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Diavolo che scrive al pc

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Tic tic tic tic tic tic

lunedì 11 febbraio 2019

Raccontare il Venezuela

Fonte: Sky News




Cari amici, ricevo e pubblico questa drammatica testimonianza di una italo-venezuelana, la mia amica C. P., giornalista de La Gazzetta di Modena.
Mi sono limitato a mettere le foto, aggiungere la nota col testo in spagnolo e italiano dell'articolo 233 della costituzione venezuelana e a dare un taglio grafico un po' diverso al suo appassionato scritto, che ho lasciato integro così come me l'ha dato.
Ho dei lontanissimi parenti in Venezuela (o almeno, i loro avi erano emigrati lì all'inizio del secolo scorso, i fratelli del mio bisnonno Antonio Abrusci di Bari, proprio quello caduto nella prima guerra mondiale di cui ho parlato qualche volta anche qui).
Di loro non so nulla e loro nulla sanno di me, ma anche da qui, paradossalmente, deriva il mio interesse verso la situazione attuale di quella potenzialmente ricchissima eppure disgraziata nazione sudamericana.


Patrizia è molto addentro alla situazione laggiù, dove ha vissuto almeno fino agli anni di tutta la sua adolescenza e oltre, di conseguenza ha molteplici contatti in loco che non fanno che ragguagliarla ogni giorno che passa, ogni giorno DISPERATO che passa.

Il Venezuela è in ginocchio, amici: è pieno di italiani di origine, di cultura e spesso anche di lingua, se non di passaporto, e dovremmo sentirlo assai vicino, fremere per le sue condizioni disumane, invece vedo che sulla base di semplici ideologismi e luoghi comuni un tanto al chilo si tende a difendere l'indifendibile, da destra come da sinistra.
Ebbene no, non ci sto!


Questo mio è un piccolo pulpito di provincia, ma per quello che posso fare non resterò con le mani in mano.
Fremere per i disgraziati che arrivano sulle nostre coste dalla Libia è facile, ma schierarsi apertamente contro Maduro no, lo capisco, perché in questo modo tacitiamo la nostra coscienza di anime belle da un lato e ci evitiamo di fare i conti con le nostre contraddizioni.

Che sono umane, certo, ma che ad un bel momento dobbiamo avere la forza di superare.
Anche se vanno contro le nostre convinzioni di una vita.
Se ci chiamiamo uomini.


Grazie per chi vorrà leggere e magari commentare, con educazione e rispetto, questo pezzo.
E grazie a C. P.: io faccio questo blog per diletto, lei rischia molto di più.



Raccontare il Venezuela.
Un regime al collasso e le sofferenze di un popolo stremato. Storia passata e storia recente. Episodi, date, vicende di un popolo che alla comunità internazionale chiede rispetto.
“Devi ricominciare a masticare cibo solido”.
C. P.




“Riesci a trovare soltanto zampe di galline?” chiese il medico venezuelano. 
La paziente annuì. Voleva rassicurarlo. Quel dottore, negli ultimi anni, l’aveva aiutata molto. 
Il suggerimento di fare uso anche di avanzi di cibo rinvenuti da qualche parte era solo uno dei molteplici consigli con cui, abitualmente, cercava di aiutare persone in difficoltà nel quartiere dove svolgeva da decenni la professione. 
Meritava di essere rinfrancato, pensò, dunque, la donna, ricordando preziosi doni dell’uomo, come bustine di antibiotico tempo prima. 
Lo meritava, specie quel giorno. 

Si era accorta che le occhiaie di lui stavano, sotto le lenti, come due grosse tracce viola di un trucco mal riuscito. Pennellate aspre che egli non aveva, l’ultima volta che era dovuta correre nel suo studio, due mesi prima. Successivamente avrebbe saputo che il primogenito del dottore, uno studente universitario che aveva partecipato ad una manifestazione contro l’esecutivo di Nicolàs Maduro, era stato portato via dalla polizia politica. 
L’avvocato di famiglia era riuscito, corrompendo alcuni poliziotti, ad avere un colloquio col giovane. Mentre guidava sulla via del ritorno, metteva in fila elementi sufficienti per dedurre che ne sarebbe uscito un quadro di quelli che un padre non vorrebbe ascoltare mai. 
Le occhiaie violacee del medico stavano raccontando alla paziente il dolore feroce di quel colloquio con l’avvocato.

