Lo scontro di Pozzuolo del Friuli (da una cartolina degli anni '50) |
PREMESSA
Sto preparando un altro lungo pezzo sulla tragedia di Caporetto, che avrei voluto pubblicare nel centenario del suo inizio, il 24 ottobre, ma che a questo punto pubblicherò credo in quello della sua fine, il 12 novembre.
Nel frattempo vi faccio un regalo (se lo gradite): un breve estratto (ovviamente un po' adattato) riguardante la battaglia di Pozzuolo del Friuli, di cui tra oggi e domani ricorre il centenario.
Buona lettura.
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Nel frattempo vi faccio un regalo (se lo gradite): un breve estratto (ovviamente un po' adattato) riguardante la battaglia di Pozzuolo del Friuli, di cui tra oggi e domani ricorre il centenario.
Buona lettura.
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Nell'ambito della complessa manovra di ripiegamento sul Tagliamento della II° e della III° Armata sconfitte a Caporetto si distinse la 1° divisione di cavalleria Friuli, passata alle dipendenze del VI° C.A. ed inviata a sud di Udine in una missione apparentemente suicida contro il Gruppo Scotti proveniente da quella città con la 1° divisione austro-ungarica e la 5° tedesca, il Gruppo von Stein, con la 117° tedesca, e l'intero Gruppo Boroevic, formato da almeno sei divisioni appartenenti alle due armate austro-ungariche dell'Isonzo.
Tra i caduti dei Cavalleggeri di Roma vi fu il capitano Giancarlo Castelbarco Visconti Simonetta, medaglia d'oro alla memoria, che, già ferito alla gamba sinistra, volle restare alla testa del suo squadrone fino a quando venne nuovamente colpito, all'addome, stavolta a morte, dopo essere rimontato per ultimo a cavallo all'ordine del ripiegamento, con gli uomini della 5° divisione tedesca del Brandeburgo ormai a ridosso degli italiani.
Così avrebbe ricordato quei momenti il Generale Krafft von Dellmensingen nel suo libro (cit. QUI):
"Giunti davanti a Basagliapenta, si vedono muovere di qui al galoppo tre squadroni nemici (in realtà due, nota mia), incuranti della morte, con alla testa il comandante e, accanto a lui, un frate dal saio grigio. Nel giro di pochi minuti i valorosi cavalieri cadono falciati dalle mitragliatrici, ma Basagliapenta risulta ancora occupata dal nemico, cosicché si dovette procedere alla sua conquista" .
Ormai attaccati da tutta la forza nemica, i due reggimenti, ridotti nel totale a poco più della metà della forza, furono definitivamente costretti a ripiegare a Zompicchia, nei pressi di Codroipo.
Qui nel frattempo le truppe della 48° divisione dell'VIII° C.A. di Grazioli, i due reggimenti 253° e 254° della brigata Porto Maurizio, ai comandi del colonnello brigadiere Giovanni Albertazzi, arrivati per tradotta ferroviaria da Pradis via Mortegliano e Chiasellis, ed il 4° fanteria Piemonte del colonnello Filippo Taito, resistevano indomitamente sotto la spinta del nemico rispettivamente a Beano San Lorenzo i primi due, in località Villacaccia il terzo, ma in loro soccorso arrivavano anche la valorosa brigata Sassari della 25° divisione e la stremata Palermo della 68°, tutte e due del XXIV° C.A. di Caviglia: nel pomeriggio del 30 il 67° fanteria Palermo, che cinque giorni prima nei disperati combattimenti contro il Gruppo Scotti presso le alture della Stretta di Ajba, poco a occidente di Auzza, aveva perso il suo comandante, il colonnello Pietro Boldi, venne quasi interamente annientato, tra Goricizza, Rivolto e Passeriano, insieme con due battaglioni del 68° intervenuti in soccorso, e lo stesso comandante della 68° divisione, Poggi, venne preso prigioniero con tutto il suo stato maggiore.
Tra Codroipo, Talmassons e Flambro si sviluppò un gigantesco scontro, cui parteciparono anche le due brigate dell'8° divisione del II° C.A. di Albricci, l'Aquila (269° e 270° reggimento) del colonnello brigadiere Pietro Belloni e l'Udine (95° e 96°) del Maggior Generale Arturo Maggi, e le tre della 4° divisione di Paolini, la gloriosissima Granatieri (1° e 2°), la Pinerolo (13° e 14°) e la Catania (145° e 146°), che dopo aver vigorosamente resistito sulla linea del Cormor insieme con gli arditi del XXII° Reparto d'assalto, rimasti alla fine solo in 100 sui 900 iniziali partiti da Borgnano, dovettero combattere penosamente per aprirsi un varco nel Tagliamento: purtroppo ben 60.000 soldati in fuga di tutte le armi e specialità della II° Armata con 300 cannoni vennero fatti prigionieri davanti a Casarsa della Delizia dalla 200° divisione tedesca anche a causa della perdita di tutti i ponti di barche lanciati dai genieri che vennero travolti dalla piena.
