo, ma se mi si chiedesse un parere, be', sarei favorevole.
Ci vuole un segnale.
Per non dimenticare quello che succedeva in quei tragici giorni.
Quando l'Umanità era assente.
E tutto veniva certificato da un oscuro fonogramma ministeriale di un oscuro funzionario prefettizio.

Auschwitz, 1944: in una foto scattata dalla ricognizione della RAF 
l'area del campo di sterminio, 
col pennacchio del forno crematorio chiaramente visibile sulla sinistra.

Per saperne di più:

-sulla figura di Giacomo Matteotti e sul suo omicidio (oltre al link citato in corso di testo):
http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti

-sulle leggi fascistissime:
http://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_fascistissime
http://www.studiamo.it/pages/storia-l-esperienza-costituzionale-fascista-le-leggi-fascistissime
http://www.armentanidue.altervista.org/Leggi%20fascistissime.htm

VIDEO (tratti dal film IL DELITTO MATTEOTTI di Florestano Vancini, 1973)
-IL DISCORSO DI MATTEOTTI DEL 30 MAGGIO 1924
-IL DISCORSO DI MUSSOLINI DEL 3 GENNAIO 1925

VIDEO DEL DISCORSO ORIGINALE CON CUI MUSSOLINI ANNUNCIA LE LEGGI RAZZIALI


FILM: CONSPIRACY- SOLUZIONE FINALE

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