“Preparè un caldo y me lo comì”, puntualizzò lei sforzandosi di sorridere. Ne aveva tratto un bel brodo. Eh no, la rimbrottò lui. Le zampe delle galline devi masticarle. Anche le unghie. Come fossero caramelle. Occorre masticare cibo solido per il buon funzionamento di tutto l’apparato. Denti, bocca, muscoli. Devi masticare! Provi nausea? Pazienza. Dopo un paio di volte non avrai più conati di vomito. “La nàusea se pasa. Pero eso sì, las patas de las gallinas debes comertelas toditas. Es necesario masticar. Debes hacerlo”.

Negli ultimi anni il Venezuela è stato argomento mediatico che ha avuto il naturale andamento di tutte le notizie. Lancio, seguito da assopimento. 
Ritmo fisiologico tra ciò che è d’attualità e ciò che non lo è. 
Stretta attualità nelle immediatezze, quando organismi internazionali se ne occupavano a seguito di moniti, provvedimenti, dichiarazioni, seguiti da lunghi mesi di stasi. 
Dopo, nel pensiero collettivo rimanevano del Venezuela petrolio e penombre. Cenni di ricchezze delle risorse naturali, in un territorio vasto 916 mila chilometri quadrati, abitato da poco più di 30 milioni di abitanti, situato sulla costa nord del Sud America, strutturato come repubblica presidenziale, federale, unicamerale. Non altro. 
In realtà, oltre all’oro nero, il Venezuela è ricco di numerosi minerali (oro, ferro, bauxite, tra gli altri) la cui somma dà luogo ad un patrimonio non quantificabile. C’è anche il coltan, in Venezuela, miscela di columbite e taltalite venuta recentemente d’attualità per l’uso industriale planetario nei dispositivi telefonici e per lo sfruttamento di manodopera, anche infantile, nelle miniere africane. Infine, coste venezuelane lambite da un mare molto pescoso e terra fertile come poche altre.


Il coltan e a cosa serve


Le ultime settimane.
Nelle ultime settimane il paese è tornato ad essere di stretta attualità. 
E’ accaduto che il 23 Gennaio di quest’anno si sia profilato all’orizzonte della ribalta mondiale un giovane, Juan Guaidò, che con una dichiarazione pubblica usata per veicolare questioni costituzionali locali note ai venezuelani, ha avocato a sé le competenze che legittimamente gli spettano in qualità di presidente della “Asamblea Nacional” (Parlamento). 


Juan Guaidò ad un comizio con l'immagine di Simon Bolivar in mano



Il 23 gennaio, dunque, Guaidò chiede elezioni. Nicolàs Maduro, arroccato nella superbia sorda e farlocca di chi non vuole riconoscere i propri limiti, risponde con reazioni scomposte e dopo alcune ore, con la sorpresa del pugile suonato, parte al contrattacco: appena un interlocutore internazionale gli offre paracadute, si appiglia a lui. A quel nome, a quell’interlocutore, a quella voce. Enunciare quali è inutile. Nomi, interlocutori e voci sono pochi e possono essere appurati con la più veloce delle ricerche. 


Nicolàs Maduro arringa i suoi uomini


Non una parola di Maduro, invece, sulla fame, sulle torture, sui desaparecidos, sui bavagli minacciosi e criminali a qualunque voce si levi dall’opposizione. 
Dito puntato, arroganza, qualche passo sculettante di salsa, un paio di comparsate di tristi figure sportive d’un tempo. Alle telecamere locali e mondiali suole presentarsi così. Nel palazzo del potere, invece, è circondato da figure tristissime in odore di narcotraffico e di collusione con il terrorismo. Nicolàs Maduro è questo. La DEA, innanzitutto quella di obamiana memoria, poi gli osservatori, la stampa mondiale, i più alti organismi planetari, lo raccontano da tempo con codesto tracciato.

In passato è stato autista di autobus. Alcune fotografie lo ritrarrebbero come cecchino. Nel suo bagaglio c’è anche una fedeltà cieca a quell'Hugo Chàvez che credette in lui, una volta al potere, fino al punto di farne il suo delfino.