Mentre la I° brigata di cavalleria fu l'ultima a transitare sul ponte della Delizia, precedentemente attraversato anche dalla Firenze e dai resti dell'Arno e della Salerno del VII° C.A. di Bongiovanni, il caos creatosi intorno a quel viadotto avrebbe costretto tutte le altre truppe, rimaste di fatto tagliate fuori con il nemico ormai a ridosso, ad aprirsi la strada combattendo per trovare un nuovo sbocco al fiume, ma alla fine Sassari, Udine, Aquila, Granatieri, Porto Maurizio, il 4° fanteria Piemonte ed i soli battaglioni I° e IV° del 68° Palermo riuscirono il 31 ottobre a passare il Tagliamento sul traballante ponte di Madrisio, sotto la protezione anche dei due reggimenti 17° e 18° della III° brigata bersaglieri del colonnello brigadiere Santi Ceccherini della 54° divisione (XIII° C.A. di Parola) disposti intorno a Varmo.
Insieme con loro attraversò il fiume anche la brigata Novara del colonnello brigadiere Vittorio Ottolenghi, proveniente dal settore di Porpetto, che dopo essersi schierata tra San Mauretto e Villanova avrebbe passato la Livenza il 5 novembre per poi il giorno successivo arrivare a Ponte di Piave ed attestarsi a salda difesa del ripiegamento delle unità della 4° divisione e delle altre truppe transitanti, tenendolo fino al giorno 9.
Per come condussero le operazioni delle loro brigate i Generali De Negri, comandante della Palermo, e Maggi, della Udine, sarebbero stati decorati con l'Ordine Militare di Savoia.
Il colonnello Emidio Spinucci, caduto il 30 ottobre a Talmassons alla testa del suo 2° reggimento Granatieri, avrebbe avuto la medaglia d'oro alla memoria.
All'alba del giorno 30 sotto una fredda pioggia battente pattuglie di entrambi i suoi reggimenti in esplorazione a nord, due del Genova al comando dei tenenti Bassi ed Ivancich, e cinque del Novara agli ordini del tenente D'Afflitto, dei sottotenenti Morosini e Martinozzi e degli aspiranti Bonin e Chigi, avvistarono provenienti da Terenzano nuclei avanzati armati con numerose mitragliatrici della 117° divisione tedesca del Maggior Generale von Seydel del Gruppo Stein.
Mentre nel frattempo la difesa del paese veniva affidata a tutti gli appiedati possibili, lasciando i cavalli nei cortili, i tre battaglioni del III° Gruppo bersaglieri ciclisti della brigata (IV° del 4° reggimento, V° del 5° e XII° del 12°) prendevano subito contatto poco più a est a Lumignacco coi tedeschi impegnandoli severamente con le mitragliatrici che si portavano montate sui loro mezzi, ed un primo attacco alle 11,00 contro gli uomini di Capodilista da Terenzano veniva bravamente respinto dai dragoni del Genova Cavalleria con una carica del 2° squadrone supportata dal fuoco delle mitragliatrici.
Un secondo attacco con forze decisamente superiori un'ora dopo venne sia pur a fatica respinto ancora, lottando alla baionetta, col nemico che scompariva rapidamente cercando di dilagare in direzione est-sud, con l'evidente intenzione di circondare Pozzuolo.
Mentre invano si attendeva l'arrivo da Mortegliano di un battaglione di bersaglieri preannunciato alle 11,30 dal comando divisionale, ed il Generale Ravelli ordinava di resistere a oltranza, facendo "affidamento sul valore e sacrificio della II° brigata di cavalleria", la lotta continuava asperrima, ed un terzo attacco nemico, un tentativo di aggiramento sull'altro lato, venne sventato da un'altra carica, stavolta del 4° squadrone dei Lancieri di Novara al comando del capitano Giannino Sezanne, con il nemico nuovamente costretto a ripiegare su Terenzano sotto il fuoco delle mitragliatrici: venivano catturati dei prigionieri, che confermavano la presenza nella cittadina di un'intera brigata nemica, seguita da presso da alcune divisioni!
Nel frattempo dopo una marcia di cinque ore arrivava verso mezzogiorno la brigata di fanteria Bergamo, che si installò col grosso dei suoi due reggimenti 25° e 26° nella vicina Carpeneto, a nord-ovest di Pozzuolo, e con il comando e due battaglioni, il II° del 25° ed il III° del 26°, in paese, giusto in tempo per affrontare due altre divisioni sopraggiungenti, la 5° tedesca di von Wedel del Gruppo Scotti diretta proprio su Carpeneto e la 60° austriaca di Goiginger della II° Armata dell'Isonzo (Gruppo Boroevic) diretta invece sul paese.
La I° brigata di cavalleria, al comando del Brigadiere Generale Filippo Solari di Recanati, mossasi da Palmanova la mattina del 29 ottobre coi due reggimenti Cavalleggeri del Monferrato (13°) e Cavalleggeri di Roma (20°), si dirigeva su Pasian Schiavonesco (ora Basiliano).
