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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

mercoledì 23 luglio 2014

I martiri sono altri

Questo infame cartello è stato appeso alla statua del carabiniere inaugurata solo un mese fa a Taranto, in onore dei 200 anni dal giorno della fondazione della Benemerita.
Be', allora lo dico con estrema chiarezza, a costo di apparire estremamente indelicato alle anime belle (MA CHI SE NE FREGA).

Potete girarla e rigirarla come volete, le amicizie giornalistiche, politiche e intellettuali non vi mancano, ma Carlo Giuliani ha fatto esattamente la fine che meritava.
Punto.

Una foto simbolo di quel maledetto G8, che ha fatto il giro del mondo.
Piazza Alimonda, Genova, 20 luglio 2001, ore 17,27: è il momento in cui il carabiniere ausiliario Mario Placanica, ferito, stordito e ormai colto dal panico, sta per sparare, alla cieca, il proiettile fatale calibro 9 che colpirà Carlo Giuliani sotto lo zigomo sinistro mentre sta per scagliare un estintore all'interno del Defender dei carabinieri assediato da una folla  inferocita di manifestanti e Black Block: l'intenzione certificata dagli esiti processuali era quella di sparare in aria a scopo intimidatorio per allontanare i facinorosi, ma la posizione rannicchiata del carabiniere, i sobbalzi del mezzo sottoposto a continue spinte e controspinte dai suoi assedianti, che usavano pugni, bastoni, pietre e altro per infierire sul blindato finito in una strada chiusa, e le oggettive condizioni disagevoli della situazione, fisiche, psicologiche e ambientali, porteranno a una traiettoria diversa e imprevista del proiettile, mortale per il ragazzo con l'estintore tra le mani.







No, dico, ce lo siamo dimenticato cos'era Genova in quei giorni terribili in cui i capi del mondo s'incontravano per capire che direzione prendere in un mondo appena uscito dalla guerra fredda e che senza saperlo ancora si apprestava a vivere un decennio terribile, a partire dall'attentato alle torri gemelle che solo poco più di un mese dopo avrebbe sconvolto l'opinione pubblica globale?

Una scena tratta dal film "DIAZ"

Giuliani era un ragazzo evidentemente fuori dal mondo, un ventitreenne viziato figlio di papà della borghesia benestante di Genova che non aveva ancora capito cosa fare da grande, ma certo era nato sotto una stella assai più favorevole del cafone calabrese ventunenne Mario Placanica, in quel momento in servizio di leva come carabiniere.
A differenza sua, Mario Placanica non aveva avuto la stessa fortuna di nascere BENE, sia per famiglia, sia per origine geografica, sia per talento individuale e non passava certo il tempo a giocare alla rivoluzione nel week-end per scacciare la noia od a coltivare impossibili sogni alternativi tipici di chi ha avuto la pappa pronta sin da bambino e si sente alla fine, chissà perché, in colpa: atteggiamento legittimo e finanche apprezzabile fino a quando si traduce in opere di bene e iniziative politiche magari estrose ma oneste e legali, ma che diventa persino rivoltante quando si traduce in distruzione di beni altrui e voglia di spaccare tutto, fino al punto di rivolgersi addirittura contro chi, come Placanica e tanti come lui, non ha altrettanta buona sorte ed è costretto a spaccarsi la schiena per trovare una strada nella vita.