Hugo Chavez col suo compagno di merende Fidel Castro
Hugo Chàvez esordì sulla scena pubblica internazionale come autore di un golpe che è d’uso non ricordare. Golpe che durò poche ore e a seguito del quale venne arrestato. Una volta liberato vinse le elezioni e diede inizio alla “revoluciòn bolivariana”
Di lì a poco prese a tratteggiarsi un preludio, che sarebbe sfociato nello stravolgimento della costituzione venezuelana, che era bellissima. 
Hugo Chàvez fu colui che nel ’99, ormai al potere, disse no all’attracco di navi di Bill Clinton inviate in Venezuela a seguito del collasso di una montagna e di uno tsunami di fango e acqua che alterarono per sempre la morfologia dello stato Vargas, nel litorale, non lontano da Caracas. Proprio quello Stato che, per aurea legge del contrappasso, aveva dato i natali a Juan Guaidò, il quale, all’epoca quattordicenne, nei giorni successivi alla catastrofe accompagnò sua madre a raccogliere le poche cose che il fango aveva restituito. Quel giorno di dicembre del 1999 le navi statunitensi, con il loro possente carico di assistenze e mezzi per salvare centinaia di persone travolte dalla montagna, rimasero al largo delle coste venezuelane perché venne negato l’attracco. Erano “imperialisti”. 
Navi a poche miglia. 
Impotenti. 
Oziose per fatto imposto. 
Il padre di quel diniego, un diniego che, nel silenzio delle case, venne bollato di malvagità, ha quel nome e quel cognome.
Non si sa (mai si saprà) se ci fossero persone ancora vive, né se i seppelliti vivi avrebbero potuto essere salvati dagli statunitensi. Rimane un fatto storico, che, come sempre avviene con i fatti storici, dà alle cronache le coordinate di una scelta che al popolo e ai commentatori sembrò incomprensibile. Nessuno la capì e pochi la perdonarono.


Maduro blocca l'arrivo degli aiuti internazionali: talis pater talis filius...


I passaggi istituzionali che non fanno di Juan Guaidò un “golpista”, come invece si vorrebbe far credere nel singulto di una fetta di opinione, specie italiana, che vorrebbe sporcarne la figura anche a costo di diramare falsità, sono passaggi che possono essere compresi dalla mente più schietta. Basterebbe un bimbo alle prese con la quinta elementare.
A seguito del risultato delle elezioni parlamentari del 2015, che decretano la maggioranza assoluta dei seggi per l’opposizione, Nicolàs Maduro (in carica dal 2013) crea nel 2017 una Assemblea Nazionale Costituente fatta di nomi a lui totalmente fedeli. 
Una sede parallela, chiamiamola così.
In questi giorni si sente parlare spesso del “Venezuela dei due presidenti”. Quasi un mantra. Bisognerebbe dire, invece, “Il Venezuela dei due parlamenti”
La ANC è un organo inventato dalla dittatura madurista. Creato dal regime ad uso e consumo propri. Servivano nuove elezioni perché Maduro era a fine mandato? La ANC convoca nuove “elezioni”. 

In realtà il 10 gennaio scorso il periodo presidenziale è finito.
Ciononostante egli tenta di assumere un secondo mandato. 
Senza elezioni, senza opposizione, sordo ai richiami della comunità internazionale (Organizzazione degli Stati Americani, Gruppo di Lima, Nazioni Unite per bocca del Comitato per i Diritti Umani, tra gli altri), Maduro pretende il secondo mandato davanti alla sua “Asamblea”. 
Finta, illegittima, inconsistente e senza profilo di legalità. 




L’opposizione, certificata prova del vuoto di potere venutosi a creare, ha, in quelle ore, in Juan Guaidò, presidente della Assemblea Nazionale votata dal popolo, colui che può legittimamente assumere presidenza ad interim. E Guaidò lo fa. 
Atto costituzionale ex art.233* cui l’accezione di “autoproclamato” andrebbe bene solo nel linguaggio spiccio della lingua parlata ma se venisse data aggiunta di legittimazione costituzionale piena. 
Cosa che non viene detta, non si sa perché, favorendo idea del tutto fuorviante dell’agire di Juan Guaidò.


Fonte: International Crisis Group


L’illusione chavista.
Dal 1998 ad oggi l’economia venezuelana è stata desertificata. 
L’industria del greggio ha frenato: il Prodotto Interno Lordo è passato da 485 miliardi di dollari ai 93 attuali. 
Il petrolio venezuelano viene esportato in numerosi paesi. L’inflazione è arrivata al 10.000.000%. Record mondiale. 
Numeri che i “Circoli bolivariani”, sorti anche in Italia, sembrano voler ignorare.








La cronaca non può prescindere dai fatti e dai numeri. E’ dove la cronaca fonda il senso del suo essere. 
Una vicenda esiste nella narrazione se le coordinate vengono date. 
Tutte, sia pure nel costante fluttuare isterico dei numeri. 