Due plotoni a cavallo del 2° squadrone Monferrato all'avanguardia intercettavano e caricavano nei pressi di Pozzuolo il nemico avanzante per consentire a tutti gli altri squadroni di schierarsi a sud del quadrivio Campoformido-Basagliapenta-Pasian Schiavonesco-Sclaunicco, dove alle 15,00 venivano attaccati da forti reparti di fanteria muniti di mitragliatrici ed appoggiati dal fuoco dell'artiglieria, cui i cavalleggeri replicavano con le mitragliatrici pesanti reggimentali.
Intorno alle 16,00 la situazione della brigata si faceva critica ed entrambi i reggimenti erano costretti a ripiegare sul fosso Lavia per coprire un aggiramento sulla destra, protetti dal 4° e 5° squadrone del Monferrato, che caricarono ripetutamente il nemico con successo: nello scontro andò perso lo stendardo reggimentale, tenuto prima dal sottotenente Aristodemo Cortiglia e poi dal sergente Calderini, entrambi caduti, il secondo a seguito dell'esplosione di un deposito munizioni che coinvolse sia lui che la sua scorta.
Un contadino del posto, Alfonso Flebus, l'avrebbe ritrovato e nascosto presso la sua casa fino all'avvenuta liberazione, venendo per questo gesto premiato con la medaglia di bronzo al valor militare (ricordato da Cesco Tomaselli ne "Gli ultimi di Caporetto").
Un contadino del posto, Alfonso Flebus, l'avrebbe ritrovato e nascosto presso la sua casa fino all'avvenuta liberazione, venendo per questo gesto premiato con la medaglia di bronzo al valor militare (ricordato da Cesco Tomaselli ne "Gli ultimi di Caporetto").
Giancarlo Castelbarco Visconti Simonetta (Milano, 3 giugno 1884- Campoformido, 29 ottobre 1917) (Immagine tratta da QUI) |
Così avrebbe ricordato quei momenti il Generale Krafft von Dellmensingen nel suo libro (cit. QUI):
"Giunti davanti a Basagliapenta, si vedono muovere di qui al galoppo tre squadroni nemici (in realtà due, nota mia), incuranti della morte, con alla testa il comandante e, accanto a lui, un frate dal saio grigio. Nel giro di pochi minuti i valorosi cavalieri cadono falciati dalle mitragliatrici, ma Basagliapenta risulta ancora occupata dal nemico, cosicché si dovette procedere alla sua conquista" .
Ormai attaccati da tutta la forza nemica, i due reggimenti, ridotti nel totale a poco più della metà della forza, furono definitivamente costretti a ripiegare a Zompicchia, nei pressi di Codroipo.
Qui nel frattempo le truppe della 48° divisione dell'VIII° C.A. di Grazioli, i due reggimenti 253° e 254° della brigata Porto Maurizio, ai comandi del colonnello brigadiere Giovanni Albertazzi, arrivati per tradotta ferroviaria da Pradis via Mortegliano e Chiasellis, ed il 4° fanteria Piemonte del colonnello Filippo Taito, resistevano indomitamente sotto la spinta del nemico rispettivamente a Beano San Lorenzo i primi due, in località Villacaccia il terzo, ma in loro soccorso arrivavano anche la valorosa brigata Sassari della 25° divisione e la stremata Palermo della 68°, tutte e due del XXIV° C.A. di Caviglia: nel pomeriggio del 30 il 67° fanteria Palermo, che cinque giorni prima nei disperati combattimenti contro il Gruppo Scotti presso le alture della Stretta di Ajba, poco a occidente di Auzza, aveva perso il suo comandante, il colonnello Pietro Boldi, venne quasi interamente annientato, tra Goricizza, Rivolto e Passeriano, insieme con due battaglioni del 68° intervenuti in soccorso, e lo stesso comandante della 68° divisione, Poggi, venne preso prigioniero con tutto il suo stato maggiore.
Emidio Spinucci |
Tra Codroipo, Talmassons e Flambro si sviluppò un gigantesco scontro, cui parteciparono anche le due brigate dell'8° divisione del II° C.A. di Albricci, l'Aquila (269° e 270° reggimento) del colonnello brigadiere Pietro Belloni e l'Udine (95° e 96°) del Maggior Generale Arturo Maggi, e le tre della 4° divisione di Paolini, la gloriosissima Granatieri (1° e 2°), la Pinerolo (13° e 14°) e la Catania (145° e 146°), che dopo aver vigorosamente resistito sulla linea del Cormor insieme con gli arditi del XXII° Reparto d'assalto, rimasti alla fine solo in 100 sui 900 iniziali partiti da Borgnano, dovettero combattere penosamente per aprirsi un varco nel Tagliamento: purtroppo ben 60.000 soldati in fuga di tutte le armi e specialità della II° Armata con 300 cannoni vennero fatti prigionieri davanti a Casarsa della Delizia dalla 200° divisione tedesca anche a causa della perdita di tutti i ponti di barche lanciati dai genieri che vennero travolti dalla piena.
