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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

domenica 5 ottobre 2014

Le donne in prima linea di Kobane






A Kobane, la terza città curda della Siria, per gli Arabi Ayn el Arab, nodo strategico importantissimo perché posta al confine con la Turchia, le orde dell'ISIS dopo due settimane di assedio oggi per la prima volta hanno fatto breccia (v. QUI), conquistando tre distretti cittadini e issando la loro maledetta bandiera nera sulla collina che sovrasta la città a est: da lì, con la loro artiglieria, i mortai e i carri armati, possono martellare a piacimento la sventurata città e i suoi eroici difensori (v. QUI).




Centosessantamila profughi sono stati costretti ad evacuare con le loro povere cose la città e a dirigersi verso la frontiera turca, accolti non propriamente benissimo dalle autorità turche (v. QUI), mentre altri centomila poveri diavoli si accalcano sempre più disperatamente all'interno della cinta cittadina, spinti in avanti dalla progressiva e apparentemente inarrestabile avanzata delle truppe califfali, ormai impadronitesi delle periferie che circondano l'abitato.











Le poche centinaia di combattenti curdi dell'Unità di Difesa del popolo (YPG), il braccio armato del Comitato Supremo Curdo del Kurdistan siriano, combattono ormai per la vita e la morte casa per casa, armati praticamente di sole armi leggere, pochi razzi controcarro, qualche mortaio e tanto, tantissimo coraggio (quello non gli è mancato mai!), ma stanno inesorabilmente cedendo terreno, circondati come sono su tre lati, tranne che a nord, su quello che si affaccia direttamente sul confine turco (v. questo filmato QUI).










Tra loro ci sono giovani, anziani, donne, persino bambini.
Tutti con un Kalaschnikov in mano ed il cinturone con i proiettili addosso.
Tutti uniti con un solo obiettivo: RESISTERE FINO ALL'ULTIMO CAPACE DI IMBRACCIARE UN'ARMA!!!













Quella dei Curdi dell'YPG è una disperata lotta contro il tempo, contro la logica e contro l'ingiustizia, una crudele e insieme grandiosa Epopea che mai ci si aspetterebbe di vedere nel ventunesimo secolo, così tecnologico, secolarizzato e indifferente a tutto, contro un nemico crudele, spietato, e tanto tanto tanto più forte di loro.




Gli eroici difensori di Kobane sanno che per loro non c'è un domani.
L'ISIS gliel'ha fatto chiaramente capire nei giorni scorsi catturando e decapitando quattro miliziani Peshmerga, quattro loro compagni di vita e di guerra, tra cui tre donne (v. l'articolo QUI).


Ceylan Ozalp




Donne come la 19enne Ceylan Ozalp, nome di battaglia Berivan Sason, che pure due giorni fa ha preferito spararsi un colpo alla tempia davanti ai suoi nemici una volta finite le munizioni (v. QUI), piuttosto che cadere prigioniera di quei barbari e magari essere anche lei decapitata, o forse stuprata, data in sposa o venduta come schiava (o tutte e tre le cose insieme).


Avesta







Come la 24enne Avesta, una ragazza che si era scelto come nome di battaglia quello del Libro Sacro dello Zoroastrismo, la religione degli Yazidi: un'autentica leggenda vivente tra le fila dei Curdi, a capo di un commando misto del PKK e dei Peshmerga composto da tredici guerriglieri di cui ben otto donne, caduta il 12 settembre scorso anche lei armi in pugno, durante una battaglia avvenuta per la riconquista della città di Makhmour, colpita al collo da un proiettile dell'ISIS e spirata durante il tentativo disperato di trasportarla ad Erbil (v. QUI e QUI, tratto dal sito FOREIGNPOLICY, sito in lingua inglese, che aveva dedicato ad Avesta un profilo proprio pochi giorni prima della sua morte).

Arin Mirkan coi suoi due bambini








O come la bellissima Arin Mirkan (v. QUI), un'altra comandante curda, madre di due bambini, che ha preferito farsi esplodere in mezzo ad un gruppo di miliziani jihadisti che avevano ormai circondato la sua posizione, come riferito da Rami Abdel Rahman, Direttore dell'Osservatorio Siriano per i diritti umani di Londra, secondo il quale "l'azione ha causato morti ma non ci sono ancora conferme sul numero esatto" (si parla almeno di sette curdi rimasti comunque sul terreno).