Il Venezuela è sempre stato un paese dalle ampie contraddizioni (qualcuno conosce un paese senza?) dove, però, dal 1958 -proprio quel 23 gennaio che Guaidò ha scelto come data simbolo e che, quell’anno, segnò la fine della dittatura di Marcos Pèrez Gimèmez-   si sono succedute elezioni democratiche. 
Decenni di democrazia alta in cui la fame non c’era. C’era la malnutrizione di alcune fasce, non la fame. C’era lavoro quindi la povertà di alcune fasce sociali non era tale da sottrarre cibo. Il sistema sanitario era, invece, il punto dolente. Imperfetto, carente, scarsamente attento alle fasce più deboli.


Fonte: New York Times




Cosa che, paradosso dei paradossi, la “rivoluzione bolivariana” ha peggiorato in modo esponenziale fino a far registrare decessi per assenza di farmaci di base. Nel Venezuela chavista si muore per un nonnulla. Anche per mancanza di insulina. 
Sul punto, la rivoluzione bolivariana degli ultimi due decenni è stata inetta quanto inutile.




L’abilità del regime sta nel cavalcare l’onda del silenzio sulla massa di omicidi attuati dalla criminalità, comune e non, per mettere a tacere gli oppositori. L’abilità del regime sta nel riuscire a far diluire e sfumare, nel pensiero collettivo internazionale, le torture quotidiane. Nomi che scompaiono. Volti che nottetempo vengono trascinati via dalle loro case per non tornare più. 
A Caracas c’è un luogo detto Helicoide per via delle forme architettoniche della costruzione. Grande, possente, esso staglia il grigio delle sue forme da una collinetta della capitale che durante il mio ultimo viaggio (anno 2010) osservai a lungo da un lato lontano a sufficienza. 
Sapevo che si trattava di un luogo tristo e che lì dentro, oggi, la polizia di Nicolàs Maduro uccide e tortura gli oppositori. Si tratta di giovani studenti, di universitari, di sindacalisti, di giornalisti, di dissidenti, di oppositori. Di politici non uniformati al regime.


L'Helicoide. Mette paura solo a guardarlo


Non basta: la tortura, mezzo abietto inventato dal genere umano, può, in accezione aggiunta, connotarsi di ulteriore sfregio. 
Per esempio quello di essere obbligati a mangiare le feci del militare di turno, non bastando dolore fisico, terrore, umiliazioni.


Fonte: The Washington Post


Dettagli.
Quando il modenese Francesco Signorile mi ha chiesto di scrivere del Venezuela ci ho pensato 24 ore. Lo sguardo del cronista deve essere freddo, nella sua testimonianza. Imparziale, nei suoi limiti umani. Ma esplicitare celando il coinvolgimento sarebbe stato per me impossibile. Da italovenezuelana a Modena sapevo, però, che se avessi taciuto mi sarei vergognata.
Tutti noi, cronisti e non, siamo consapevoli che gli scenari internazionali sono soggetti ad essere stravolti da fatti aggiunti e improvvisi nel giro di poche ore. In alcuni di essi c’è molta fluidità. Un nonnulla di tempo e il valore di un racconto svanisce. 
Domani notte potrebbero far tacere Guaidò oppure Maduro potrebbe salire su uno degli aerei che, secondo vox populi, tiene pronti ogni giorno. Ma la testimonianza no. Quella rimane. Non scompare, non la togli più. E, per quanto l’ira sappia essere cruda e fredda, si è fortunatamente dotati di bagaglio sufficiente per accantonare le emozioni e raccontare la tristezza della storia attuale di un paese. 
Desolazione e fatti solidi. 
Su tutti, il fatto solido di una comunità internazionale basita che non si capacita di come possano centinaia di migliaia di venezuelani sfilare lungo le vie di una capitale e di città di provincia, in luoghi densamente abitati oppure periferici, con due accezioni: pacificamente e senza cassonetti dati alle fiamme. Pacificamente e chiedendo le stesse cose. Libertà e democrazia


Manifestazione contro Maduro
Le stesse libertà e democrazia delle quali ci riempiamo la bocca al primo starnuto scomposto di qualcuno, levando voce di rispettare taluno e talaltra. 
Quel rispetto che, però, per i venezuelani non dovrebbe valere. Quasi che soltanto la politica “alta e nobile” dovrebbe occuparsene, con i limiti del suo linguaggio sul lungo termine. 
Ma perché mai e quando mai se sei dotato di pensiero critico, disse un valente professore di diritto pubblico.