Mentre la I° brigata di cavalleria fu l'ultima a transitare sul ponte della Delizia, precedentemente attraversato anche dalla Firenze e dai resti dell'Arno e della Salerno del VII° C.A. di Bongiovanni, il caos creatosi intorno a quel viadotto avrebbe costretto tutte le altre truppe, rimaste di fatto tagliate fuori con il nemico ormai a ridosso, ad aprirsi la strada combattendo per trovare un nuovo sbocco al fiume, ma alla fine Sassari, Udine, Aquila, Granatieri, Porto Maurizio, il 4° fanteria Piemonte ed i soli battaglioni I° e IV° del 68° Palermo riuscirono il 31 ottobre a passare il Tagliamento sul traballante ponte di Madrisio, sotto la protezione anche dei due reggimenti 17° e 18° della III° brigata bersaglieri del colonnello brigadiere Santi Ceccherini della 54° divisione (XIII° C.A. di Parola) disposti intorno a Varmo.
Insieme con loro attraversò il fiume anche la brigata Novara del colonnello brigadiere Vittorio Ottolenghi, proveniente dal settore di Porpetto, che dopo essersi schierata tra San Mauretto e Villanova avrebbe passato la Livenza il 5 novembre per poi il giorno successivo arrivare a Ponte di Piave ed attestarsi a salda difesa del ripiegamento delle unità della 4° divisione e delle altre truppe transitanti, tenendolo fino al giorno 9.
Per come condussero le operazioni delle loro brigate i Generali De Negri, comandante della Palermo, e Maggi, della Udine, sarebbero stati decorati con l'Ordine Militare di Savoia.
Il colonnello Emidio Spinucci, caduto il 30 ottobre a Talmassons alla testa del suo 2° reggimento Granatieri, avrebbe avuto la medaglia d'oro alla memoria.
Giorgio Emo di Capodilista (Padova, 8 giugno 1863- Padova, 24 dicembre 1940) |
Mentre nel settore di Codroipo la lotta si accendeva, più a nord-est, a Pozzuolo del Friuli, arrivava la II° brigata di cavalleria al comando del colonnello Conte Giorgio Emo di Capodilista, formata dai due reggimenti Genova Cavalleria (4°) del colonnello Francesco Bellotti e Lancieri di Novara (5°) del colonnello Carlo Campari, col compito di "proteggere il fianco sinistro dell'ala destra della II° Armata che retrocede dal Torre al Tagliamento, e ciò in armonia col movimento di ripiegamento che sta effettuando la III° Armata".
I comandi italiani pensavano erroneamente che la XIV° Armata di von Below puntasse ad ovest, per cui su suggerimento del Generale Caviglia, comandante del XXIV° C.A. alle dipendenze di Ferrero, avevano deciso di contrattaccare a loro volta su quello che ritenevano essere il fianco sinistro del nemico nel settore di Pozzuolo del Friuli, ponendo le due divisioni 48° e 7° rimaste a Palmanova agli ordini del Maggiore Generale Agostino Ravelli, comandante della 7°, cui era affidato il comando dell'azione: questi, saputo della presenza a Pozzuolo della II° brigata di cavalleria, alle 4,00 di mattina del 30 ottobre dispose per l'invio in quella cittadina anche della brigata di fanteria Bergamo al comando del colonnello Piero Balbi della 7° divisione, che rappresentava l'ala destra del contrattacco italiano, mentre la brigata Lucca del colonnello brigadiere Alberto Garbasso ed il 3° fanteria della brigata Piemonte (Brigadiere Generale Eugenio Probati) al comando del colonnello Attilio Prosdocimi entrambe della 48° divisione dovevano costituire le altre due punte di lancia della controffensiva, con obiettivo Campoformido, Pasian Schiavonesco e Orgnano, dove dovevano giungere anche le altre due brigate Lambro e Sele, in ripiegamento dai combattimenti sul Torre, da cui erano uscite molto provate.
In copertura si ponevano a Santa Maria di Slaunicco i due reggimenti 201° e 202° della brigata Sesia provenienti da Borgnano di Cormons, il 240° della Pesaro sulla riva destra del Torre tra Trivignano e Jalmicco ed il 239° nel settore di Farra d'Isonzo sul Monte Fortin presso Villanova di Gorizia.
Alle ore 11,00 le tre colonne di fanteria, la Bergamo, la Lucca ed il 3° Piemonte, dovevano attestarsi rispettivamente sulla linea Carpeneto-Sclaunicco-Galleriano, ma nel frattempo l'intero settore da Codroipo a Pozzuolo si era infiammato dopo l'attacco in massa austro-tedesco, anche per l'arrivo tutte insieme in quel settore di altre brigate semisbandate in ripiegamento, tra cui la Pescara e la Belluno del XXVII° C.A. di Badoglio, la Ravenna del XXIV° di Caviglia ed altre ancora: a quel punto tutto il piano italiano sarebbe evaporato come neve al sole.