Arin Mirkan in combattimento, pochi giorni prima della sua morte, in un fotogramma
tratto dal video pubblicato dal Corriere della Sera






[In un video di circa una settimana fa pubblicato oggi 11 ottobre 2014 dal sito del Corriere della Sera con ripresa in primo piano proprio la coraggiosissima Arin Mirkan mentre è impegnata a sparare da una trincea curda si possono riconoscere due voci che sembrano parlare italiano. Lo potete vedere e sentire QUI.] 

E sembra sia proprio una donna, la quarantenne Mayssa Abdo, nome di battaglia Narin Afrin, 


Mayssa Abdo, nome di battaglia Narin Afrin, è lei che conduce la resistenza a Kobane
a guidare la fiera resistenza curda all'invasore, insieme con Mahmud Barkhodan, e ad aver adottato la nuova strategia che sembra stia ottenendo finora un certo successo, quella degli attacchi improvvisi "mordi e fuggi" a est della città, tesi a seminare lo sconcerto e la paura tra le fila jihadiste (v. QUI), ma che rappresentano all'evidenza anche l'ultima carta a disposizione dei difensori di Kobane, quella della disperazione, quella che serve a prendere tempo in attesa dell'arrivo di rinforzi che vengano a risollevare la città dalle sue pene, da qualunque parte provengano.
SE arriveranno...

Tratto dal sito francese L'Orient Le Jour (v. qui)

Qualcuno paragona l'eroica resistenza dei Peshmerga a quella dei Sovietici, militari e civili, a Stalingrado contro i Tedeschi durante la seconda guerra mondiale, tra il luglio del '42 e il febbraio del '43, l'inviato dell'ONU, Staffan De Mistura
(e già, si è riciclato qui, dopo i disastri compiuti sul caso dei due marò, novello "Ercolino sempre in piedi"!!!), parla di una nuova Srebrenica, l'enclave bosniaca e musulmana in territorio serbo vittima durante le guerre jugoslave l'11 luglio 1995 di un terribile genocidio compiuto dalle truppe paramilitari serbe ortodosse di Ratko Mladic, sotto gli occhi impassibili del caschi blu olandesi,
Staffan De Mistura con una cartina di Kobane circondata
ma per la sproporzione delle forze in campo e per certe suggestioni storiche il paragone più azzeccato per me è con la battaglia delle Termopili, dove i 300 Spartani di Leonida si immolarono contro le forze cento volte più numerose dei Persiani di Serse, nel 480 a.C., in uno scontro prima ancora di civiltà, che di eserciti, il cui esito avrebbe determinato lo sviluppo storico successivo.











Qualunque sia il paragone possibile, la verità nuda e cruda però è che senza l'intervento di terra delle potenze NATO non ci sarà altra alternativa che LA VITTORIA O LA MORTE, a questo punto, per i coraggiosissimi uomini e donne che da decenni lottano per un Kurdistan libero, la loro storica Nazione che ha purtroppo la drammatica sfortuna di essere letteralmente incistata tra la Turchia, la Siria, l'Iran e l'Iraq, che se la sono spartita tra di loro senza alcuno scrupolo.
Una delle tante promesse mai mantenute lasciate in eredità a noi posteri dalle potenze vincitrici alla fine della seconda guerra mondiale.







Tutto questo accade mentre l'Occidente invece si limita ad assistere, come le truppe olandesi dell'UNPROFOR di diciannove anni fa a Srebrenica, all'immane tragedia che sta accadendo in quelle lande, pulendosi la coscienza con l'invio di poche armi ai Curdi (iracheni, non a quelli siriani dell'YPG) e mandando i suoi bombardieri a colpire l'ISIS dall'alto, senza però volersi impegnare più di tanto (v. qui).
