Il loro stupore, dei venezuelani in loco non rispettati dalla comunità internazionale, è di ora in ora esponenziale. Stupore che facciamo nostro. Con la magra consolazione di una riflessione finale. Se il presidente ad interim Juan Guaidò riuscirà a dare una spallata ad una dittatura per via costituzionale e pacifica, allora saremo di fronte ad un caso unico della storia delle dottrine politiche. Da manuale di docenza universitaria. 
Purtroppo, il timore che Guaidò avrà bisogno di aiuto estero sussiste. Nessuno si illuda (e nessuno lo dia a bere!) sul punto che paesi affiancati al regime sarebbero disposti a mollare l’osso senza guerreggiare, fosse pure con lo strumento del dileggio.


Fonte: Press TV



In Venezuela si parla da molti anni di decine di migliaia di carte d’identità fasulle elargite dalla dittatura per fare numero in caso di elezioni e per consulenza ideologica attiva di politiche repressive. Ma non ci sono prove. Non potranno mai esserci prove dell’esistenza di “soldati” sul territorio. Trovarle è impossibile. Come, però, è impossibile celare le cadenze che accentuano il parlato non venezuelano in Venezuela. Accenti di altri popoli latinoamericani. Ma questo è tutto, in merito a quelle decine di migliaia di arrivi. 
Arrivi che in Europa non esiteremmo a definire di mercenari.

(Dal 2013 C.P. collabora da Nonantola (MO) con il quotidiano Gazzetta di Modena. E’ avvocato e scrittrice. E’ stata autore Siae, Sezione Teatro)




*Artículo 233 Serán faltas absolutas del Presidente o Presidenta de la República: su muerte, su renuncia, o su destitución decretada por sentencia del Tribunal Supremo de Justicia; su incapacidad física o mental permanente certificada por una junta médica designada por el Tribunal Supremo de Justicia y con aprobación de la Asamblea Nacional; el abandono del cargo, declarado como tal por la Asamblea Nacional, así como la revocación popular de su mandato. Cuando se produzca la falta absoluta del Presidente electo o Presidenta electa antes de tomar posesión, se procederá a una nueva elección universal, directa y secreta dentro de los treinta días consecutivos siguientes. Mientras se elige y toma posesión el nuevo Presidente o la nueva Presidenta, se encargará de la Presidencia de la República el Presidente o Presidenta de la Asamblea Nacional. Si la falta absoluta del Presidente o la Presidenta de la República se produce durante los primeros cuatro años del período constitucional, se procederá a una nueva elección universal, directa y secreta dentro de los treinta días consecutivos siguientes. Mientras se elige y toma posesión el nuevo Presidente o la nueva Presidenta, se encargará de la Presidencia de la República el Vicepresidente Ejecutivo o la Vicepresidenta Ejecutiva. En los casos anteriores, el nuevo Presidente o Presidenta completará el período constitucional correspondiente. Si la falta absoluta se produce durante los últimos dos años del período constitucional, el Vicepresidente Ejecutivo o la Vicepresidenta Ejecutiva asumirá la Presidencia de la República hasta completar dicho período.


Articolo 233 Difetti assoluti del Presidente della Repubblica: la sua morte, le sue dimissioni o il suo licenziamento decretato da una sentenza della Corte Suprema di Giustizia; la sua incapacità fisica o mentale permanente certificata da un consiglio medico nominato dalla Corte Suprema di Giustizia e con l'approvazione dell'Assemblea Nazionale; l'abbandono dell'ufficio, dichiarato come tale dall'Assemblea nazionale, così come la popolare revoca del suo mandato. In caso di assoluta mancanza del Presidente eletto o del Presidente eletto prima dell'entrata in carica, si terrà una nuova elezione universale, diretta e segreta entro i successivi trenta giorni consecutivi. Mentre il nuovo presidente o il nuovo presidente vengono eletti e si insediano, il Presidente dell'Assemblea Nazionale sarà responsabile della Presidenza della Repubblica. Se la mancanza assoluta del Presidente o del Presidente della Repubblica si verifica durante i primi quattro anni del termine costituzionale, una nuova elezione universale, diretta e segreta si terrà entro i successivi trenta giorni consecutivi. Mentre il nuovo Presidente o il nuovo Presidente è eletto e assume il potere, il Vice Presidente Esecutivo o Vice Presidente Esecutivo sarà responsabile della Presidenza della Repubblica. Nei casi precedenti, il nuovo presidente completerà il corrispondente periodo costituzionale. Se la mancanza assoluta si verifica durante gli ultimi due anni del termine costituzionale, il Vice Presidente Esecutivo o il Vice Presidente Esecutivo assumerà la Presidenza della Repubblica fino alla fine di tale periodo.costituzionale, il Vice Presidente Esecutivo o il Vice Presidente Esecutivo assumerà la Presidenza della Repubblica fino alla fine di tale periodo.

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