I comandi italiani pensavano erroneamente che la XIV° Armata di von Below puntasse ad ovest, per cui su suggerimento del Generale Caviglia, comandante del XXIV° C.A. alle dipendenze di Ferrero, avevano deciso di contrattaccare a loro volta su quello che ritenevano essere il fianco sinistro del nemico nel settore di Pozzuolo del Friuli, ponendo le due divisioni 48° e 7° rimaste a Palmanova agli ordini del Maggiore Generale Agostino Ravelli, comandante della 7°, cui era affidato il comando dell'azione: questi, saputo della presenza a Pozzuolo della II° brigata di cavalleria, alle 4,00 di mattina del 30 ottobre dispose per l'invio in quella cittadina anche della brigata di fanteria Bergamo al comando del colonnello Piero Balbi della 7° divisione, che rappresentava l'ala destra del contrattacco italiano, mentre la brigata Lucca del colonnello brigadiere Alberto Garbasso ed il 3° fanteria della brigata Piemonte (Brigadiere Generale Eugenio Probati) al comando del colonnello Attilio Prosdocimi entrambe della 48° divisione dovevano costituire le altre due punte di lancia della controffensiva, con obiettivo Campoformido, Pasian Schiavonesco e Orgnano, dove dovevano giungere anche le altre due brigate Lambro e Sele, in ripiegamento dai combattimenti sul Torre, da cui erano uscite molto provate.
In copertura si ponevano a Santa Maria di Slaunicco i due reggimenti 201° e 202° della brigata Sesia provenienti da Borgnano di Cormons, il 240° della Pesaro sulla riva destra del Torre tra Trivignano e Jalmicco ed il 239° nel settore di Farra d'Isonzo sul Monte Fortin presso Villanova di Gorizia.
Alle ore 11,00 le tre colonne di fanteria, la Bergamo, la Lucca ed il 3° Piemonte, dovevano attestarsi rispettivamente sulla linea Carpeneto-Sclaunicco-Galleriano, ma nel frattempo l'intero settore da Codroipo a Pozzuolo si era infiammato dopo l'attacco in massa austro-tedesco, anche per l'arrivo tutte insieme in quel settore di altre brigate semisbandate in ripiegamento, tra cui la Pescara e la Belluno del XXVII° C.A. di Badoglio, la Ravenna del XXIV° di Caviglia ed altre ancora: a quel punto tutto il piano italiano sarebbe evaporato come neve al sole.
La cavalleria a Pozzuolo del Friuli |
Incaricata di tenere a tutti i costi Pozzuolo, la II° brigata di cavalleria era arrivata nella zona alle 17,30 del 29 ottobre, occupando con parte della forza il centro abitato e disponendo il grosso del Genova Cavalleria ad est di Pozzuolo e dei Lancieri di Novara ad ovest.
Nella notte, al termine del rapporto ufficiali, Capodilista, dopo aver salutato uno ad uno tutti i suoi ufficiali, li congedò dicendo:
"Signori, questo deve essere il nostro camposanto".
All'alba del giorno 30 sotto una fredda pioggia battente pattuglie di entrambi i suoi reggimenti in esplorazione a nord, due del Genova al comando dei tenenti Bassi ed Ivancich, e cinque del Novara agli ordini del tenente D'Afflitto, dei sottotenenti Morosini e Martinozzi e degli aspiranti Bonin e Chigi, avvistarono provenienti da Terenzano nuclei avanzati armati con numerose mitragliatrici della 117° divisione tedesca del Maggior Generale von Seydel del Gruppo Stein.
Bersaglieri ciclisti con una mitragliatrice in azione a Fossalta di Piave |
Un secondo attacco con forze decisamente superiori un'ora dopo venne sia pur a fatica respinto ancora, lottando alla baionetta, col nemico che scompariva rapidamente cercando di dilagare in direzione est-sud, con l'evidente intenzione di circondare Pozzuolo.
Mentre invano si attendeva l'arrivo da Mortegliano di un battaglione di bersaglieri preannunciato alle 11,30 dal comando divisionale, ed il Generale Ravelli ordinava di resistere a oltranza, facendo "affidamento sul valore e sacrificio della II° brigata di cavalleria", la lotta continuava asperrima, ed un terzo attacco nemico, un tentativo di aggiramento sull'altro lato, venne sventato da un'altra carica, stavolta del 4° squadrone dei Lancieri di Novara al comando del capitano Giannino Sezanne, con il nemico nuovamente costretto a ripiegare su Terenzano sotto il fuoco delle mitragliatrici: venivano catturati dei prigionieri, che confermavano la presenza nella cittadina di un'intera brigata nemica, seguita da presso da alcune divisioni!