Così, mentre quegli infami macellai del Califfato Islamico ormai ci stanno prendendo gusto a scannare come capretti sacrificali i poveri ostaggi occidentali caduti nelle loro mani (già quattro, a tutt'oggi), mentre il loro esempio viene seguito ormai a raffica da tanti altri nel mondo (pare che il Consiglio dei giovani islamici - Majlis Shabab al Islam -  una fazione islamica libica, sia pronto a proclamare un nuovo Califfato Islamico a Derna, nell'est della nostra ex colonia), noi aspettiamo che siano gli altri a toglierci le castagne dal fuoco, come se fossimo semplici spettatori di un brutto fantathriller che si sviluppa davanti ai nostri occhi, in un cinema di periferia.

Il Premier turco Erdogan con la moglie, rigorosamente col velo indosso, ad una manifestazione elettorale del suo partito islamico sedicente moderato...





Eppure in molti gridano alla speranza...
Eggià, perché l'esercito turco (sembra) si prepari a reagire non appena il primo miliziano dell'ISIS si sarà avvicinato troppo al confine con la Turchia: quaranta carri armati sono già schierati sulla linea di confine, pronti a scatenare l'offensiva appena il governo turco darà il via libera, che però finora non c'è stato.


I carri armati turchi schierati al confine








Dovrei in teoria esserne contento, se così fosse: la Turchia è stata finora un fidato alleato del fianco sud orientale della NATO, dispone di un esercito formidabile, efficiente, ben armato, motivatissimo...
Ma invece io non mi fido...
La Turchia fa un gioco sporco, odia da sempre i Curdi e aspira a divenire la Nazione leader di quell'area: per i Turchi l'ISIS è solo un pretesto, in realtà vogliono vedere battuto il leader siriano Assad, e tutto quello che conviene loro in questo contesto imbevuto di menzogne, ipocrisie e tanto, tantissimo pelo sullo stomaco è il benvenuto: persino l'ISIS che tra un massacro e l'altro di Cristiani, Nestoriani, Yazidi e Sciiti si sta occupando anche dei Curdi, pur Sunniti come loro, da sempre orgogliosi difensori di quelle terre montuose che considerano la loro Patria.


Gli scontri tra la polizia turca e i manifestanti curdi









NO, non mi fido di questa Turchia che con Recep Tayyp Erdogan al comando, leader del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, un'organizzazione politica dichiaratamente islamica, sia pure sedicente moderata, e in quanto tale iscritta al PPE (!!!), sta piano piano trasformandosi in un paese sempre più integralista. 
Il  ricordo della Sublime Porta non è così lontano e finora risulta in effetti siano stati più gli stessi Curdi ad essere finiti sotto le grinfie turche, piuttosto che i miliziani del Califfato (v. quest'articolo qui dell'8 ottobre del Corriere della sera oltre a questo del giorno prima, sotto certi versi ancora più interessante, di Formiche).

L'assedio di Vienna, da parte di Kara Mustafà...

Non ho dubbi che l'esercito turco sia in grado davvero di spazzare via l'ISIS, se davvero vuole: al contrario di noi Occidentali i Turchi sanno ancora cos'è la guerra, non si pongono troppi quesiti esistenziali, se devono colpire duro lo sanno fare, e lo faranno se comandati in tal senso...
Ma poi? Una volta vinto, cosa farà la Turchia, POI???
Volete un esempio sul coacervo di ipocrita cinismo, ambiguità, doppi giochi, political correctness, che lastrica la via dell'alleanza euro-americana con gli Stati arabi e soprattutto del Golfo Persico (e anche della Turchia, ovvio...)? Leggete QUI.
Ma soprattutto, al di là di tutto...E noi? 
Cosa vogliamo fare NOI?
Davvero vogliamo questo?







Questo non è un film, questa è una drammatica realtà che sta irrompendo davanti ai nostri occhi, non solo davanti alle televisioni e in terre lontane, ma anche qui da noi, nelle nostre città, dove dovremmo in teoria essere al sicuro: è solo di pochi giorni fa la notizia che in Australia la polizia ha compiuto una retata di cittadini australiani di origine maghrebina o comunque di religione islamica ormai pronti a compiere un'azione combinata tesa a rapire e subito dopo decapitare davanti ad una telecamera ignari cittadini presi a caso, giusto per dare una dimostrazione e colpire i "crociati" occidentali (v. QUI), e tutto questo mentre a Wuppertal, nella civilissima Renania tedesca, un'autonominatasi Polizia della Sharia'a è stata sorpresa mentre cominciava a pattugliare le strade cittadine per punire chiunque si rendesse colpevole di atti contro la religione di Maometto, in particolare le donne...