Il sogno di Placanica era probabilmente più terra terra, raffermarsi come carabiniere per portare uno stipendio a casa, sposarsi, avere dei figli, comprarsi una casetta nella natia Calabria...
Giuliani no, Giuliani probabilmente, una volta passati i furori ideologici tipici di un'età e di una formazione in piena evoluzione, si sarebbe magari riciclato come politico "alternativo", o forse semplicemente sarebbe diventato un libero professionista, o un giornalista, o magari un professore di scuola, sicuramente non avrebbe mai avuto il problema di mettere insieme il pranzo con la cena, a meno di non volersi complicare lui la vita: una libera scelta, non certo una costrizione imposta dai fatti, però...
Se quindi le cose sono andate disgraziatamente come sono andate non si cerchino responsabilità laddove non possono essercene, come ha ormai definitivamente sanzionato persino la Corte Europea dei Diritti dell'uomo di Strasburgo, di cui tutti si riempiono la bocca quando dice cose che fanno comodo, ma mai quando le sue decisioni vanno contro alla corrente vulgata diffusa dai media.
Carlo Giuliani stava compiendo, anzi aveva già compiuto e si accingeva a ricompiere, un reato grave che poteva avere conseguenze nefaste nei confronti dei carabinieri chiusi all'interno di un Defender assediato e preso di mira da una folla ostile in un contesto spazio-temporale orrido, malefico e bestiale di odio per l'Autorità e il Buon senso, in nome di confusi ideali rivoluzionari non ben definiti ma chiari nella loro evidente perniciosità.
La giustizia italiana (sin dal 5 maggio 2003, con l'ordinanza di archiviazione del GUP Elena Daloiso), e quella europea (l'ultima e definitiva sentenza assolutoria su tutta la linea di Strasburgo è del 24 marzo 2011) ormai si sono pronunciate in maniera inequivoca, sancendo una volta per tutte che Mario Placanica ha agito per legittima difesa e con l'uso legittimo delle armi, e che nessuna responsabilità di alcun tipo può addebitarsi a carico dello Stato italiano, nessuna copertura politica, nessuna carenza delle procedure. 
Niente di niente.
Le chiacchiere quindi stanno a zero.






Non doveva succedere niente, in quei maledetti giorni dal 20 al 23 luglio del G8 di Genova di tredici anni fa, giorni di impazzimento generale fomentato da cattivi maestri protetti da persone col culo ben protetto, e aggravato da reazioni fuori dalle righe e spesso illegittime anche da parte di chi, sia pur spinto da una dose enorme di adrenalinica tensione causata dalla paura, dalla stanchezza e dal disagio, doveva però mantenere per dovere i nervi saldi e un atteggiamento improntato a quella Dignità nell'alveo della Legge che le forze dell'ordine devono sempre ricordarsi di mantenere in certi frangenti: ciò che è accaduto alla scuola "Diaz" non può non essere esecrato, sotto qualunque punto di vista, anche perché a farne le spese sono stati manifestanti che erano pacifici, sia pure incazzati, e chi in quella scuola, luogo di pensiero e formazione, indossava la divisa, che per tradizioni di famiglia è per me qualcosa di sacro, dovrebbe vergognarsi a vita di certe iniquità.

Ciò non toglie però che la morte di Carlo Giuliani sia un fatto diverso: sarebbe stato meglio se il ragazzo fosse restato a casa sua o se ne fosse andato al mare, come sembra fosse sua intenzione in origine, invece di recarsi con un passamontagna nero in testa e una canotta bianca addosso a prendere a estintorate un mezzo dei carabinieri, e Mario Placanica, be' credo che lui per primo avrebbe evitato di dover passare un pomeriggio così, assediato da una muta di cani feroci, mezzo accecato dai fumogeni, ferito, spaventato, ad aspettare soccorsi in aiuto suo e dei suoi compagni bloccati nel mezzo ormai fermo e senza apparenti vie di uscita, soccorsi che probabilmente non sarebbero venuti mai.
Un pomeriggio finito con la morte per sua mano di un ragazzo come lui, solo di poco più grande.
Nessuno doveva morire, maledizione, avevano tutti e due una vita davanti, sia Carlo che Mario, passata la buriana nessuno dei due avrebbe mai incontrato l'altro, troppo diversi i pianeti di provenienza, troppo diverse le basi di arrivo, troppo lontani gli ambiti d'interessi, le mentalità, le culture...
Ma se proprio qualcuno doveva morire, quel giorno, se proprio il Destino, giocando ai dadi, aveva deciso che uno dei due non avrebbe passato il giorno, meglio che quest'ultimo sia stato Giuliani.





E ora spero che finalmente si stenda un velo pietoso su certe farneticanti rievocazioni celebrative post mortem.
Meglio per tutti.
Qui nessuno ha vinto.
Tutti hanno perso.
Non fate di Giuliani un martire. Non lo era, i martiri sono altri.
Non fate di Placanica un simbolo del male. Non lo è, i simboli del male sono altri.
Rimandateli nell'anonimato che meritano entrambi.
Placanica non desidera niente di meglio.
Giuliani è morto e nessuna glorificazione postuma lo riporterà in vita.
Spero di essere stato chiaro.


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