Nel frattempo dopo una marcia di cinque ore arrivava verso mezzogiorno la brigata di fanteria Bergamo, che si installò col grosso dei suoi due reggimenti 25° e 26° nella vicina Carpeneto, a nord-ovest di Pozzuolo, e con il comando e due battaglioni, il II° del 25° ed il III° del 26°, in paese, giusto in tempo per affrontare due altre divisioni sopraggiungenti, la 5° tedesca di von Wedel del Gruppo Scotti diretta proprio su Carpeneto e la 60° austriaca di Goiginger della II° Armata dell'Isonzo (Gruppo Boroevic) diretta invece sul paese.
La carica del 4° squadrone dei "Lancieri di Novara" (quadro presso la Scuola d'Applicazione d'Arma di Torino, immagine tratta da http://www.memoriaestoria.it/la-grande-guerra-nellarte/) |
Sin dalle 14,00 l'attacco nemico si faceva sempre più forte, sostenuto da un continuo fuoco di mitragliatrici, costringendo molti cavalleggeri a ripiegare in paese: tuttavia, fuori dall'abitato la 117° tedesca era tenuta ancora alla larga dalle ripetute cariche dei due reggimenti di cavalleria, nel corso delle quali venne ferito a morte il tenente Carlo Castelnuovo delle Lanze del Genova Cavalleria, comandante di una sezione mitragliatrici appostata allo sbarramento, decorato con la medaglia d'oro alla memoria, e l'intero 4° squadrone dei Lancieri di Novara si sacrificò pressoché per intero per difendere la barricata eretta sulla strada di Terenzano dai cavalieri e da decine di civili armati, ma purtroppo alle 16,30 le truppe di von Seydel riuscirono finalmente a sfondarla, nonostante il capitano Ticchioni, comandante dello squadrone mitragliatrici del Genova Cavalleria, avesse approntato un nuovo sbarramento sulla strada con tutte le armi disponibili.
Elia Rossi Passavanti in un'immagine pittorica della sua impresa (immagine tratta da http://www.memoriaestoria.it/la-grande-guerra-nellarte/) |
Quando un'ora dopo i tedeschi, superata anche l'ostinata resistenza allo sbarramento di Carpeneto opposta dal 1° squadrone e dallo squadrone mitragliatrici dei Lancieri di Novara, poterono entrare per la prima volta a Pozzuolo e posizionare diverse mitragliatrici tra le case, la situazione per quegli uomini, ormai completamente accerchiati, si fece insostenibile: dopo otto ore di dura battaglia la II° brigata di cavalleria, ormai costretta a combattere insieme coi fanti della Bergamo anche casa per casa, dovette ritirarsi a cavallo sino al centro di raccolta di Santa Maria di Sclaunicco, protetta dal 4° squadrone del Genova Cavalleria, che caricò per l'ultima volta alla guida del capitano Ettore Laiolo, caduto in combattimento e decorato di medaglia d'oro alla memoria, che prima dell'attacco così spronò i suoi uomini:
"Quando il Genova Cavalleria vede il nemico non gli volta le spalle, ma si calca l'elmetto e gli galoppa sopra!"
L'ultimo a cedere di quel reggimento, dopo i tenenti Bianchini, Vernarecci e Botta, fu il maggiore Sante Ghittoni, rimasto a coprire la ritirata dei suoi con una mitragliatrice, che finite le munizioni non si arrese e pur ferito continuò a sparare con la pistola d'ordinanza fino all'ultimo colpo in canna, col quale si uccise un attimo prima di essere fatto prigioniero.
Al centro di raccolta non riuscì ad arrivare la colonna del Novara che proveniva da Mortegliano, compreso l'intero stato maggiore del reggimento, col colonnello Carlo Campari ed i maggiori Sebellin e Starita tutti catturati alle 23,00 della sera.
Il colonnello Campari dopo una marcia di tre giorni a piedi fino a Gorizia sarebbe stato trasportato in Slovenia in macchina fino a Idrija e poi a Verd (Vrhnika) e da lì in treno attraverso le tappe intermedie di Lubiana e Graz fino alla destinazione finale nel campo di prigionia di Mauthausen, in Alta Austria, 25 chilometri a est di Linz, raggiunta l'8 novembre.
Sarebbe stato rimpatriato prima della fine della guerra, il 27 marzo 1918, perché ammalato, pagando tutto con una morte precoce a soli 52 anni nel 1922, dopo aver ricevuto il 25 agosto 1919 la medaglia d'argento al Valor militare per i fatti di Pozzuolo ed essersi ritirato a domanda da comandante del 4° Genova Cavalleria in posizione di ausiliaria speciale l'anno dopo a seguito di gravi problemi di salute (deperimento organico e oligoemia).
V. http://agradenigo.altervista.org/carlo_campari_foto.htm.
Gli uomini di Capodilista dovettero effettuare numerose cariche per tenere lontani gli inseguitori tedeschi: nell'ultima di esse il pluridecorato sergente Elia Rossi Passavanti, un figlio della città di Terni, comandante del 1° plotone del 1° squadrone Genova, già ripetutamente segnalatosi per ardimento e valore durante gli scontri di Terenzano in cui aveva perso la sua fidata cavalla Vienna, pur rimasto accecato a causa dell'esplosione di una granata continuò a spronare in avanti il suo nuovo cavallo Quò, che al termine riuscì da solo a riportarlo in salvo alla loro caserma di Treviso dopo quattro giorni di perigliosa fuga incalzato dal nemico.