Si è scoperto che in realtà si trattava di un'iniziativa tra il goliardico e il provocatorio inventata da un gruppo di salafiti guidati da Sven Lau, un tedesco convertito all'Islam, certo, per pubblicizzare l'apertura di un centro islamico (v. QUI), ma davvero possiamo dire che una cosa del genere, impensabile fino a pochi anni fa, non sia semplicemente un'anticipazione di quello che ci aspetta qui, in Europa, tra cinque, dieci, vent'anni?
O magari tra uno?


Chi non ricorda Adel Smith? Sfiga, è morto...
Eppure noi niente, dormiamo.
Noi siamo quelli che eliminano il Presepe dalle Sacre Rappresentazioni natalizie o il Crocifisso dalle pareti per non offendere le altrui religioni, come se si trattasse di cose affatto estranee alla nostra cultura popolare e pericolose per le tradizioni e le idee altrui.
Noi siamo quelli che accettano senza colpo ferire che quei telefilm tante volte visti da piccoli, quelli ormai entrati a far parte della NOSTRA storia personale, non più circoscritti al semplice tubo catodico, tipo "Pippi Calzelunghe", siano tagliati a distanza di oltre quarant'anni per certe scene ritenute non più corrette politicamente: una censura autoimposta di cui veramente non si avvertiva il bisogno.
Noi siamo quelli che stanno anche a sentire quei deficienti che vorrebbero censurare anche talune parti della Divina Commedia per come tratteggiano negativamente la figura di Maometto, e cancellare l'affresco che raffigura la scena dantesca del fondatore dell'Islam preda del Demonio presente all'interno della Cattedrale di San Petronio di Bologna, nella cappella dei Re Magi commissionata oltre seicento anni fa dalla ricchissima famiglia Bolognini (per informazioni al riguardo v. QUI).



MA DI COSA AVETE, DI COSA ABBIAMO PAURA???
E' DI QUESTO, CHE DOBBIAMO AVERE PAURA!!!






















Ha un che di diabolico, questa foto...




















Si combatte a Kobane.
Si combatterà fino all'ultimo curdo in grado di farlo.
Ma si deve combattere anche qui.
Subito. 
Sin da ora.







































































Ceylan, Arin, Avesta, Mayssa, le tante altre donne (e gli uomini) Peshmerga, giovani e vecchi, veterani e reclute, si stanno immolando anche per noi, adesso.
Se sapessero per chi stanno anche combattendo...
































































































































































































Questa ragazza è la 28enne Rehana...Sembra che purtroppo sia tra le donne peshmerga uccise e decapitate dai barbari miliziani dell'ISIS. C'è una foto tremenda in cui un maledetto giovane barbuto esibisce orgoglioso (di cosa, BASTARDO???) quella che appare proprio la sua testa, con la lunga treccia che pende dal capo reciso...Quando ho postato questo foto tutto questo non si sapeva. Non mancano testimonianze anche di senso contrario, quindi spero che questa notizia non trovi conferma, ma purtroppo tutto farebbe pensare che sia tragicamente vero.
Ti sia lieve la terra, Rehana...
(http://dcgazette.com/rehana-the-famous-female-kurdish-fighter-responsible-for-100-isis-deaths-has-been-beheaded/: attenzione, contiene foto che possono impressionare le persone sensibili)



In bocca al lupo, ragazze...
E che Allah vi protegga!

VIDEO (IN LINGUA INGLESE): 

KURDISH GIRLS FIGHTERS IN REAL BATTLE vs. ISIS in Kobani: https://www.youtube.com/watch?v=5qyJUK2Sof4




#SaveKobane


P.S. E poi, toh...! All'improvviso si fa viva l'U.CO.I.I. (l'Unione delle Comunità Islamiche d'Italia), con un comunicato ufficiale del 4 ottobre in cui (apparentemente) prende le distanze dall'ISIS.
Eppure...Ricordate questi termini, teneteli sempre bene a mente, Taqiyya e Kitman, e leggete QUI.


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