Compiuta la sua missione, subito dopo Quò si accasciò al suolo, morto per lo sforzo sostenuto (sulla sua storia v. http://ilpatriota.blogspot.it/2013/07/elia-rossi-passavanti-unicuique-suum.html).
Riuscita finalmente a seminare il nemico, la II° brigata seguendo come da ordini ricevuti la direttrice Talmassons-Aris-Rivignano-Ponte di Latisana passò finalmente la riva destra del Tagliamento, giungendo indisturbata la mattina del 31 ottobre a Pravisdomini.
Il colonnello Carlo Campari a Bassano nel 1916 (Milano, 19 maggio 1870- Venezia, 21 luglio 1922) |
Il colonnello Campari dopo una marcia di tre giorni a piedi fino a Gorizia sarebbe stato trasportato in Slovenia in macchina fino a Idrija e poi a Verd (Vrhnika) e da lì in treno attraverso le tappe intermedie di Lubiana e Graz fino alla destinazione finale nel campo di prigionia di Mauthausen, in Alta Austria, 25 chilometri a est di Linz, raggiunta l'8 novembre.
Sarebbe stato rimpatriato prima della fine della guerra, il 27 marzo 1918, perché ammalato, pagando tutto con una morte precoce a soli 52 anni nel 1922, dopo aver ricevuto il 25 agosto 1919 la medaglia d'argento al Valor militare per i fatti di Pozzuolo ed essersi ritirato a domanda da comandante del 4° Genova Cavalleria in posizione di ausiliaria speciale l'anno dopo a seguito di gravi problemi di salute (deperimento organico e oligoemia).
V. http://agradenigo.altervista.org/carlo_campari_foto.htm.
Gli uomini di Capodilista dovettero effettuare numerose cariche per tenere lontani gli inseguitori tedeschi: nell'ultima di esse il pluridecorato sergente Elia Rossi Passavanti, un figlio della città di Terni, comandante del 1° plotone del 1° squadrone Genova, già ripetutamente segnalatosi per ardimento e valore durante gli scontri di Terenzano in cui aveva perso la sua fidata cavalla Vienna, pur rimasto accecato a causa dell'esplosione di una granata continuò a spronare in avanti il suo nuovo cavallo Quò, che al termine riuscì da solo a riportarlo in salvo alla loro caserma di Treviso dopo quattro giorni di perigliosa fuga incalzato dal nemico.
Compiuta la sua missione, subito dopo Quò si accasciò al suolo, morto per lo sforzo sostenuto (sulla sua storia v. http://ilpatriota.blogspot.it/2013/07/elia-rossi-passavanti-unicuique-suum.html).
Riuscita finalmente a seminare il nemico, la II° brigata seguendo come da ordini ricevuti la direttrice Talmassons-Aris-Rivignano-Ponte di Latisana passò finalmente la riva destra del Tagliamento, giungendo indisturbata la mattina del 31 ottobre a Pravisdomini.
Insieme con loro riuscirono a passare il fiume a Latisana la brigata Lucca, costretta ad una precipitosa ritirata dal nemico avanzante, il 202° reggimento della Sesia ed anche il povero 3° fanteria della Piemonte, i cui reparti di testa, intercettati dal nemico che già aveva occupato Pasian Schiavonesco, erano stati tutti annientati.
La brigata Pescara riuscì a transitare il Tagliamento attraverso il ponte della Delizia a Casarsa, mentre passarono attraverso quello di Madrisio la Sele, la Lambro, il 201° della Sesia, il 239° ed i resti del 240° della Pesaro, uscito a pezzi il 30 ottobre dagli scontri sostenuti a Mortegliano, il 38° e parte del 37° della Ravenna e l'intera brigata Brescia.
I superstiti della Sele, ridotta in tutto a poco più di 800 uomini abili al combattimento e disciolta il 22 novembre, sarebbero andati a formare con le altre truppe di retroguardia il 2° scaglione di marcia della effimera divisione speciale bersaglieri del Generale Boriani, prima di andare a ricostituire la nuova brigata Ravenna, insieme con quelli di quest'ultima e delle Pescara, Palermo, Verona e Campobasso, inquadrata nella riformata 24° divisione.
La povera, bellissima "città stellata" di Palmanova, importante deposito di viveri e vestiario, nonché centro di smistamento e rifornimento per la prima linea, veniva abbandonata in fiamme (con la perdita di almeno il 60% degli edifici) dalle ultime truppe italiane in ritirata, ligie all'ordine di fare terra bruciata per non lasciare nulla al nemico.
La brigata Pescara riuscì a transitare il Tagliamento attraverso il ponte della Delizia a Casarsa, mentre passarono attraverso quello di Madrisio la Sele, la Lambro, il 201° della Sesia, il 239° ed i resti del 240° della Pesaro, uscito a pezzi il 30 ottobre dagli scontri sostenuti a Mortegliano, il 38° e parte del 37° della Ravenna e l'intera brigata Brescia.
I superstiti della Sele, ridotta in tutto a poco più di 800 uomini abili al combattimento e disciolta il 22 novembre, sarebbero andati a formare con le altre truppe di retroguardia il 2° scaglione di marcia della effimera divisione speciale bersaglieri del Generale Boriani, prima di andare a ricostituire la nuova brigata Ravenna, insieme con quelli di quest'ultima e delle Pescara, Palermo, Verona e Campobasso, inquadrata nella riformata 24° divisione.
La povera, bellissima "città stellata" di Palmanova, importante deposito di viveri e vestiario, nonché centro di smistamento e rifornimento per la prima linea, veniva abbandonata in fiamme (con la perdita di almeno il 60% degli edifici) dalle ultime truppe italiane in ritirata, ligie all'ordine di fare terra bruciata per non lasciare nulla al nemico.
Finiva così ingloriosamente la velleitaria controffensiva condotta da Ravelli, ma questo non sminuiva certo il valore dell'impresa compiuta dalla II° brigata di cavalleria, per la quale furono infatti proposte ben 176 onorificenze: Capodilista sarebbe stato pochi giorni dopo promosso sul campo Maggior Generale e decorato con l'Ordine Militare di Savoia, ma vennero decorati con la medaglia d'argento al valore anche gli stendardi del Genova e del Novara ed in totale vi furono altre 147 decorazioni individuali, 6 medaglie d'oro (15 comprendendo il periodo tra il 24 ottobre ed il 10 novembre), 48 d'argento, 43 di bronzo e 56 croci di guerra, più 20 encomi solenni e 7 promozioni per merito di guerra.
La resistenza in paese contro tutte e tre le divisioni nemiche ormai straripanti continuò fino all'imbrunire da parte dei due battaglioni di fanteria della Bergamo, per poi cessare del tutto intorno alle 19,00 con la cattura di quasi tutti i pochi sopravvissuti tra cui l'intero comando della brigata: circondato ormai da ogni parte, il grosso della brigata posizionato a Carpeneto dovette aprirsi la strada combattendo vigorosamente, ma molti di quei fanti non sarebbero riusciti ad attraversare per tempo il Tagliamento quando anche il ponte ferroviario di Latisana venne fatto saltare, alle 15,40 dell'1 novembre.
Anche in questo caso, entrambi i reggimenti ebbero decorati con la medaglia d'argento i loro stendardi.
Tra caduti, dispersi e prigionieri la brigata Bergamo lasciò in quella battaglia 3.500 uomini di truppa e 80 ufficiali, mentre la II° brigata di Capodilista, che all'alba del 30 contava 65 ufficiali, 903 tra sottufficiali e cavalieri e 908 cavalli, a sera restava con 31 ufficiali, 436 tra sottufficiali e cavalieri e 380 cavalli.
Col loro sacrificio però, cavalleggeri e fanti riuscirono a salvare la III° Armata del Duca d'Aosta.
In onore di quei prodi l'unica brigata di cavalleria attualmente esistente nell'esercito italiano porta il nome della cittadina in cui essi si fecero onore: Pozzuolo del Friuli.Anche in questo caso, entrambi i reggimenti ebbero decorati con la medaglia d'argento i loro stendardi.
Tra caduti, dispersi e prigionieri la brigata Bergamo lasciò in quella battaglia 3.500 uomini di truppa e 80 ufficiali, mentre la II° brigata di Capodilista, che all'alba del 30 contava 65 ufficiali, 903 tra sottufficiali e cavalieri e 908 cavalli, a sera restava con 31 ufficiali, 436 tra sottufficiali e cavalieri e 380 cavalli.
Col loro sacrificio però, cavalleggeri e fanti riuscirono a salvare la III° Armata del Duca d'Aosta.
-Francesco Apicella- Da Caporetto a Vittorio Veneto 90 anni dopo (http://www.tempiocavalleriaitaliana.it/public/biblioteca/pubblicazioni/Francesco%20Apicella%20-%20Da%20Caporetto%20a%20Vittorio%20Veneto.pdf)
-http://umanitadentrolaguerra.it/wp-content/uploads/2017/11/Gen.B.-Ugo-CILLO_CTEBPOZZUOLO_-discorso-100-pozzuolo_v-003.pdf
-http://www.aghedipoc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=34&Itemid=214
-http://www.esercito.difesa.it/storia/pagine/battaglia-pozzuolo.aspx.
-http://www.esercito.difesa.it/organizzazione/armi-e-corpi/Cavalleria/Documents/Storia_cavalleria.pdf
Bellissimo il tutto-complimenti! Antonello Quattrocchi
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